Beretta, una Lean company

Enrico Ravagnani, Direttore di Produzione, ci guida nel percorso di rinnovamento e semplificazione che ha coinvolto non solo la produzione, ma l’azienda nella sua totalità

di Luca Bastia

Fondata a Gardone Val Trompia, in provincia di Brescia, nel XVI secolo da Bartolomeo Beretta (la prima fattura ritrovata che attesta la vendita di canne di archibugio alla Repubblica di Venezia è datata 1526), la Fabbrica d’Armi Pietro Beretta, ha iniziato con la lavorazione artigianale di canne di archibugio e, sempre sotto la guida della famiglia Beretta (oggi siamo alla quindicesima generazione), in quasi cinquecento anni di vita è diventata una realtà internazionale, un marchio riconosciuto in tutto il mondo per la qualità nella produzione di armi sportive.
Beretta, sempre all’avanguardia nell’innovazione, negli ultimi anni ha avviato un complesso progetto di cambiamento in ottica Lean che ha coinvolto la totalità dell’azienda.
“Un cambiamento che ci vede tuttora impegnati – ci racconta il Direttore di Prodduzione Enrico Ravagnani, uno degli artefici di questa ‘rivoluzione’, che abbiamo incontrato nel suo stabilimento –. Come ogni attività di cambiamento ha un inizio, che è dettato dal mercato, e non ha mai una fine”.
Beretta ha iniziato questo percorso di cambiamento, che l’ha toccata in tutta la sua interezza, nel 2010; “un cambiamento a 360 gradi, una trasformazione a livello di fabbrica, di manufacturing, ma anche a livello di azienda, tanto è vero che non si parla più di Lean manufacturing, ma di Lean company”, puntualizza Ravagnani. Tutto ha origine dal mercato; è il mercato che impone certi cambiamenti per rimanere competitivi, “una questione di sopravvivenza”.
“Il percorso di cambiamento ha avuto due milestone importanti dettate dal mercato, che hanno obbligato l’azienda ‘a guardarsi allo specchio’ e a iniziare un percorso di cambiamento – prosegue il suo racconto Ravagnani –. La prima milestone è di circa una decina di anni fa quando da un lato sono venute meno commesse ricorrenti, e dall’altro il cambio euro/dollaro ha visto invertire la tendenza rafforzando il valore della moneta europea. Questo ha avuto una forte influenza sull’andamento di Beretta il cui fatturato era, ed è, per il 60% in dollari, mentre i costi di produzione in euro. Per cui in quegli anni abbiamo avviato dei progetti rivolti principalmente al manufacturing per recuperare efficienza nei processi produttivi.
Ma il vero e più consistente inizio del cambiamento avviene 4-5 anni dopo, la seconda milestone, perché oltre a questi fattori esterni nel 2010 è subentrata la crisi anche per il nostro settore, colpito successivamente rispetto all’economia in generale. L’azienda si è trovata in una situazione di difficoltà tale per cui era necessario un cambiamento a 360 gradi che coinvolgesse tutta l’organizzazione”.
Dunque Il contesto competitivo era diventato talmente sfidante che l’azienda, sia sul lato commerciale, sia sul lato industriale ha deciso un cambiamento dei propri processi per un recupero di competitività.
In ambito commerciale è stata sviluppata una strategia di brand, non solo un produttore di fucili o pistole, “ma un brand che accompagna il cliente in un’esperienza che può essere di caccia o di competizione (tiro al volo), differenziando il prodotto e il servizio”.
In ambito industriale l’azienda ha dovuto far fronte a un forte recupero di competitività, eliminando gli sprechi, revisionando tutti i processi, sia produttivi in fabbrica, sia nei processi di supporto.

