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Misurare l’efficienza aziendale: una sfida possibile

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Il caso

Una metodologia è un insieme di regole e procedure che ciascuna impresa deve adattare alla sua cultura e alla sua organizzazione, come un anticorpo si adatta al virus che vuole combattere. Nel caso in esame il potenziale problema era rappresentato dalle possibili ‘sacche’ di inefficienza presenti nella struttura di costo aziendale. L’obiettivo è stato di indirizzare il management al monitoraggio e, successivamente, se ce ne fosse stata la necessità, all’implementazione di politiche di saving (la ‘cura’ dopo la ‘diagnosi’) in quelle stesse aree.
A tal fine, la metodologia di lavoro ha tenuto conto di alcune caratteristiche da cui il progetto, il suo percorso e il suo output non potevano prescindere:
• rapidità, per intercettare il fenomeno in tempo per predisporre le necessarie azioni correttive;
• semplicità, al fine di garantire la comprensione delle dinamiche e delle loro determinanti;
• ‘partecipazione’, la dinamica di ciascun valore di costo può assumere diverso significato a seconda delle scelte strategiche sottostanti, cui solo il management può dare risposta;
• ‘focalizzazione’ su dinamiche e valori assoluti di costo di maggiore rilevanza al fine di concentrare su queste l’attenzione in fase di analisi delle evidenze.

Come anticipato, i driver di costo sono stati l’elemento fondante l’analisi. La loro identificazione è stata supportata da metodologie statistiche (analisi di correlazione e regressione) utilizzate altresì per guidare le possibili politiche di saving.
Se in presentazione della metodologia ci si è riferiti alla fase di allocazione fra centri di costo in seno ai modelli di costing e quindi alla ricerca dei driver funzionali a tale attività, è opportuno aggiungere che, con riferimento al caso in esame, la ricerca dei driver non è solamente stata svolta guardando a quei parametri che fossero significativi del consumo di risorse da parte di ciascun centro di costo (punto vendita o di strutture centrali) o, secondo una prospettiva maggiormente activity based, dell’impiego di risorse da parte delle diverse attività. Si è guardato, infatti, anche a quei vettori di costo che fossero relazionati alla singola voce di spesa (ossia ai singoli aggregati di costo per natura); questo al fine di identificare quei driver che fossero espressione delle decisioni strategiche aziendali e/o espressione del volume di ciascuna attività determinante la voce di costo.
La selezione dei driver ha condotto all’utilizzo di diverse tipologie di indicatori sia in relazione alle varie tipologie di costo (costi variabili e costi fissi) da analizzare che alla volontà di esplicitare la relazione costi / driver sotto un’ottica di complessità e un’ottica di volume.
Il monitoraggio di entrambe le prospettive ha permesso di comprendere quanto fosse sotto controllo la crescita dimensionale in ottica di volume – tramite l’analisi di copertura di ciascun valore di costo da parte del fatturato – e in ottica di complessità, tramite l’analisi del rilievo assunto da ciascun driver individuato per i differenti costi afferenti ad attività di punto vendita (o sede). E, parimenti, quanto sia stato possibile con riferimento a ciascuna dimensione di analisi realizzare economie o, differentemente, fosse possibile effettuare del risparmio.
Con l’identificazione dei diversi driver sono state prese di mira quelle classi di costo co-determinate da attività/ eventi/compiti non primari che però esercitano un impatto significativo sulle stesse classi di costo, conducendo a sovra-costi (le aree di possibile saving).
La determinazione del perimetro di analisi e i suo grado di dettaglio ha imposto la ‘normalizzazione’ di dati di costo dei quali non era permessa una visione omogenea (per la diversa le modalità di registrazione dei dati, alla luce delle diverse scelte operative e dei differenti sistemi informativi adottati) nell’arco pluriennale identificato (nello specifico, negli anni 2006-10). E in ciò ha condotto a due prime quick win di progetto, permettendo al management di osservare le dinamiche di costo così definite e consentendo di poter individuare nella sola variazione del driver la determinante della dinamica di costo, altrimenti governata da pratiche che ne potevano inficiare la valutazione. Come in precedenza accennato oggetto di analisi sono stati i soli costi operativi, sia con riferimento ai costi di struttura centrale che di punto vendita. Al fine della loro esaustiva individuazione, non ci si è riferiti esclusivamente ai piani dei conti di contabilità generale e analitica aziendale ma sono stati definiti ulteriori aggregati di costo (di maggiore dettaglio) per avere una prima visione di sintesi sulle voci critiche e parimenti circostanziare il perimetro di analisi con la certezza di includere ogni voce (e quelle solamente) di spesa afferente ai costi di gestione operativa.
Le voci di spesa (e ciascun aggregato di maggior dettaglio ad esse relativo) sono state quindi attribuite ai centri di costo identificati dalla contabilità analitica aziendale (riferiti alle diverse funzioni di struttura centrale e ai punti vendita direttamente gestiti).
La fase di analisi vera e propria può essere scomposta in due filoni, data l’attenzione posta da una parte ai centri di costo di struttura centrale e dall’altra ai centri di store. Ed è proprio quest’ultima ad avere un carattere più innovativo. È stata però la natura del dato di costo (voce di spesa – aggregato di costo) piuttosto che la sua destinazione (centro di costo) a richiamare per prima l’attenzione.
In via preliminare rispetto ai due filoni principali di analisi, per ciascuna voce di spesa sono stati calcolati alcuni parametri (i.e. incidenza vs. ricavi e vs. totale costi – altresì suddivisi in variabili e fissi al fine di proporre un rating di rischiosità operativa e loro CAGR) atti a rivelare le voci di spesa critiche secondo una logica di crescita: la dinamica accelerante di alcune voci di spesa rispetto alla dinamica dei parametri ha evidenziato le voci di spesa maggiormente critiche; quelle a dinamica rallentante verso gli stessi si sono poste come le voci di spesa su cui si era già fatto del saving (come poi confermato in sede di discussione col management).

