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Qualità e cura dell’immagine. L’Industria 4.0 di Caffè Moak

| Dario Colombo |

Massima attenzione alla qualità, modernizzazione della produzione e cura dell’immagine. Sono questi (alcuni) ingredienti che hanno permesso a Caffè Moak di raggiungere importanti traguardi, tra cui la forte espansione all’estero dopo quella sul territorio italiano.
La storia dell’azienda inizia nel 1967: “Ai tempi lo stile manageriale era semplice; si ottenevano risultati solo dandosi da fare”, spiega Alessandro Spadola, Direttore Generale di Caffè Moak e figlio di Giovanni che diede vita all’avventura imprenditoriale “iniziando l’attività da zero”. All’epoca il Presidente e fondatore non pensava che quasi mezzo secolo dopo l’azienda avrebbe occupato 3.200 mq per l’area amministrativa e 5.500 per la produzione, dando lavoro a circa 90 persone e con un fatturato di circa 16 milioni di euro grazie alle 1.000 tonnellate di caffè che sostano quotidianamente nell’impresa e alle otto linee di confezionamento. E soprattutto non poteva immaginare di essere presente in addirittura 50 Paesi.

 

 

Un grande traguardo per l’azienda nata a Modica, paese di 50mila abitanti in provincia di Ragusa noto al mondo per il suo centro storico ricco di architetture barocche (è stato inserito nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco) e per il cioccolato, e che proprio con il territorio ha un legame molto stretto; la città ha visto il susseguirsi, nei millenni, delle più grandi civiltà: era Motyca per i Greci, Motuca per i Romani e Mohac per gli Arabi. A questi ultimi, scopritori e grandi consumatori di caffè, si è ispirato Giovanni Spadola per dare vita alla sua realtà imprenditoriale cui ha dato il nome di Moak.

 

 

All’inizio era una micro azienda”, continua il Direttore Generale ricordando come tutto sia partito da “una piccola torrefazione nella parte alta della città” che venne poi ampliata acquistando una nuova tostatrice. “La svolta è avvenuta a fine Anni 70 quando grazie alla continua crescita fu deciso di trasferirsi in un nuovo stabilimento che consentiva di aumentare la produzione e di assumere più collaboratori”, racconta Spadola. Che oggi guida l’azienda alla cui presidenza è rimasto Giovanni, la cui attività nel 2010 è stata riconosciuta con l’inserimento nel Capital30, il libro d’oro dell’imprenditoria italiana che premia i 90 imprenditori che hanno segnato il Made in Italy.

 

L’espansione in Italia e all’estero

 

Ma la tappa decisiva è arrivata negli Anni 90 con il rinnovo totale dei macchinari che ha consentito di soddisfare l’aumento di produzione: la sede da 500 mq venne ampliata fino a 2.500. “Nel 1994 è entrata in azienda la seconda generazione Spadola”, ritorna con la mente l’attuale Direttore Generale, autore “dell’espansione sul territorio italiane ed estero del marchio”.

 

 

La crescita di Moak, infatti, avvenne di pari passo con le nuove esigenze del mercato che i nuovi manager dell’azienda seppero leggere e interpretare al meglio. “Fino a quel momento i baristi acquistavano le macchine del caffè dal concessionario; tuttavia, alcuni torrefattori iniziarono ad acquistare le macchine per rivenderle o per darle in comodato uso agli utilizzatori finali; quindi abbiamo scelto di rivolgerci ai concessionari che dovevano far fronte alla concorrenza dei torrefattori, per trasformarli in venditori di caffè per Moak: per noi è stata una scelta strategica per espanderci nel territorio italiano”, dice Spadola. Che poi ricorda come “molti di quei concessionari che si sono trasformati in venditori ancora oggi sono in azienda”.