 

 

Il Beretta Production System
“In particolare – spiega il Direttore di Produzione –, in fabbrica abbiamo iniziato a sviluppare e installare il Beretta Production System, così lo abbiamo chiamato, forse con poca modestia – dice sorridendo Ravagnani –, con l’introduzione nell’assetto industriale dell’azienda degli strumenti e delle logiche della Lean production, coinvolgendo sia la fabbrica sia il parco fornitori. È proprio con quest’ultimi che abbiamo iniziato il percorso di efficientamento”.
Beretta, infatti, gestiva un numero molto elevato di fornitori, prevalentemente contoterzisti; la società gestiva il flusso del materiale per il fornitore, ne controllava la qualità e le lavorazioni, così come il passaggio dei semilavorati ad altri fornitori per lavorazioni successive. “Questo aveva un peso organizzativo e una complessità notevole, poiché richiedeva una struttura specializzata a supporto del parco fornitori”.
“Così abbiamo cercato di razionalizzare la nostra supply chain – racconta Ravagnani –, realizzando con alcuni di essi un percorso di crescita guidata affinché potessero evolvere in centri di competenza, ossia aziende specializzate su una particolare tecnologia (stampaggio lamiera, piuttosto che tranciatura lamiera o stampaggio tecnopolimero), in grado di instaurare con Beretta un rapporto di fornitura maturo e stabile e di assume-re all’interno processo di approvvigionamento la responsabilità completa di un componente o un sotto-assieme d’arma. In tal modo siamo riusciti a semplificare i nostri meccanismi di funzionamento”.
Questo primo step, durato 3 anni, ha visto un impegno molto intenso per sviluppare le competenze dei fornitori e di Beretta, “ma poi è stato un processo continuo perché lo sviluppo di nuovi prodotti, l’ampliamento della gamma, l’introduzione di nuove piattaforme si è rivelato un meccanismo in continua evoluzione sulle basi create”, precisa Ravagnani.
Per seguire i fornitori nella crescita è stata creata un’organizzazione dedicata con la definizione di tutor, cioè di un dipendente Beretta operativo presso il fornitore per lo sviluppo delle nuove logiche e fungente anche da interfaccia tra le due aziende. Così come l’organizzazione esterna veniva modificata, nel contempo anche l’organizzazione interna approcciava una fase di profondo cambiamento.
Tanto per cominciare, in ambito manufacturing sono state definite le UPE (Unità Produttiva Elementare) e in ambito R&D le piattaforme di sviluppo prodotto, ovvero organizzazioni orizzontali e snelle volte a semplificare i processi decisionali.

 

Beretta

 

La necessità di un nuovo layout
Come in ogni processo di cambiamento anche in Beretta ci sono state due fasi: la fase top down in cui il management ha deciso quale strategia impostare, ovverossia un progetto di cambiamento studiato a tavolino, poi la fase bottom up di coinvolgimento dal basso per dare concretezza e continuità al cambiamento.
“Il processo top down – prosegue il manager – è stato molto impegnativo e si è estrinsecato in un consistente progetto di ri-layout dell’azienda.
Nell’area produttiva si erano progressivamente create delle linee di produzione non orientate alla linearizzazione dei processi, un sistema produttivo complicato dal punto di vista dei flussi di materiali, poiché sono molti i componenti che dobbiamo gestire per arrivare al prodotto finito”.
La proprietà e il management hanno così deciso di realizzare un progetto di ri-layout “per una razionalizzazione e linearizzazione dei flussi produttivi al fine di ‘mettere in ordine’ la fabbrica”.
Il progetto di revisione completa dei reparti ha visto impegnata l’azienda dal 2007 al 2014, anni in cui sono state spostate decine e decine di macchinari e impianti per formare due aree ben distinte: da una parte la lavorazione meccanica e i trattamenti termici e superficiali, che alimentano i reparti di montaggio attraverso un ponte che congiunge le due rive del fiume Mella, naturale linea divisoria dei due complessi produttivi di Fabbrica d’Armi; dall’altra tutto il processo di produzione delle canne.
Tutti gli spostamenti li abbiamo fatti sempre con la produzione in corsa – puntualizza il Direttore di Produzione –. Questo può aver allungato i tempi per completare il progetto, ma non potevamo permetterci di far ‘soffrire’ le vendite fermando le linee”.
“Questa è la prima fase – chiarisce Ravagnani –. Durante questo processo di revisione dei layout sono stati forniti ai reparti produttivi tutti gli strumenti Lean, strumenti 5S, Smed, Kan Ban di cui accennavo precedentemente per la crescita delle UPE. I due processi insieme hanno concorso alla realizzazione della Lean Manufacturing”.

