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La mediazione per le aziende: la sua convenienza oltre la Legge – parte 1

Ogni conflitto può essere affrontato in modo costruttivo. Ce lo insegna l’approccio conciliativo che –grazie al contributo di un mediatore professionista– propone la risoluzione delle controversie attraverso la partecipazione attiva delle parti interessate nella disputa. Guardare oltre il conflitto nella ricerca di una soluzione di fatto vantaggiosa per i diversi attori coinvolti: questa è la scommessa insita nell’approccio conciliativo, che opera nell’ottica di costruire un futuro in cui equilibrio e collaborazione siano una realtà tangibile per le parti coinvolte. 

A cura di:
Isabella Venturi, mediatore professionista e formatrice certificata dall’Aif. Fa parte dell’Istituto Human Relations

Con il decreto legislativo 4 marzo 2010 n.28 (Gazzetta Ufficiale n.53) in attuazione della Riforma del Processo Civile è stata introdotta l’obbligatorietà della mediazione in situazioni di controversie civili e commerciali, come strumento per giungere alla conciliazione. Da marzo 2011 la mediazione deve essere esperita, a pena di improcedibilità, nei casi di controversie relative a: diritti reali (distanze nelle costruzioni, usufrutto e servitù di passaggio ecc.), divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda, contratti assicurativi, bancari e finanziari, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, da diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di pubblicità. Sono centinaia di migliaia le cause civili che devono passare obbligatoriamente per la mediazione. Dal 2012 sarà obbligatorio il tentativo di conciliazione anche per le controversie condominiali e assicurative. L’obbligatorietà per le numerosissime controversie in materia di condominio e risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti è stata differita al 20 marzo 2012 per consentire un avvio graduale della procedura. L’incentivo alla mediazione è stato rafforzato grazie all’introduzione della legge n.148 del 14/9/11 che ha convertito il D.L. 138/11 all’art.35 sexies: questa nuova legge prevede anche sanzioni economiche per la parte che non accetta la mediazione, o che comunque non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo.

La mediazione-conciliazione in breve: cosa propone, quali i tempi e i costi

La conciliazione è un accordo tra le parti che hanno tra loro una controversia in materia civile e commerciale con il supporto di mediatori/conciliatori iscritti in appositi registri presso organismi conciliativi pubblici e privati. Il ruolo del mediatore, diversamente da quello dell’avvocato, si poggia sulla propria imparzialità, ed è finalizzato all’assistenza alle parti in conflitto sia nella ricerca di un accordo amichevole, sia eventualmente nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa, qualora le parti non trovino esse stesse una soluzione condivisa per redimere la controversia che li vede coinvolti. Diversamente che in tribunale, o in una situazione di arbitrato, il mediatore non dà giudizi e non decide la lite: la sua funzione è quella di facilitare le parti affinché queste, attraverso trattativa, raggiungano un accordo. In particolare, mentre in tribunale la soluzione giuridica tende a considerare il mero oggetto del contendere distribuendo ragioni e torti tra le parti, con la mediazione è possibile ricercare soluzioni integrative, ossia ci possono essere più componenti anche non oggetto di specifica controversia che possono integrare l’accordo, facilitando la soddisfazione delle parti. La mediazione civile –di durata massima stabilita dalla legge in 4 mesi, procrastinabile qualora le parti concordino in tal senso– consente di svolgere il tentativo di conciliazione in parallelo rispetto all’avvio della causa in Tribunale e quindi senza aggravio dei tempi della giustizia ordinaria. Il costo economico della mediazione –fatti salvi i 40 euro da pagare da ogni parte in controversia per l’avvio del procedimento all’organismo prescelto– è relativo al Valore della lite: i costi sono pubblicati in apposite tabelle (tab. 1 i costi dovuti a organismi pubblici come indicato nella tabella A del decreto ministeriale n. 180 del 2010, prevista dall’articolo 16, comma 4.), diversificate tra pubblico e privato, stante che ogni organismo privato può proporre tariffe proprie, previa approvazione del Ministero della Giustizia.