 

 

Inoltre, per offrire un servizio quanto più completo possibile, la Holding (soggetto nato nel 2013 dopo che Moak nel 2005 è diventata una Spa) riunisce anche un marchio che si occupa dell’assistenza sulle attrezzature nel punto vendita.
Diversa, invece, la strategia di espansione all’estero: “Abbiamo scelto un modus operandi differente”, ricorda il Direttore Generale, “presidiando le fiere di settore per ampliare il nostro network; in questo modo siamo riusciti a raggiungere tutti e cinque i Continenti”. Oggi, infatti, il brand Moak ha forti interessi fuori dall’Italia: l’ultimo Paese ‘conquistato’ sono stati gli Emirati Arabi Uniti, dove è stata attivata una nuova rete distributiva.

 

Attenzione al design e al brand

 

Nella strategia di espansione, un ruolo centrale è da attribuirsi anche al primo restyling del marchio, curato da Annalisa Spadola entrata in Caffè Moak nel 1996 con il ruolo di Responsabile Marketing & Comunicazione: è a lei che si deve il riposizionamento strategico del brand e le numerose iniziative che hanno permesso all’azienda di avere una nuova identità. Per esempio il calendario (la prima edizione risale al 1997) diventato un vero strumento di comunicazione per Caffè Moak, oppure il concorso di narrativa Caffè Letterario (2000), l’appuntamento annuale per giovani talenti e scrittori affermati ispirati dalla bevanda; o ancora il progetto Corto Moak, il concorso internazionale di cortometraggi per giovani registi italiani e stranieri. Da non dimenticare, infine, il contest internazionale di fotografia Fuori Fuoco la cui prima edizione è del 2014.

 

 

“Queste iniziative dimostrano la nostra volontà di caratterizzarci come azienda ‘diversa’ rispetto ai competitor: in Italia ci sono oltre 800 aziende di caffè, molti seguono i trend, altri provano a inventare qualcosa di nuovo. Ecco perché cerchiamo di differenziarci, provando anche a conquistare target di consumatori differenti”, chiarisce Spadola. Non per nulla Caffè Moak si è affidata in tempi più recenti a Bob Noorda per l’ultimo restyling del marchio: il designer olandese ha rifatto il logo e l’immagine aziendale mantenendo continuità e tratti distintivi dell’azienda; mentre risale al 2012 il progetto del designer Dario Quatrini che ha illustrato sulle bustine da zucchero un piccolo e breve racconto delle principali fasi del caffè, dalla lavorazione alla degustazione.

 

 

L’attenzione al design, d’altra parte, per l’azienda di Modica è centrale, tanto che nel 2011 è diventata partner dell’Associazione italiana design della comunicazione visiva (Aiap) – “La partnership ci ha proiettato in nuove sinergie imprenditoriali”, fa sapere Spadola – e nel 2013 dell’Associazione design industriale (Adi), l’ente che ha istituito il Compasso d’oro, il più autorevole premio mondiale di design: l’azienda è in finale per il Compasso d’oro 2017. Moak, inoltre, è stata inserita nell’Adi Design Index 2016 e concorre alla finale del premio nazionale di design. E sempre con l’obiettivo di conquistare nuovi consumatori, nel 2015 è stato lanciato il progetto Mymusic Coffee, la nuova linea di serving di capsule e cialde per promuovere il consumo di caffè a suon di musica.

 

Ascoltare i gusti dei consumatori

 

Altro ingrediente del successo di Moak è la qualità: “Per chi produce caffè come noi, questa parola è centrale, perché serve curare centinaia di particolari per realizzare il nostro prodotto”, dice Spadola. “Si comincia dalle materie prime e dal lavoro con i produttori nelle piantagioni; poi c’è l’aspetto della tecnologia interna legata alla catena di produzione per l’eliminazione dei difetti, quindi la tostatura per consentire al prodotto di rendere al meglio e quindi c’è la miscelazione”. Si tratta, come puntualizza il Direttore Generale dell’azienda, “di passaggi centrali per la qualità”, supportati anche da “un laboratorio interno”. Tutti aspetti che sono gestiti nella nuova sede di Moak, inaugurata nel 2010.