 

 

Kaizen
“Successivamente – aggiunge – gli strumenti con i quali l’azienda è cresciuta sono diventati gli strumenti quotidiani di ciascun lavoratore e adesso chiediamo un loro contributo al cambiamento, il cosid-detto kaizen, o miglioramento continuo, in modo tale che ciascun operatore di Beretta possa dare il proprio supporto a un meccanismo di miglioramento continuo che è fondamentale e rappresenta la seconda fase del processo”.

La formazione e la risposta dei dipendenti
“Il sistema di coinvolgimento del personale di fabbrica è stato progettato e gestito dalla Direzione di Produzione, anche se la regia è stata condivisa con le Risorse Umane – sottolinea Silvia Preti, People Development Manager di Beretta –. Il progetto di forte rottura con il passato è stato presentato come processo di miglioramento interno alla fabbrica stessa, cioè come opportunità di crescita per tutti, ad esempio per i caporeparto, che avrebbero assunto nuove responsabilità cambiando l’immagine del proprio ruolo, o altri che, con il cambiamento, avrebbero potuto riattivare le proprie risorse personali e invertire una curva motivazionale, che spesso si riscontra in stallo o addirittura in discesa dopo svariati anni in azienda”.
“Il training è stato fondamentale – aggiunge Ravagnani –. Quando si danno obiettivi e metodi di lavoro nuovi, si chiede qualche cosa di diverso alle persone coinvolte e per fare ciò bisogna fornire gli strumenti necessari per la gestione del cambiamento.
Ai capi UPE sono state fornite pillole formative sugli strumenti, la Lean, nozioni relative a sistemi motivazionali e tanto altro, insomma una formazione a 360 gradi. Non solo, perché all’interno dell’organizzazione sono state create le basi del cambiamento con un’altra figura chiave rappresentata dal Process Control Leader (fino a prima capo turno, capo linea, attrezzista), un collaboratore stretto del capo UPE, responsabile di una cella di lavoro e di tutto ciò che avviene al suo interno (efficientamento della mano d’opera, rispetto dei piani di produzione e dell’attività di miglioramento continuo), e anche su queste figure intermedie è stata fatta una forte attività di training per supportarle nel cambiamento in ottica Lean”.

La strategia era chiara: creare un’organizzazione che potesse sostenere il cambiamento, dare a chi era coinvolto gli strumenti necessari, poi applicare e gestire nel day by day gli strumenti dati.

 

Fabbrica Beretta

 