Fig.1. La dinamica di Voci di Spesa e driver, un esempio
Fig.1. La dinamica di Voci di Spesa e driver, un esempio

Tale analisi ha fornito alcune prime (e significative) evidenze ma avrebbe potuto anche condurre a conclusioni inesatte laddove, in esempio, la dinamica aziendale di una specifica voce di costo era risultante di due dinamiche di segno opposto con riferimento al dato di costo afferente a ‘struttura centrale’ e ‘punti vendita’.

Non si poteva perciò prescindere da svolgere una seconda fase di analisi lungo le due direttrici:
• un’analisi fondata sull’individuazione del gap tra il dato di costo per unità di driver di ciascun esercizio e i valori medi e ottimi (del rapporto costo /driver) del periodo di analisi (analisi delle strutture centrali).
• una seconda direttrice di analisi fondata sulla ricerca di una correlazione statistica tra i valori di costo e i possibili driver (determinanti) degli stessi valori (analisi svolta per i centri di costo di punto vendita).

Il primo filone ha proseguito, in un primo momento, un’analisi dei costi per natura: si è guardato alla dinamica dei costi nel periodo 2006-10, individuando – rispetto a driver validi per natura del costo – i valori medi e di ottimo con riferimento al rapporto costo/driver per ciascuna voce di spesa. È stato così determinato il gap tra il dato ultimo di costo (valore di ciascuna voce di spesa/dato di driver nel 2010) e i valori medio e minimo nel quinquennio (moltiplicando il rapporto costo/driver minimo e medio per il dato di driver 2010).
In tale prospettiva, la presenza di un gap favorevole (costi ultimi coincidenti con i valori di ottimo e/o inferiori ai valori medi) hanno riportato l’evidenza di un’efficienza nel tempo nel governo delle voci di costo (e, in sola ipotesi, dati i valori reali crescenti, di minori volumi o complessità dell’attività). Viceversa, un gap sfavorevole (dato 2010 superiore ai valori di ottimo e/o medio) ha condotto all’evidenza, per ciascuna voce di spesa, di aree di possibile saving.
Tale meccanismo è stato quindi ripetuto con riferimento a costi afferenti alla struttura centrale. Tale analisi è stata finalizzata all’evidenza degli stessi gap, ‘ultimo (2010) vs. medio’ e ‘ultimo (2010) vs. minimo’, prima descritti. Le evidenze sono state ulteriormente dettagliate scomponendo, per l’ultimo biennio 2009-10, l’aggregato di centri di costo di struttura centrale (in senso stretto) nelle singole funzioni aziendali. Ciò è stato consentito dal maggiore grado di dettaglio della struttura di contabilità analitica, nell’elemento dei centri di costo, a partire dall’esercizio 2009. I passi seguiti con riferimento alla nuova matrice non differiscono da quelli prima illustrati e hanno permesso un’ulteriore analisi dello scostamento dal valore di medio e ottimo di ciascun voce, scomposta per destinazione.

