Kiton, l’ERP che preserva l’artigianalità e controlla la filiera

Ago, filo e gestionale SAP. Così i dipendenti di Kiton, celebre sartoria e casa di moda napoletana, sono diventati degli artigiani del futuro. La piattaforma della multinazionale, specifica per il Fashion, implementata dal team SAP di Horsa, azienda bolognese che crea e gestisce soluzioni IT per le imprese, è in grado di tracciare tutta la filiera “dall’acquisto della stoffa, sino al confezionamento finale”, come ha spiegato il CIO di Kiton Claudio Cerlesi che Sistemi&Impresa ha incontrato nella sede milanese dell’azienda.

Nello splendido palazzo appartenuto fino al 2014 a Gianfranco Ferrè, altro mito del fashion italiano, oggi c’è lo showroom di Kiton, con gli abiti di alta sartoria Made in Naples, anzi in Arzano, comune alle porte del capoluogo campano. Il nome del marchio è stato scelto da Ciro Paone, classe 1933, che nel 1968 ha fondato l’azienda Ciro Paone Spa. Kiton viene da ‘chitone’ la veste cerimoniale indossata dagli aristocratici nell’Antica Grecia: “L’impronta del fondatore è fortissima e, nonostante i numeri che ha raggiunto Kiton, è sempre presente con una sua idea di imprenditorialità, ovvero essere sì innovativi, ma restando artigiani”, dice Cerlesi. Si legge sul sito dell’azienda: “Ciro Paone ha sempre parlato prevalentemente in napoletano eppure si è fatto capire in tutto il mondo. Ha imparato molto dal lavoro quotidiano, ma è stato relatore negli atenei più prestigiosi. Le radici della sua azienda hanno poco a che fare con le strategie di marketing, molto di più con una vena di folle creatività e istinto irrazionale che da sempre si traduce nello stile Kiton”.

All’inizio in bottega c’erano 40 sarti, oggi i dipendenti sono 750, con 40 monomarca in 15 Paesi. Gli abiti Kiton viaggiano da New York, dove ha sede la Kiton Corporation, sulla Fifth Avenue, passandodall’Europa, fino all’Estremo Oriente. Con l’intento di diversificare la produzione, oggi fanno parte della Ciro Paone Spa: Sartorio, sartoria guidata da Antonio Paone, nipote del fondatore, che crea abiti su misura “per giovani uomini e cittadini del mondo”; dal 2000, Wonderland che realizza la linea sportiva; il maglificio Svevo con sede a Fidenza, in provincia di Parma e il lanificio Carlo Barbera di Biella. Inoltre, la società sta pensando di ampliarsi e di fare nuove acquisizioni.

L’introduzione del gestionale SAP

Una delle difficoltà che deve affrontare un’azienda così strutturata è mettere in comunicazione le diverse realtà produttive: “Stiamo introducendo il sistema SAP nelle altre aziende del gruppo, in modo tenere traccia di tutta la filiera”. Per realizzare un abito su misura i sarti impiegano dalle 25 alle 50 ore di lavorazione: “Ogni volta che una fase di produzione si è conclusa il responsabile conferma l’avvenuta lavorazione utilizzando SAP. Così possiamo monitorare l’andamento del lavoro e il rispetto dei tempi previsti per la realizzazione”.
Cerlesi, con il suo team di sette persone, monitora il gestionale e porta avanti la formazione per l’utilizzo della piattaforma, accessibile anche dagli store, tramite un’interfaccia facilitata: “Con Horsa abbiamo portato avanti corsi per i sarti sull’utilizzo del sistema che, comunque, è molto intuitivo. Abbiamo creato dei gruppi di lavoro per il passaggio del know how”.

Ogni capo Kiton è unico perché non solo è realizzato su misura, ma il cliente può scegliere il tessuto: “Abbiamo dei tessuti molto pregiati, con cui confezioniamo abiti che definiamo ‘special’ come il modello K50, dove la cifra rappresenta le ore di lavoro necessarie alla sua realizzazione”. Possono essere usati filati di 12,5 micron, ossia un terzo di un capello umano: “Con il sistema SAP possiamo monitorare anche l’acquisto dei tessuti. Quando l’abito è pronto, il gestionale genera un QR code e un codice alfanumerico che contiene tutte le informazioni sul prodotto. A essi è collegata una scheda cliente, dove è possibile consultare gli ordini passati e futuri”. Anche le etichette Kiton sono un pezzo artigianale: “Con SAP le mandiamo in stampa e poi sono cucite a mano nell’abito, piegate e non visibili, perché ai nostri clienti non piace che un abito si riconosca dall’etichetta, ma dalla qualità e dal taglio”.

L’articolo completo è stato pubblicato sul numero di Aprile 2017 di Sistemi&Impresa.
Per leggere l’articolo completo – acquista la versione .pdf scrivendo a daniela.bobbiese@este.it
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