Il cambiamento anche negli uffici: il ‘Progetto LeaRn’
In parallelo, rispetto alla produzione, anche le organizzazioni a supporto della fabbrica, come la logistica, la supply chain e il customer service hanno colto l’opportunità del cambiamento rimettendo in discussione i propri meccanismi di funzionamento in un’ottica Lean applicata agli uffici. Così come in fabbrica c’è la lotta allo spreco, nello stesso modo si è operato anche negli uffici.
“In questo caso abbiamo colto l’opportunità del cambiamento del sistema ERP per ‘guardarci allo specchio’ os-servando cosa avevamo fatto fino a quel momento e cosa potevamo fare di meglio. In quest’ottica il progetto di cambiamento del sistema ERP è diventato in realtà un progetto di Business Process Reengineering che abbiamo chiamato ‘Progetto LeaRn’, un progetto di apprendimento per migliorare i meccanismi dell’attività aziendale, per ridurre gli sprechi e i costi di struttura, ma anche per migliorare i livelli di servizio verso i nostri clienti, migliorare il margine di contribuzione e i KPI economici”, prosegue il manager.
Anche in questo caso si è trattato di un progetto studiato a tavolino e poi applicato, un programma che ha coinvolto la totalità delle funzioni aziendali.
Il Progetto LeaRn è stato strutturato in tre fasi. Una prima fase di analisi realizzata con il supporto di una società di consulenza (CSMT) in cui sono stati disegnati i processi in essere, successivamente è stata disegnata la situazione futura: gli obiettivi di Beretta e cosa si poteva fare per migliorare i meccanismi di funzionamento. In questa fase è stata disegnata un’organizzazione per la gestione del progetto: è stato individuato un comitato per la supervisione che potesse dare le linee guida e i principi ispiratori; per ciascun processo aziendale sono stati individuati i process owner, responsabili per ciascun processo (“poiché abbiamo lavorato per processi e non per funzioni – sei processi principali: finanza e costi, sviluppo nuovi prodotti, ciclo passivo, ciclo attivo, assistenza clienti, più uno trasversale relativo ai dati di base”), e i cosiddetti key user, persone ‘portate’ al cambiamento che dovevano farsi promotori del rinnovamento all’interno dell’organizzazione. “In questo passaggio è stato importante il training delle persone sulle tematiche del cambiamento per aiutarle a portare queste novità all’interno di ambienti in cui il cambiamento non è facile da introdurre e dove la reazione classica è ‘abbiamo sempre fatto così e funziona, perché cambiare?’. Il programma di training, denominato Climbing, istruiva i key user su come farsi promotori del cambiamento e su come affrontare le eventuali difficoltà”.
Per la fase di analisi dell’esistente e del disegno del to be ci sono voluti circa 4 mesi, e altri 8-9 per l’implementazione e l’introduzione della rappresentazione del to be all’interno dell’ERP.
Il progetto LeaRn è stato avviato all’iniziodel 2011 e il go live, l’accensione del nuovo sistema, è avvenuto all’inizio del 2013, un paio di anni per tutto il progetto nella sua complessità”.

Flessibilità produttiva
“La flessibilità in produzione è un altro obiettivo che il mercato ci ha imposto e che questo cambiamento globale rende possibile – aggiunge Ravagnani –. Siamo lontani da produzioni livellate: il mercato porta picchi di richieste o rallentamenti repentini legati a questioni socio politiche, fenomeni che neppure il più esperto economista può prevedere, di conseguenza la flessibilità è diventata uno strumento del day by day”.
Nuovo layout e nuova organizzazione sono essenziali per affrontare la flessibilità, ma non basta, è necessaria anche la disponibilità delle maestranze e il processo di rinnovamento intrapreso da Beretta ha posto le basi perché ciò avvenisse.
Abbiamo creato condizioni tali per cui gli operatori siano orgogliosi di lavorare per Beretta, una società in cui la proprietà investe ogni anno perché l’azienda sia sempre all’avanguardia in termini di tecnologia, di strumenti dell’IT e di strumenti dell’R&D. L’azienda continua a investire nel sito produttivo per riuscire a garantire il futuro per l’azienda stessa e per i suoi dipendenti. Grazie a ciò tutti ci hanno seguito quando abbiamo chiesto flessibilità per cogliere le opportunità di mercato altrimenti difficilmente raggiungibili”.

I risultati
In ambito fabbrica, i risultati consuntivati da Beretta sono davvero interessanti: un miglioramento del 15% in termini di produttività rispetto alla situazione di partenza; un forte miglioramento del livello di servizio verso i clienti, dal 64,6% a un livello di 85,3 % su base mensile “e ci siamo dati un obiettivo del 90% su base settimanale”. Per quanto riguarda le differenze inventariali di fine anno l’azienda è passata dall’1% allo 0,1%; inoltre, dall’introduzione del progetto a oggi, Beretta ha raggiunto un incremento di 3,4 punti sul margine di contribuzione e una riduzione del 14% dei costi di struttura. “Risultati tangibili e misurabili. Il cambiamento si vede, i nostri clienti che vengono in fabbrica si rendono conto che l’azienda è cambiata: oggi è ‘leggibile’, la produzione si è molto semplificata e si nota”, conclude Ravagnani.

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FabbricaFuturo è il progetto di comunicazione rivolto a tutti gli attori del mercato manifatturiero (responsabili delle direzioni tecniche, imprenditori e direzione generale, responsabili organizzazione e HR) che ha l’obiettivo di mettere a confronto le idee, raccontare casi di eccellenza e proporre soluzioni concrete per l’azienda manifatturiera di domani.

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