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Endotermico-elettrico, la coesistenza tecnologica è l’alternativa

È un momento delicato, non solo per l’industria dell’automobile, quello che stiamo vivendo. Dietro al passaggio dal motore endotermico a quello elettrico per il raggiungimento della neutralità cli­matica, in realtà, si cela un confronto geopolitico, di supremazia tecnologica, ma anche di diversa decli­nazione della sostenibilità, che vede contrapporsi vari attori: oltre alle case automobilistiche e a tutti i player della vasta filiera dell’Automotive, ci sono le associazioni di categoria, i Governi e le rappresen­tanze politiche dei diversi Continenti. La matassa, insomma, è ben intricata.

Di certo c’è che a giugno 2022 il Parlamento euro­peo, nell’ambito della strategia di raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050, ha approva­to la proposta della Commissione Ue che impone l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica per auto e furgoni entro il 2035. La ‘rottamazione’ dei motori endotermici in favore di quelli elet­trici è considerata da tanti come la soluzione per raggiungere l’obiettivo, ma la sensazione è che l’Occidente si stia ‘consegnando’ alla Cina, che si è fatta promotrice di questa rivoluzione. Non a caso Pechino è il principale estrattore di terre rare – litio, scandio, disprosio e lantan – che servono per la rea­lizzazione del motore elettrico (e di altri dispositivi elettronici), tanto che nel 2022 ha aumentato la sua capacità estrattiva, proprio per far fronte alla grande richiesta di materie prime in particolare dell’Europa, priva di questi giacimenti (è però recente la scoper­ta di un deposito nel sottosuolo della Svezia che custodirebbe tonnellate di terre rare).

L’estrazione di questi materiali è tutt’altro che sostenibile: la Conferenza delle Nazioni unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) ha evidenziato che si tratta di un processo altamente inquinante, perché la separazione dei materiali inquina il ter­reno, c’è un diffuso utilizzo di acqua e c’è il forte rischio di entrare in contratto con prodotti tossici e radioattivi.

­­La buona notizia, però, è che non per tutti l’elet­trico è l’unico futuro percorribile né che non ci sia un’alternativa alla supremazia tecnologica alla Cina: oltre che CEO di Gruppo Adler Hp Pelzer, Paolo Scudieri è Presidente di Anfia, l’Associazione che riunisce la filiera automobilistica italiana, ed è la principale autorità in grado di affrontare la que­stione che impatta su tutta la catena di fornitura dell’Automotive con la sua importante numero­sità di addetti. Anfia, infatti, ha condotto un forte pressing sul tema, trovando nell’attuale Governo un importante alleato che in sede europea ha sti­molato il dibattito, insieme con Germania, Polonia e Bulgaria, nella Commissione europea, che si è detta pronta a ‘salvare’ i propulsori termici, ma con alimentazione a carburanti sintetici. Per i bio­carburanti la strada sembra in salita, anche se il recente report del G7 Clima, energia e ambiente di Sapporo, in Giappone, li ha associati ai carburanti sintetici: è un segnale positivo per l’Italia, che in Ue non ha ancora ottenuto il via libera, ma che li ritiene fondamentali per la decarbonizzazione del settore auto.

Perché critica il passaggio dai motori endotermici a quelli elettrici?

Dobbiamo iniziare dalla prefazione del ‘libro’ che l’Europa ha voluto scrivere sulla questione, par­tendo dal tema principale, cioè la salvaguardia dell’ambiente e il miglioramento climatico del futuro. Per raggiungere questo nobile, e necessario, obiettivo è evidente che serva un atteggiamento asettico e neutrale, sposando le cause tecnologi­che che possono condurre alla comprensione del fenomeno e poi all’attuazione di soluzioni. Quindi sono convinto che sia fondamentale raggiungere la meta del Carbon zero, ma è opportuno ricordare ciò che è accaduto nel recente passato e inter­rogarci sul ruolo dell’Europa per il presente e il futuro.

Qual è il ruolo che l’Europa si è ritagliato sulla questione?

L’Europa è responsabile dell’8% delle emissioni di anidride carbonica mondiale (di questa percentua­le, lo 0,8% è da imputare al sistema dei trasporti): un dato che va confrontato con il 50% prodotto dall’Asia e con il 42% dalle Americhe. Questo significa che l’Europa, pur con la sua percentuale residuale di responsabilità, ha scelto di percorrere un percorso importante. Un altro dato da tenere in considerazione riguarda il progresso tecnolo­gico dei motori endotermici che, nell’evoluzione da Euro 0 a Euro 6 – generata dall’innovazione del prodotto e dall’aggiornamento imposto dalle nor­mative – ha abbattuto del 92% le emissioni. Eppure da queste premesse si è innescato il meccanismo secondo cui l’elettrico sia la soluzione.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Aprile 2023 di Sistemi&Impresa.
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