Bianchi ridisegna il modello produttivo tramite reshoring e Lean production

| Federica Biffi | ,

Era il 1947 quando Fausto Coppi, ciclista e pistard italiano, si aggiudicò la vittoria del Giro d’Italia. A questa, seguì nel 1949 il trionfo al Tour de France: indossava una maglia biancoceleste. Nel 1998, in sella a una bicicletta leggerissima in alluminio, fu Marco Pantani ad aggiudicarsi sia il Giro d’Italia sia il Tour de France. Quando si diffuse il fenomeno della mountain bike – erano gli Anni 90 – il mondiale di downhill (lo sport che si pratica in montagna su terreni ripidi e sconnessi) lo vinse Bruno Zanchi. Nel 2004, invece, Julien Absalon conquistò la medaglia d’oro nella specialità mountain bike alle Olimpiadi di Atene.

Le biciclette su cui correvano questi atleti erano Bianchi, storico marchio con oltre 130 anni di storia. Si tratta della fabbrica di velocipedi più antica del mondo ancora esistente (un tempo anche una casa automobilistica e motociclistica), fondata a Milano nel 1885 da Edoardo Bianchi, quando, appena 20enne, aprì la sua Officina meccanica in via Nirone nel capoluogo lombardo. Oggi la produzione è composta da biciclette da corsa, da città, mountain bike (compreso il downhill). Per la verità, la prima vittoria internazionale di una bicicletta Bianchi risale al 1899: a pedalare era Gian Fernando Tommaselli (che sarebbe poi diventato il primo Amministratore Delegato dell’azienda) che trionfò nel Grand Prix de Paris. Le ultime vittorie in ordine di tempo – tra il 2019 e il 2020 – coincidono con quelle del ciclista Primož Roglič alle gare ciclistiche Vuelta a España e Liegi-Bastogne-Liegi e del ciclista belga Wout Van Aert alla Milano-Sanremo.

Il successo in Bianchi fa parte del Dna; il merito è soprattutto del suo fondatore che coniugava passione e curiosità per il ciclismo con tutto ciò che riguardava gli aspetti meccanici: per esempio, nel 1897 sperimentò un mezzo con motore a scoppio, arrivando poi alla produzione in serie fino agli Anni 60. E fu proprio Edoardo Bianchi a insegnare al Re Umberto I e alla consorte Margherita ad andare in bicicletta, diventando poi il fornitore della Casa Reale; e si racconta che l’iconico colore celeste che caratterizza l’azienda fosse quello degli occhi della Regina…

Nel 1907 nacque la società per azioni denominata Società anonima Edoardo Bianchi, che contava 400 dipendenti e la produzione faceva ampio uso delle innovazioni tecnologiche dei primi anni del Novecento. Bianchi diventò così sinonimo di efficienza meccanica e velocità, tanto che nel 1915 realizzò le biciclette biammortizzate per i militari. Intanto l’azienda riuscì a superare indenne i due conflitti mondiali, anche grazie al passaggio generazionale, perché negli Anni 40 le redini finirono nelle mani del figlio di Edoardo, Giuseppe Bianchi. Negli Anni 60 iniziò l’espansione dell’azienda e la sua evoluzione, che portò Bianchi all’apertura dello stabilimento di 75mila metri quadrati a Treviglio, in provincia di Bergamo; nel 1972 l’impresa fu poi acquistata dal Cavalier Angelo Trapletti e dai suoi fratelli (il legame di Trapletti con il mondo della bicicletta risale al 1960, quando aveva rilevato il marchio dell’officina produttrice di biciclette Chiorda). Successivamente, nel 1991 Piaggio acquisì tutte le quote, fino a che nel 1997 Salvatore Grimaldi – imprenditore italiano e Cavaliere del Lavoro che all’età di sette anni emigrò in Svezia con la famiglia – rilevò il brand con la sua Cycleurope.

Il progetto di riqualificazione nel territorio bergamasco

Oggi nello stabilimento di Treviglio, la Bianchi degli Anni 60 non c’è più. La situazione attuale è in evoluzione, come conferma la realizzazione di un progetto di riqualificazione che sta sorgendo proprio laddove un tempo c’era la catena di produzione. Nella sede bergamasca dell’azienda, Sistemi&Impresa, la rivista edita dalla casa editrice ESTE rivolta al settore manifatturiero, ha incontrato Francesco Giuliano, Chief Operating Officer (COO) di Bianchi, che prima ancora di farci sedere in un ufficio, ha voluto accompagnarci in produzione: “L’edificio vecchio è stato abbattuto e ora è in costruzione quello nuovo. Ci sono ancora i muri di quegli anni, quando l’azienda si trasferì qui da Milano. Anche il pavimento è quello originale, anche se nel 2021 è stata avviata la completa ricostruzione dello stabilimento sulle vecchie fondamenta”.

