Progettare con l’economia circolare

Così come era avvenuto lo scorso anno, anche per il 2023 al 15 di maggio l’Italia avrà consuma­to le risorse naturali che il pianeta è in grado di rigenerare nell’arco di un anno (Morelli, 2023). Ciò significa che per i restanti 230 giorni vivremo oltre i limiti di consumo del nostro Paese e aumentere­mo il nostro debito ecologico nei confronti della Terra. In altre parole, continuando a consumare e a produrre ai ritmi correnti, all’Italia servirebbero 2,7 pianeti Terra per sostenere lo stile di vita dei propri abitanti. E non siamo nemmeno tra i peggiori: basti pensare che l’overshoot day (ovvero la data in cui un Paese ha esaurito le risorse che il pianeta è in grado di produrre nell’arco di un anno) di Canada, Stati Uniti ed Emirati Arabi cade ben due mesi prima del nostro, ovvero il 13 marzo.

Risulta evidente quindi che gli attuali modelli di produzione e consumo, basati sulla logica del modello lineare take, make, dispose (o dell’usa e getta), sono incompatibili con la salvaguardia del nostro pianeta. Serve urgentemente un cambia­mento significativo e diffuso dei modelli produttivi e delle abitudini di consumo. Il sociologo Canadese Marshall McLuhan diceva: “Non ci sono passeggeri sul ‘Battello Terra’. Siamo tutti membri dell’equi­paggio”. Conclusioni a cui è arrivata anche l’ex velista Ellen MacArthur la quale, grazie alle rifles­sioni maturate durante uno dei suoi viaggi in solitaria in barca a vela, ha fondato nel 2010 la Ellen MacArthur Foundation, un’organizzazione no-profit internazionale nata con l’obiettivo di accelerare la transizione verso un’economia circolare.

L’economia circolare è un modello concettualmen­te nuovo, che mira a promuovere la diffusione di meccanismi di produzione e modelli di consumo sostenibili basati sul riuso e il reinserimento delle risorse nell’economia. Questo approccio sostitui­sce quindi il tradizionale modello lineare – basato su estrazione delle risorse naturali, utilizzo per la produzione di beni, consumo e smaltimento in discarica – con una strategia di ‘recupero, riu­tilizzo, e riciclo’. In un’economia circolare anche i rifiuti diventano risorse e chi si occupa in partico­lare delle fasi di produzione diventa responsabile dell’intero ciclo di vita del prodotto al fine di mas­simizzare il suo valore sul lungo periodo.

Tuttavia, l’adozione di un modello di economia circolare richiede un cambiamento significativo, sia di natura culturale e sociale sia strutturale del tessuto industriale. Gli attuali modelli di business e le infrastrutture non sono sempre adatti a una logica di tipo circolare e richiedono incentivi ade­guati che facilitino una più facile transizione verso questo nuovo approccio economico-industriale.

Perché le PMI sono chiamate a progettare attraverso l’economia circolare

Se è vero che l’economia circolare deve essere un cambiamento sistemico e alla portata di tutti, allo­ra essa deve coinvolgere necessariamente anche le Piccole e medie imprese (PMI), e specialmente in un Paese come l’Italia dove le PMI sono 206mila e responsabili del 41% del fatturato nazionale.

Le PMI si sono trovate negli ultimi anni ad affrontare un periodo complicato legato alle pro­blematiche dei rincari energetici, di accesso al credito e di reperimento di personale qualificato, difficoltà precedute persino dalla crisi pandemica, che ha forzato un gran numero di aziende a modi­ficare, almeno parzialmente, il proprio modello di business e ad accelerare verso la digitalizzazione.

In questo scenario di grande turbolenza, l’econo­mia circolare potrebbe essere la chiave di volta per una maggiore resilienza delle PMI poiché, spingendo verso un miglioramento dell’efficien­za e dell’autosufficienza energetica, così come verso un’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse nei processi produttivi, porterebbe le stesse a una maggiore stabilità sul lungo periodo. Da una recente ricerca Ipsos è emerso che il 60% delle PMI è sopravvissuto alla pandemia grazie all’inno­vazione e che tale tipologia di aziende è sempre più sensibile nei confronti dell’impatto della loro attività sull’ambiente. Il 68% delle PMI italiane afferma, infatti, che sarebbero disposte a cambiare le proprie pratiche per diventare più sostenibili e sembra ci sia crescente consapevolezza della necessità di continuare a innovare per rimanere rilevanti e competitive sul mercato. Sotto l’aspetto dell’innovazione sostenibile, non­ché circolare, diverse sono le dimensioni su cui le aziende sono chiamate a intervenire e innovare: il ridisegno dei prodotti, quello dei processi di produzione e dell’interfaccia con i clienti, anche attraverso l’utilizzo delle tecnologie digitali.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Maggio 2023 di Sistemi&Impresa.
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