Reinventare il sistema di direzione in ambienti ipercompetitivi

| FabbricaFuturo |

L’ipercompetizione è un megatrend attuale, ma anche del futuro.
Ecco una strada per affrontarla dal punto di vista manageriale

di Alberto Bubbio

In molti stentano a realizzare che uno dei cambiamenti strutturali caratterizzanti gli ultimi venti anni sia stata l’ipercompetizione. Molti, nella speranza che questa potesse attenuarsi negli anni, l’hanno psicologicamente rimossa, riversando le colpe sulla crisi economica.
Purtroppo è impossibile nascondersi la realtà: l’ambiente economico che in questo periodo circonda le imprese è molto diverso da quanto si poteva prevedere ed è, per certi aspetti, destabilizzante. Le caratteristiche sono state tali da aver indotto a coniare un nuovo termine per qualificarlo: ipercompetizione1.
Il risultato dell’attuale contesto ambientale sono infatti le forti pressioni competitive che le imprese devono sopportare. Per affrontarle in modo adeguato, con le soluzioni organizzative adatte, è necessario individuarne le cause.
Ebbene l’ipercompetizione ha tre cause che si combinano tra di loro, creando una miscela esplosiva. La prima causa è la turbolenza ambientale che dalla metà degli Anni 70 (prima crisi petrolifera) caratterizza l’andamento dell’economia e dell’ambiente osservato nelle sue dinamiche socio-politiche. Ma non mancano di caratterizzare la turbolenza anche eventi naturali con impatti devastanti sulle dinamiche sopra ricordate. Un esempio lampante è rappresentato dallo tsunami che nel dicembre 2004 ha sconvolto l’Oceano Indiano e l’economia di tutte quelle aziende che operano nel business system del turismo con mete nell’oriente del mondo. Proprio quest’esempio consente anche di chiarire cosa sia la turbolenza ambientale. Si è in presenza di turbolenza ambientale quando i fenomeni che si verificano sono:
• difficilmente prevedibili;
• di rapida manifestazione;
• di rara intensità.
Negli ultimi 40 anni dalla fatidica prima crisi petrolifera del 1973, si sono verificati molti fenomeni dei quali si temeva il verificarsi: pur sperando in un loro non manifestarsi, vi era una certa probabilità che il temuto fenomeno fosse solo teorico. Purtroppo non è stato sempre così: dagli andamenti incredibili dei mercati mobiliari alle vittorie politiche di chi avrebbe dovuto perdere, per finire con la nascita di libere economie di mercato laddove esistevano economie pianificate centralmente. Così come è fin troppo facile, ma necessario ricordare come esempio di evento turbolento e sconvolgente, l’11 settembre 2001. Un attentato terroristico, purtroppo, molti lo avevano previsto anche se non ne avevano neanche lontanamente immaginato i tempi di manifestazione e l’intensità.
Proprio la rapidità di manifestazione dei fenomeni e la loro intensità, come si è evidenziato, sono le altre due caratteristiche della turbolenza ambientale. Per anni ci si era abituati a dinamiche che, pur nelle loro accelerazioni, erano distanti da quelle che si stanno manifestando oggi, fra l’altro in crescendo. Inoltre più che per salti (in alcuni casi anche grandi) si procedeva in modo lineare, ancorché esponenziale.
Il secondo ingrediente che tende a qualificare l’ipercompetizione è un fenomeno economico non previsto da molti studiosi di economia industriale. La teoria affermava che nel passare dalle fasi di sviluppo a quella di maturità nei business si sarebbero verificati dei fenomeni di concentrazione delle imprese, tali per cui il numero delle imprese si sarebbe drasticamente ridotto. Quanto si è verificato, in alcuni casi, è stato esattamente il contrario. Raggiunta la maturità in molti business, il numero dei concorrenti è aumentato. Si pensi a quanto è successo in business come quelli dei Personal computer o dei cellulari. Ma non sono mancate sorprese in business ancora più datati come quelli delle autovetture o alcuni comparti dell’alimentare. E l’elenco potrebbe continuare.
Il terzo, e forse più critico, elemento qualificante l’ipercompetizione è l’evoluzione del cliente. È un dato di fatto facilmente rilevabile quanto i clienti siano cambiati nelle loro richieste alle imprese fornitrici. È stato un cambiamento culturale e, in quanto tale, irreversibile.
Quest’evoluzione, nei principali Paesi industrializzati, è iniziata nella seconda metà degli Anni 80, quando si ricercata con sempre maggior insistenza una coerenza nella combinazione prezzo/qualità. Ma qualità più alta non significava automaticamente la possibilità di praticare prezzi più alti, ma anzi spesso si abbinava a una richiesta di prezzi più bassi.
La qualità da qualcuno percepita come ‘una moda’ è diventata invece un imperativo, una condizione per continuare a esistere sul mercato. I giapponesi in quegli anni conquistavano i mercati proprio perché offrivano prodotti di qualità a prezzi competitivi. È stato il primo attacco di imprese del Far East ai mercati occidentali.
Nel decennio successivo si sono verificati altri due significativi cambiamenti nei bisogni dei clienti. Il primo è stato il fatto di poter disporre dei prodotti e dei servizi in tempi sempre più rapidi. Si inizia a parlare di Time based competition, dove l’impresa vincente è quella che riesce a soddisfare tempestivamente e comunque prima dei concorrenti le richieste del cliente.
Il secondo mutamento nei bisogni è da collegare alla ricerca da parte dei clienti di una varietà e una gamma sempre maggiore di prodotti e di servizi. È l’esplosione di un consumismo di massa che iniziava a cercare elementi di distinzione.
Questa ricerca della distinzione, di un prodotto/ servizio unico si chiude con la richiesta da parte del cliente di un prodotto/servizio personalizzato. Ci si trova così all’inizio del nuovo millennio. Ma il primo decennio degli anni 2000 sta riservando ancora nuove elementi evolutivi. Uno di questi, viene sottolineato da Pine II e Gilmore nel loro Economia delle esperienze: la ricerca di un’offerta dai contenuti emozionali, in grado di suscitare nel cliente emozioni sempre più intense.
Questi tre aspetti, dal miscelarsi dei quali nasce l’ipercompetizione, richiedono nella gestione di impresa risposte molto diverse da quelle tradizionali. Le principali attenzioni strategiche dovrebbero essere prevalentemente rivolte all’esterno più che su aree e prodotti osservati all’interno dell’impresa.
La metafora sportiva alla quale spesso si ricorre per descrivere l’ambiente ipercompetitivo è quella del rafting. 

Per leggere l’articolo completo (totale battute: 22000 circa – acquista la versione .pdf scrivendo a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434419)

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FabbricaFuturo è il progetto di comunicazione rivolto a tutti gli attori del mercato manifatturiero (responsabili delle direzioni tecniche, imprenditori e direzione generale, responsabili organizzazione e HR) che ha l’obiettivo di mettere a confronto le idee, raccontare casi di eccellenza e proporre soluzioni concrete per l’azienda manifatturiera di domani.

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