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Banfi, valorizzare l’eccellenza vitivinicola con la sostenibilità

Love at first sight”: queste sono le parole scelte da Gabriele Mazzi, CFO di Banfi, una delle principali realtà vitivinicole toscane, per raccontare la scintilla scoccata tra i fratelli italo americani John e Henry Mariani con il territorio di Montalcino, nel quale, dalla seconda metà dell’Ottocento, si producono alcune delle più longeve e rinomate denominazioni d’Italia.

La storia di Banfi nasce nel 1978 dal desiderio dei due fratelli, già esportatori di vino italiano negli Stati Uniti, di creare nel territorio senese un polo d’eccellenza per la produzione vitivinicola. Fu proprio questo “amore a prima vista” a convincere i Mariani a diversificare la loro originaria attività di export e a inaugurare una prima cantina a Montalcino, posando la prima pietra di quello che, ancora oggi, è un caso esemplare di successo imprenditoriale fondato sul legame con il territorio. Nel 1983, la famiglia completò una serie di acquisizioni culminati con l’unione dell’intera tenuta di Poggio alle Mura, incluso lo storico castello diventato la sede principale dell’azienda. Negli anni, Banfi ha ampliato sia l’offerta vinicola, con un importante investimento agricolo e produttivo in Piemonte, sia la diversificazione del business, aprendo il castello ai visitatori ed entrando nel mondo dell’ospitalità. Oggi l’azienda conta 380 addetti e, nel 2022, ha chiuso con un fatturato pari a 69 milioni di euro.

Come accennato, tutta la storia di Banfi – dalla nascita all’attualità – si è basata su un forte legame con il contesto geografico e con il tessuto sociale, positivamente influenzati dall’arrivo dell’impresa. Da questo fenomeno, Mazzi riconduce l’approccio dell’organizzazione ai temi della sostenibilità: “I fratelli Mariani sono sempre stati spinti da una forte passione per il territorio di Montalcino e per la sua espressione più alta, il vino. Da qui l’impegno alla sostenibilità che, per anni, non è stato formalizzato o comunicato poiché intrinseco alla natura dell’azienda. Pensate all’acqua che per la produzione vitivinicola è la risorsa più importante; questo aspetto i viticoltori del territorio non hanno mai avuto bisogno di impararlo”. Di fatto, la sensibilità collettiva verso le problematiche legate alla scarsità idrica è piuttosto recente, ma nei territori in cui è radicata un’importante cultura agricola per la verità l’attenzione verso questi temi è spesso autogena. Questo si traduce, oggi più che mai, nelle azioni empiriche che le aziende possono mettere in atto per tutelare le risorse a loro disposizione.

Tutelare l’ambiente per valorizzare le sue eccellenze

Anche per Banfi, il legame ambientale e sociale con il contesto sfocia in attività, progetti e processi ben definiti. In particolar modo, Mazzi sottolinea il grande impegno che da sempre, ogni anno, l’azienda dedica alle attività di Ricerca e Sviluppo: “Sul piano R&D stiamo lavorando in modo sensibile per ridurre l’impatto che l’azienda produce tramite la lavorazione del suolo, per preservare la biodiversità e per mantenere la biodinamicità del terreno. Per esempio, abbiamo un centinaio di ettari di prugni sui quali produciamo anche miele per misurare l’impatto che queste pratiche e commistioni agricole hanno sulla biodiversità”. Il CFO di Banfi, inoltre, chiarisce come lo studio e la ricerca siano fondamentali per migliorare protocolli e pratiche consolidate che, invece, hanno dimostrato nel tempo di essere pericolose: “La specializzazione del terreno per una determinata coltura porta a un’ottimizzazione della stessa, ma solo a breve termine. Ci si è accorti, infatti, che nel lungo periodo si rischia di minare la sostenibilità della coltivazione. Accade, come per altre culture, anche con la vite, che rischia la trasmissione delle malattie”.

Il rispetto e la tutela del contesto, nella filosofia di Banfi, si traduce anche nel coinvolgimento del tessuto sociale del territorio, principio che contraddistingue la storia di Banfi sin dagli albori: “Quando i fratelli Mariani si sono stabiliti in Italia, quella di Montalcino era una zona molto diversa da quella che conosciamo oggi; sicuramente più povera, isolata e sconosciuta alla grande platea nazionale e internazionale. L’idea di Banfi è stata, fin dall’inizio, quella di proporsi e di posizionarsi sì come leader, ma portando avanti un percorso di crescita insieme con il resto degli attori, partendo dai tanti piccoli produttori di vino della zona, contribuendo ad apportare enormi miglioramenti delle tecniche di gestione dei vigneti e delle cantine”. Con i clienti e i partner storici, Banfi ha creato il ‘Banfi Brunello Ambassador Club’, con l’obiettivo di sviluppare l’idea di diffusione culturale del prodotto.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Ottobre-Novembre 2023 di Sistemi&Impresa.
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