Quando e perché avvalersi della mediazione: uno sguardo al futuro

Al di là degli obblighi di legge, quando conviene la mediazione? Quando facendo gli interessi dell’altro faccio anche i miei. La conciliazione implica collaborazione con l’altro nell’ottica di raggiungere vantaggi per se stessi nel rispetto anche degli interessi altrui. Scegliere la strada “io vinco, tu vinci” implica il voler superare orgogli, rabbie, timori e voglie di rivalsa che spesso accompagnano i conflitti, e che anche inconsapevolmente portano i contendenti a spingersi e a lottare ben oltre il valore dell’oggetto della contesa in quanto tale. Si potrebbe dire che spesso ‘la cosa’ per cui si confligge è la punta dell’iceberg che emerge dall’acqua, mentre la parte più grande e sommersa comprende appartenenze culturali, emozioni, ferite prima ancora delle più svariate aspettative di rivalsa. È soprattutto per la difficile lettura e gestione di questo ‘sommerso’, che in molti casi i contendenti non sono in grado da soli di redimere i propri conflitti, e necessitano quindi di un ‘capitano-esperto’ per evitare di scontrarsi rovinosamente contro questo sommerso groviglio di emozioni e pulsioni che altrimenti rischiano di degenerare in modo ingovernabile: il celebre film La guerra dei Roses (The War of the Roses, 1989), ne è un didascalico esempio. In questa veste di ‘capitano-esperto’ il mediatore –senza trascurare l’ascolto di emozioni e punti di vista delle parti– tende a facilitare la ricerca di una soluzione del problema guardando avanti, contemplando benefici per entrambi gli interessati: non è quindi affrontato ‘solo’ un problema legale, anzi, pur restando nei limiti della legge, la mediazione può ricercare soluzioni che guardano oltre ‘il problema in sé’, ricercando esiti vantaggiosi per le parti, pensando anche al futuro. L’ottica conciliativa risulta particolarmente utile per la risoluzione di controversie tra imprese creditrici/debitrici per autoregolarsi, e trovare così punti di equilibrio senza l’intervento del solo principio di legittimità. Le rigidità imposte ai giudici dalla giurisprudenza nel percorso alla ricerca della giustizia in base alla sola legislazione prestano grande attenzione alle regole formali, ingessano le procedure e contribuiscono a rendere improbabili alcuni recuperi. Di contro, la conciliazione può prevedere nuove obbligazioni e diversi equilibri contrattuali che offrono differenti aperture per soddisfare ciascuna parte. Ad esempio in caso di controversie per insoluti o consegne di materiali non conformi tra aziende con precedenti buone relazioni commerciali, per salvaguardare anche la possibilità di future collaborazioni, in fase di conciliazione si tenderà a valutare anche elementi non direttamente coinvolti nella disputa (scambi di manodopera, locazione gratuita di locali, forme pubblicitarie a fianco di propri marchi…), che in assenza di un mediatore esperto, capace di aiutare i contendenti a ricercare soluzioni ‘oltre il problema’, difficilmente vengono esaminati dalle controparti, le quali in condizioni di conflitto tendono a ‘chiudersi’ e a irrigidirsi sulle proprie ragioni, attribuendo all’altra parte buona parte delle responsabilità del malcontento che le coinvolge. È appena il caso di ricordare che, diversamente dal processo conciliativo, il rimedio giuridico tende ad attribuire colpe ‘pensando soluzioni all’indietro’, nella ricerca di qualche cosa che non è stata adempiuta, che è venuta meno in passato. Questa modalità, centrata sulla ricerca di torti e mancanze, spesso è poco efficace –a volte perfino dannosa– per la maggior parte dei rapporti che per loro natura o convenienza economica continueranno a sussistere anche dopo la sentenza: parentele, vicinato, consorzi, appalti, forniture… Evidente che le parti anche in conciliazione arrivano amareggiate e tese, con la volontà di trovare ‘giustizia’ a una situazione ‘ingiusta’, abituate alla logica della competitività, dove si vince o si perde, e la vittoria di uno prevede la soccombenza dell’altro. La competenza del conciliatore sta nell’aiutare le parti a considerare l’alternativa cooperativa, dove al gioco ‘io vinco tu perdi’ si sostituisce ‘io vinco tu vinci’: in questa ottica non solo si trova spazio per argomentare il ‘cosa voglio’, ma anche il ‘perché lo voglio’, trasformando in questo modo il conflitto da distruttivo a costruttivo.

In tabella 2 è riassunto l’iter che può seguire una controversia: da una parte è evidenziato l’iter tradizionale competitivo, che ricerca la verità in una sentenza emessa dal giudice a favore di una delle parti a discapito dell’altra (io vinco-tu perdi, o viceversa); dall’altra è evidenziato l’iter alternativo collaborativo, che vede nel mediatore la figura che facilita l’accordo tra le parti (io vinco-tu vinci). Le conseguenze in termini di qualità della vita dei contendenti in linea di massima sono più garantite con l’accordo conciliativo che con la sentenza: si pensi anche solo allo stress, ai costi che comporta seguire una controversia per vie legali, che tra udienze, rinvii, ricorsi, protrae il conflitto per anni, con un indotto di ulteriori danni di tipo relazionale ed economico per le parti difficilmente calcolabile a priori.

La gestione del potere nella soluzione delle controversie

Consideriamo ora il problema dal punto di vista della gestione del potere. In questa sede, che esamina contesti conflittuali, l’accezione attribuita al termine ‘potere’ ha a che fare con il potere di esprimersi e decidere in merito alla controversia, oltre che la gestione dei tempi per conseguire il miglior risultato per la vita personale e professionale delle parti coinvolte, individuale o aziendale, a seconda dei casi. Durante una controversia, la possibilità o meno di poter esprimere questo potere ha ampie ricadute sulla visione del futuro, sulle relazioni implicate direttamente e indirettamente, sulla stima reciproca oltre che propria di ciascun contendente, oltre che naturalmente sulla definizione della parte più ‘oggettivo-quantitativa’ della soluzione del conflitto. Pensando a relazioni tra aziende con controversie in atto, che hanno un possibile futuro davanti ancora da condividere, è evidente la rilevanza non secondaria di questa tematica. In particolare con questa ottica possiamo considerare le diverse modalità per redimere un conflitto:

1. giudizio in tribunale

2. arbitrato

3. mediazione – conciliazione

4. negoziazione