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Osservatorio Sostenibilità ASAM: verso un modello di eco-business

“Vi è una grande varietà di scenari possibili, di sicuro non vi è quella di una crescita infinita dei flussi di materiali ed energia; in un pianeta finito questa non è un’opzione. Tutto quello che possiamo fare è intervenire sui flussi produttivi e logistici portandoli a livelli sostenibili attraverso scelte, tecnologie e organizzazione, oppure lasciare che la natura decida per noi, con penuria di cibo, energia e prodotti, o con un ambiente sempre più nocivo”…

Meadows D & D, Randers J., ‘I nuovi limiti dello sviluppo’, Mondadori, 2006

 

Il tema della sostenibilità ambientale è sotto i riflettori del Supply Chain Management ormai dal secolo scorso. La globalizzazione degli anni 2000, e la conseguente delocalizzazione della produzione, hanno portato alla luce diverse criticità nei processi di approvvigionamento e distribuzione dei prodotti che oggi stanno orientando le aziende a intraprendere percorsi di ‘redenzione’ verso un modello di business più etico e compatibile con l’ambiente.

ASAM (Associazione per gli Studi Aziendali e Manageriali) è scesa in campo per diffondere la cultura della sostenibilità ambientale con l’istituzione di un ‘Osservatorio Sostenibilità’ che si pone l’obiettivo di  delineare un quadro più chiaro del problema e di trovare risposte innovative che consentano di affrontarlo e risolverlo con successo e a bassi costi.

L’Osservatorio è un insieme di organizzazioni e aziende che si uniscono per analizzare un fenomeno emergente sul quale c’è poca disponibilità di know-how e informazioni.

Di tutto questo e delle sfide che attendono le aziende nel loro percorso abbiamo parlato insieme con Franco Ferrario, responsabile Osservatorio ASAM

 

Il tema della Sostenibilità ambientale non permette più scorciatoie: quali passi stanno muovendo le aziende per raggiungere questo obiettivo? (passi concreti)

Molteplici sono i comportamenti che le aziende attuano in termini di sostenibilità: alcune di queste operano per ridurre i consumi energetici e quindi la loro carbon print in produzione (ben sapendo che ciò porta risparmio di risorse); altre investono in energie rinnovabili; altre ancora riducono i consumi degli uffici passando all’utilizzo di lampade a led. C’è chi opera con programmi integrati in area produttiva, logistica (attraverso l’ottimizzazione dei carichi) e impiegatizia. C’è chi invece, riduce pesi e volumi degli imballi o riprogetta i prodotti in ottica di sostenibilità. Ogni impresa trova la strada che le è più congeniale.

 

Quale lo scopo dell’Osservatorio sulla Sostenibilità istituito da ASAM?

L’obiettivo è di aiutare le imprese ad affacciarsi al trend della sostenibilità, aumentando il loro livello di consapevolezza sull’importanza e sull’urgenza di operare in questa direzione. Nello specifico, verrà fornito uno stato dell’arte della situazione sia dal punto di vista normativo che del know – how del mercato e delle imprese stesse per giungere a un modello di impresa sostenibile al quale ispirarsi per orientare i propri processi di comportamento. Le aziende partecipanti usufruiranno di un benchmark che consenta loro di capire su quali parametri e variabili sono già in linea con il modello e su quali invece deve migliorare.

 

Quante le aziende coinvolte? A chi si rivolge? 

La nostra ambizione è di costituire un team di 25-30 aziende, per la ricchezza e l’ampiezza dei contributi che possono essere portati alla ricerca. Saranno coinvolte grandi o medio grandi imprese ovvero quelle che sanno di essere prime mover, e che credono fermamente che essere sostenibili sarà molto importante per la loro crescita e sopravvivenza. Quelle che vogliono fare “green washing” non sono per noi interessanti!

 

In Europa il tema della sostenibilità ambientale è molto sentito secondo lei? Lo è così anche nei Paesi emergenti?

È molto sentito nei Paesi del Nord e in Germania, lo è molto meno nei paesi mediterranei. Per ora i Paesi emergenti hanno altri problemi, ma anche la loro consapevolezza sta crescendo rapidamente. Alcuni sono addirittura più avanzati a livello politico, come l’Ecuador dove il tema della sostenibilità lo ha persino nella costituzione.

 

Come si sta trasformando la Supply Chain alla luce dell’emergenza sostenibilità?

Moltissime aziende stanno riducendo ”la carbon print”e la “water print” delle loro fabbriche, altre stanno già intervenendo sui temi della logistica e dei rifiuti anche perché operare in questi ambiti porta benefici immediati, soprattutto, in termini di riduzione dei costi. Lavorare, invece, sulla sostenibilità di tutta la filiera è qualcosa che si vede ancora poco.

 

Quali conseguenze comporta l’adozione di Modello di Impresa Sostenibile, non solo dal punto di vista degli indicatori (Carbon Print, Water Print, etc.), ma anche dal punto di vista organizzativo? Essere sostenibili è appannaggio solo di chi se lo può permettere a livello economico?

L’adozione di un Modello di Impresa Sostenibile porta ad avviare un processo di cambiamento che può anche essere molto profondo ma che, se verrà ben condotto, porterà ad imprese più efficaci ed efficienti, quindi, più certe di essere redditizie. Solo un’impresa sostenibile è un’impresa sana e molto performante. Muoversi verso la sostenibilità non richiede necessariamente grandi investimenti; molte cose si possono fare a costo zero e producono buoni, se non ottimi, risultati. Certo, magari le imprese arriveranno ad un punto in cui sarà necessario investire. Ma ricordiamoci che il ritorno di un investimento in termini di sostenibilità è sempre positivo e quindi redditizio,ovviamente se le cose vengono fatte bene e con serietà. Un’azienda che non ha soldi per migliorarsi è un’impresa il cui futuro è molto, molto incerto.