Fig.2. I gap di costo della Struttura Centrale
Fig.2. I gap di costo della Struttura Centrale

Nello studio dei costi afferenti agli store ha, come anticipato, assunto maggiore rilevanza l’analisi statistica. Questa è stata funzionale non solo all’identificazione dei driver, tramite l’analisi di correlazione tra i driver di costo proposti e le singole voci di spesa afferenti a ciascun punto vendita, ma parimenti alla determinazione del dato di costo ottimo per ciascun punto vendita.
Tale analisi statistica ha costituito il vero output di analisi; il dato di costo ottimo, con riferimento a ciascuna voce di spesa, è stato determinato infatti attraverso una funzione di regressione avente come variabile dipendente il valore atteso della voce di spesa stessa e come variabili indipendenti (per ciascuno store) i valori dei driver di costo individuati dalla precedente analisi come significativi. L’analisi dello scostamento tra il dato di costo così stimato e il dato di costo ultimo consuntivato (2010) per ciascun centro di costo store ha identificato (se negativo) una possibile area di saving o un area di efficienza (in presenza di gap di costo positivo).
I driver identificati come significativi per gli store hanno trovato coincidenza con la necessità di utilizzare vettori significativi di complessità e volume: la dimensione di volume è risultata presidiata dal driver ‘ricavi’, la dimensione di complessità da vettori di funzionamento (numero di scontrini, giorni di apertura, scontrino medio) e di struttura (mq lordi e di esposizione, ubicazione, insegna).
La fase conclusiva di tale filone è stata l’evidenziazione di gap tra il dato di costo per punto vendita stimato e consuntivo; un’evidenza permessa sia a livello aggregato (totale costi afferenti al singolo punto vendita e totale costi per voce di spesa, sia in termini assoluti che percentuali) sia a livello disaggregato (singola voce di spesa per punto vendita). Quest’ultima evidenza ha trovato conferma dalla significatività statistica – p-value- e dalla capacità predittiva – standardized R- squared – della funzione di costo. L’analisi svolta acquista ancora maggiore valenza raffrontando il dato stimato con un dato futuro, o meglio, con un dato atteso (si pensi a valori di budget), data la possibilità di stima per un periodo futuro permessa dalla funzione di regressione a determinazione di ciascuna voce di spesa, previa “sostituzione” dei valori di ciascun vettore costituente la variabile indipendente nella stessa funzione.

Fig.3. La dinamica dei costi di store
Fig.3. La dinamica dei costi di store

Quest’ultima ulteriore opzione è permessa dallo strumento di lavoro utilizzato per le analisi, affinato in sede progettuale in accordo con le specificità aziendali e rilasciato come ulteriore output di progetto. Lo strumento, mantenuto off- line o incluso nel sistema informativo aziendale, consente quindi al management aziendale coinvolto il ripetersi delle analisi svolte su base periodica o al verificarsi di differenti condizioni.

