Un Paese senza innovazione tecnologica non ha futuro

Umberto Quadrino, Alberto Quadrio Curzio e Renato Ugo hanno presentato alla Fondazione Edison, il volume ‘Le Key Enabling Technologies’, un’occasione per la competitività del sistema industriale Italiano. Il volume scritto da Sesto Viticoli e Luigi Ambrosio riporta un’analisi effettuata dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) e da AIRI (Associazione Italiana per la Ricerca Industriale) sul tema dell’impatto di alcune tecnologie più innovative e più diffusive, dette Key Enabling Technologies (KET), sulla competitività dell’industria nazionale e porta anche le testimonianze di come alcuni soci AIRI stanno ottenendo risultati tecnologici di successo e quindi una crescita competitiva con progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico, con una significativa componente di queste tecnologie d’avanguardia. Si possono così trovare interventi di aziende come Pirelli Tyre, Mapei, Biochemtex, Centro Ricerche Fiat, STM Microelectronics, Ericsson Telecomunicazioni, Bracco Imaging, Parco Scientifico Tecnologico di Kilometro Rosso, oltre che di importanti Enti pubblici CNR, ENEA, ASI.

Fotolia_63508878_Subscription_Monthly_MNon c’è sviluppo senza tecnologie
Nella prefazione del libro il Presidente di AIRI, professor Renato Ugo, ricorda che “con il lancio da parte dell’Unione Europea (UE) del programma Horizon 2020, si sta delineando la volontà di riconoscere finalmente che la competitività dell’industria manifatturiera e dei servizi avanzati, oltre che lo sviluppo del benessere dei cittadini e della qualità della vita, devono coniugare la ricerca fondamentale d’eccellenza con lo sviluppo della ricerca industriale e quindi dell’innovazione tecnologica. Si tratta di una vera e propria discontinuità della politica europea per la ricerca”. Invece in Italia vi è ancora una trascurabile attenzione per la ricerca inclusa quella industriale, e in particolare per il ruolo dello sviluppo tecnologico, non solo a livello di politiche nazionali e quindi da parte delle istituzioni e dei politici, ma sfortunatamente anche presso la gran parte dell’opinione pubblica. Eppure il bombardamento mediatico sui pericoli strutturali ed economici che incombono sull’Italia, bombardamento che il cittadino ha iniziato a ricevere a partire dall’inizio dell’attuale crisi economica, ha evidenziato un crescente gap di crescita economica fra quei Paesi che, malgrado la crisi, stanno ancora significativamente investendo sul ruolo chiave della tecno-scienza e quelli che invece, come il nostro, per diverse ragioni, tra cui anche il considerare il ruolo della tecno-scienza non prioritario, si limitano a blande politiche della ricerca e dello sviluppo tecnologico, quasi vivendo alla giornata. Eppure l’Italia al riguardo si distingue da anni ai più alti livelli politici e istituzionali per un continuo, ma del tutto formale, richiamo all’importanza della ricerca, cui però poi non segue una coerente e continua linea politica di indirizzo e di sostegno, sovente anzi avviene tutto il contrario.

Senza un sistema solo ‘battitori liberi’
Di fatto a livello governativo non viene considerata, per lo meno da un decennio, prioritaria l’allocazione di un adeguato e continuo sostegno della ricerca, inclusa quella industriale, ma inoltre il Paese nel suo insieme non tiene nel dovuto conto la tecno-scienza come fattore di crescita della competitività dell’industria manifatturiera e dei servizi avanzati e quindi dell’economia. Come facile conferma, a differenza degli Stati Uniti, del Giappone, della Cina e della stessa Corea, dove la parola tecnologia è citata ogni poche righe nei documenti governativi ufficiali e nei discorsi dei leader politici e governativi, risulta difficile trovarla citata con la stessa intensità in Italia. Le poche volte in cui in Italia l’opinione pubblica sembra essere veramente interessata a temi che coinvolgono la ricerca, appare evidente una visione della ricerca, sostenuta anche dai media, come una attività che coinvolge gruppi di ‘eroi solitari’ che operano su temi di base e di lungo periodo, in genere collegati, per ovvie ragioni, alla cura di gravi malattie. Non viene considerato del tutto un approccio sistemico serio, che veda la ricerca, sia quella pubblica sia quella industriale, come un insieme di strutture e gruppi interagenti e coordinati a livello nazionale su linee programmatiche e obiettivi di crescita ben definiti, impostando così le priorità e evidenziando le necessarie risorse.
Fotolia_58551817_Subscription_Monthly_M “Manca – quindi, come messo in risalto dal Prof. Alberto Quadrio Curzio – la consapevolezza che l’innovazione sostenuta dalla tecno-scienza ha un ruolo chiave nell’economia e quindi nella crescita del Paese. Essa presuppone uno stretto collegamento tra ricerca fondamentale, che è compito dello Stato sostenere, e sviluppo tecnologico, che è svolto principalmente in ambito industriale. Fondamentale, considerando il crescente rischio finanziario dei relativi investimenti, l’attenzione e il sostegno pubblico, in particolare con mezzi molto diretti come il credito d’imposta, largamente utilizzati nei Paesi industrializzati, nostri concorrenti sul mercato globale”.

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