L’Industria 4.0 abilita la transizione ecologica

Tra le tecnologie abilitanti dell’Industria 4.0, classificate e definite dall’Osservatorio Industria 4.0 del Politecnico di Milano, possiamo annoverare l’Industrial Internet of Things (IIoT), l’Industrial analytics, il Cloud manufacturing, l’Advanced automation, l’Advanced human machine interface e l’Additive manufacturing. Esse permettono elevati livelli di produttività, flessibilità e affidabilità, caratteristiche evidentemente funzionali e necessarie al grado di salute aziendale richiesto dal mercato globale.

Basti pensare, per esempio, a come l’IIoT permetta il monitoraggio in real time dei processi produttivi, garantendo elevati livelli di efficacia ed efficienza, a come il Cloud manufacturing supporti la collaborazione tra più enti al fine di condividere risorse essenziali per migliorare i propri business, e a come l’Additive manufacturing stimoli un utilizzo delle risorse più ottimizzato a partire dalla prototipazione di nuovi prodotti, dalla produzione di spare part fino a quella di prodotti finiti. Proprio grazie ai numerosi benefici offerti, l’adozione delle tecnologie elencate è stata stimolata e supportata dai Governi di tutto il mondo.

L’Italia, con il Piano nazionale Industria 4.0 promosso dall’allora Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda a partire dal 2017, ha messo a punto una serie di azioni e di incentivi fiscali mirati per introdurre queste tecnologie nel sistema industriale italiano con notevoli impatti sul Prodotto interno lordo (Pil) del Paese, come molti studi dimostrano. L’aspetto interessante e degno di nota è che la diffusione di tali tecnologie ha mostrato il ruolo strategico che le stesse possono ricoprire nella promozione di uno sviluppo sostenibile e circolare.

L’idea di uno sviluppo sostenibile, cominciata a diffondersi negli Anni 80 del XX secolo, prevede che si soddisfino i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future. Esso deve tener conto sia delle necessità economiche sia di quelle ambientali e sociali. Per garantire ciò sono in corso iniziative diverse da parte dei Governi e delle organizzazioni internazionali. Le Nazioni unite hanno promosso per l’Agenda 2030 i cosiddetti “sustainable development goals”, 17 obiettivi che vadano a coprire in modo totalitario tali pilastri della sostenibilità.

In questo scenario si è fatto strada il paradigma dell’economia circolare, basata su sistemi capaci di rigenerarsi in modo autonomo utilizzando le risorse in input in molteplici cicli di vita, con l’obiettivo ultimo di estrarne il maggior valore. In particolare, tra i principi promossi da questo sistema rientrano: l’estensione del ciclo di vita delle risorse, la riduzione del loro consumo laddove possibile e il loro inserimento continuo in nuovi cicli, fino a esaurirne il valore. L’adozione massiva e diffusa da parte delle aziende dei principi dell’economia circolare, dunque, potrebbe permettere di realizzare l’obiettivo dell’ottimizzazione dell’uso delle risorse naturali, delle materie prime e dell’energia, contribuendo in maniera fondamentale al raggiungimento dello sviluppo sostenibile.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2022 di Sistemi&Impresa.
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