L’inaugurazione dei nuovi spazi è prevista per aprile 2023: una data non casuale, visto che Bergamo, insieme con Brescia, nel 2023 è capitale della cultura e per l’azienda è un’ulteriore occasione per aprirsi ai visitatori. Bianchi a Treviglio rappresenta una sorta d’istituzione. A tal proposito, il manager racconta: “La realizzazione, del resto, è particolarmente innovativa e quindi crea anche un grande appeal per il territorio stesso”. Oltre agli spazi per la produzione, infatti, il progetto – che Sistemi&Impresa ha potuto consultare attraverso piantine, rendering e una passeggiata nel cantiere – prevede un museo aperto al pubblico e un parco ciclabile per i test dei prodotti. Il nuovo stabilimento è funzionale al potenziamento della produzione: al momento i 120 lavoratori montano circa 250 prodotti al giorno, ma l’obiettivo è produrre circa 900 biciclette al giorno grazie al lavoro di 350 persone. Inoltre, i nuovi spazi consentiranno anche un ampliamento della tipologia dei prodotti.

Il reshoring per fronteggiare le sfide

Com’è noto per chi frequenta il settore delle biciclette, al momento la gran parte della produzione destinata al mercato europeo avviene in Asia. Ma a fronte degli sconvolgimenti geopolitici cui stiamo assistendo, molte aziende hanno già deciso di riportare nel Paese d’origine il lavoro delocalizzato: si tratta del fenomeno del reshoring, che va nella direzione opposta all’offshoring. La pandemia prima e la guerra tra Russia e Ucraina dopo hanno, però, complicato il rientro delle produzioni, ma hanno pure convinto i più scettici della bontà della strategia.

Nel 2020 molte imprese sono state costrette a ricorrere a strategie d’urgenza per sopperire alla carenza di materiali provenienti da stabilimenti localizzati all’estero; gli effetti della guerra si sono riflessi nell’esportazione di gas e petrolio e delle materie prime, che hanno complicato le attività di numerose imprese, in particolare di quelle manifatturiere che, però, si sono anche ritrovate a dover gestire un aumento non previsto di ordini, come nel caso di Bianchi. Da qui la necessità di una rivalutazione delle Supply chain. “La diffusione del covid-19 ha generato una grande richiesta di biciclette, soprattutto elettriche”, confessa il manager. “Visto che dal 2019 avevamo già scelto di puntare sull’elettrico, abbiamo preso la decisione del reshoring anche considerando i margini di crescita in questo segmento”.

Pur specificando che una parte del prodotto continuerà a essere prodotta all’estero – in particolare per la mancanza in Italia (ma pure in Europa) delle opportune competenze (“si è persa la capacità di lavorare i componenti di biciclette e, di fatto, si è spostato tutto in Oriente”) – la strategia è di riportare la produzione nel nostro Paese. “L’attività di assemblaggio è già tutta rientrata; quella vera e propria di manufatti, cioè i telai, li compriamo ancora dall’Asia. Però la produzione con il carbonio la riportiamo indietro”, puntualizza Giuliano. Il nuovo stabilimento in costruzione, infatti, è dedicato proprio alla lavorazione del carbonio, materiale su cui Bianchi, con la bicicletta Oltre, aveva già preso spazio nel mondo del ciclismo utilizzando questa fibra, che esalta l’aerodinamica e sfrutta la rigidità e la leggerezza delle biciclette.

Una sfida legata al reshoring è la ricerca di fornitori più vicini a quelli in Asia, con la problematica che in Europa non è semplice trovarne. E di partner l’azienda ne avrebbe molto bisogno, soprattutto perché ha da tempo ampliato la sua offerta; oltre alle biciclette da corsa e a quelle da mountain bike, Bianchi realizza prodotti per la città – sono in uscita nuovi colori che si accostano al tradizionale celeste – in particolare l’ebike per il mercato del Nord Europa: “Olandesi e francesi hanno una cultura della bici molto forte, mentre qui è scarsa; sull’ebike, la fetta di mercato più ampia è in queste zone”, dice Giuliano. Il settore delle biciclette da corsa – che rappresenta l’altra metà del fatturato aziendale – funziona meglio proprio in Italia. “Stiamo per lanciare un nuovo prodotto”, rivela il manager. Pensata per gli atleti più esigenti e temerari, Oltre è la nuova bicicletta progettata per migliorare la direzione del flusso d’aria tramite un sistema che ottimizza l’aerodinamica e le prestazioni.

L’articolo integrale è pubblicata sul numero di Dicembre 2022 di Sistemi&Impresa.
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