 

 

“La qualità, però, è un concetto che si lega anche ai gusti dei consumatori”, continua Spadola: “Per esempio in Italia sono importanti alcuni aspetti, mentre all’estero sono attenti ad altro. Fuori dal nostro Paese, infatti, non amano il caffè forte perché non sono abituati a questo gusto e quindi il nostro compito è rendere la bevanda adatta alle richieste di ogni realtà”. Una strategia che ha pagato in Moak, visto che dagli Anni 90 il marchio è presente, per esempio, in Cina (nel 2006 è stato inaugurato Moak Corner, la prima caffetteria nel Paese del Dragone), Taiwan, Taipei, Usa e Filippine, oltre che in Medio Oriente.

 

 

Nonostante il forte orientamento all’estero, tuttavia, Moak non ha mai avuto intenzione di spostare il suo headquarter dalla Sicilia: “Abbiamo scelto di restare qui e di investire nel territorio per non impoverire la zona e per partecipare al suo sviluppo”, commenta Spadola. Che ammette come “negli ultimi anni anche la logistica è migliorata rispetto al passato”, tanto che poco meno di 10 anni fa è stata chiusa la filiale di Milano – “Era stata aperta nel 2001 per meglio gestire le crescenti attività di export” – proprio perché sono stati risolti molti problemi. Eppure restano ancora degli ostacoli: su tutti “un nuovo mercato interno in cui investire e il personale”.
Proprio su quest’ultimo punto, Moak ha scelto di puntare sulla formazione interna, offrendo percorsi formativi a tutti i collaboratori, così come è stato fatto per quei baristi coinvolti nell’operazione di espansione in Italia e trasformati in specialisti della vendita.

 

Robot e software per raddoppiare il fatturato

 

Accanto a qualità e design, l’azienda siciliana ha investito anche nell’eco-sostenibilità con progetti che hanno ottenuto grande visibilità e sono stati apprezzati dagli addetti ai lavori. Nel 2012 la monografia patrocinata dal Ministero degli Affari Esteri Christmust, che promuove l’Italian Way come processo di design e qualità e seleziona ogni anno 100 tra prodotti e storie di successo del nostro Paese, ha scelto Moak come impresa più attenta all’innovazione e al rispetto per l’ambiente. Merito anche di progetti come Paper ball e Sugar(not)free, il primo packaging eco-compatibile con il design attento all’ambiente, perché la scatola delle cialde si trasforma in sfere per decorare. Da non dimenticare, poi, gli investimenti in energia rinnovabile: l’azienda ha installato un impianto fotovoltaico che produce ogni anno circa 530mila kWh.

 

 

Il nostro obiettivo è essere quanto più green possibile”, argomenta Spadola, “e cerchiamo di farlo con importanti investimenti per lavorare con un minimo impatto ambientale”. E, infatti, tra i futuri progetti c’è anche l’utilizzo di mezzi elettrici per la consegna dei prodotti.
Il Green, dunque, è parte integrante della strategia che, secondo i piani del Direttore Generale di Moak, deve consentire “di crescere nei volumi” nel futuro. “A differenza del passato oggi è possibile pianificare la crescita a tavolino”, dice Spadola che si appresta a celebrare i 50 anni del marchio nel 2017: “Siamo dotati di uno stabilimento con i macchinari per raddoppiare l’attuale fatturato e tutta l’organizzazione deve lavorare per questo obiettivo”. E in quest’ottica dal 1 gennaio 2017 Moak inizierà a utilizzare Sap, che conferma gli importanti investimenti in hardware e software per l’azienda di torrefazione, già entrata a suo modo nell’Industria 4.0 con l’automatizzazione della linea produttiva fino allo stoccaggio (“Il prossimo passo è l’inserimento dei robot anche in magazzino”, precisa il Direttore Generale).