I risultati

Le aree di possibile saving sono state individuate senza contraddizioni dai differenti step di analisi, che hanno condotto in ogni caso alla conferma delle evidenze (relativamente alla voci di spesa critiche) emerse già dalle prime fasi, pur successivamente alla disaggregazione in insiemi differenti di valori di costo prima osservati solo per natura o a livello di macro–destinazione, si pensi alla suddivisione tra costi di “struttura centrale” e “punti vendita” e alla scomposizione in ulteriori centri di costo di strutture centrali o all’evidenza per singolo store.
Lo sviluppo in sede di analisi di un grado maggiore di dettaglio ha condotto ad almeno tre obiettivi ulteriori, che una prima analisi non avrebbe potuto individuare:
• maggiore comprensione delle determinanti di ciascuna voce di costo. Anche laddove il driver utilizzato non è sembrato essere il migliore, l’analisi ha portato il gruppo di lavoro alla decisione di aumentare il grado di presidio di ulteriori elementi dell’attività aziendale al fine di possedere un maggiore bagaglio informativo utile per una nuova e continuativa analisi e soprattutto maggiore abilità in sede decisionale
• individuazione di costi (voci di spesa) che richiedono un approfondimento, sia con riferimento ai costi di struttura centrale che ai costi di store
• maggiore consapevolezza nell’utilizzo delle informazioni proprie della contabilità analitica e utilizzo di questa (attraverso lo strumento di stima dei costi via analisi statistiche) al fine di prevedere la dinamica di costo dei punti vendita. La lettura permessa dall’analisi sia a livello di totale di voce di spesa sia a livello di totale costi afferenti a ciascun punto vendita permette infatti sia il monitoraggio dei costi per natura che la determinazione di un ranking di punto vendita.

Ciò, laddove i vettori di costo sono elementi di struttura, si pensi alla metratura dei negozi o all’ubicazione degli stessi, può fornire al management centrale utili informazioni per le decisioni future in merito alle caratteristiche ‘ottimali’ di punti vendita di prossima apertura (almeno dal punto di vista dei costi operativi).
Tali indicazioni possono altresì essere utili al management di punto vendita nella gestione diretta dei costi discrezionali e di funzionamento da loro governati, assai gestibili nel breve in logica di ottimizzazione e recupero dell’efficienza.
In conclusione, la conduzione di tali analisi può garantire un monitoraggio costante e sistematico delle performance aziendali e di punto vendita in termine di gestione dei costi. Ogni evidenza deve però essere interpretata alla luce dell’organizzazione e della strategia aziendale al fine di stimolare comportamenti (si pensi alle politiche di saving) allineati con le scelte organizzative e le priorità strategiche.

Un intervento per stanare le inefficienze
La F.lli Fontana srl, realtà operante nel settore del commercio al dettaglio di articoli casalinghi e da regalo con sede ad Arcore, è proprietaria dei marchi Kasanova e de L’Outlet del Kasalingo. Negli ultimi anni la società, fondata nel 1968 da Giannina Fontana, ha conosciuto una forte espansione del suo business grazie al franchising. Per monitorare lo stato di salute delle diverse business unit che fanno capo alla società, comprese le funzioni centrali e per assegnare a ogni centro di costo il giusto budget, l’azienda aveva bisogno di uno strumento che consentisse di mantenere la società unita ma che al tempo stesso concedesse autonomia gestionale alle diverse realtà. “Come prima cosa abbiamo ripensato le strutture organizzative, formalizzando un organigramma a matrice che assegnasse a ogni livello un responsabile del business e uno di funzione – racconta a Sistemi&Impresa Enrico Casiraghi, Consigliere Delegato della Fratelli Fontana –. Abbiamo poi implementato un nuovo Erp che ci ha permesso di modificare il piano dei conti, inserendo anche la contabilità analitica e sistemato i layout di lavoro (uffici e magazzini) oltre ad aver introdotto una reportistica (Balanced Scorecard) molto attenta e precisa. Uomini + Tecnologia + Layout sono il leit motiv che guida l’operare del Management. Il lavoro del prof. Meloni ha affrontato un certo grado di complessità nel mantenimento di continuità tra l’organizzazione preesistente e la nuova. Abbiamo voluto creare a quattro mani un modello che in futuro saremo in grado di gestire in autonomia”, un modello teso a stanare le inefficienze e/o gli sprechi, oltre che responsabilizzare tutte le persone che lavorano in azienda.
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