Il Cio come guida del cambiamento nei progetti di gestione delle informazioni per il business

| FabbricaFuturo |

A cura di:
Roberta Raimondi

Qualche riflessione sui trend

La rivista on line Cio Insight annualmente organizza una survey, dedicata alle direzioni dell’evoluzione del ruolo del Cio.

Già nel 2009, incorrispondenza del capitolo dedicato alle attività prioritarie da compiere nel futuro prossimo (What Tomorrow’s Cio will have to do) al primo posto figurava ‘Driving Strategic Use of Information’, con uno score del 42,1%, davanti a ‘Riduzione dei costi It nel business’ (31,6%), e a ‘Supporto del cambiamento’ (27,7%).

Per il 2012, tra le priorità strategiche, a causa della recessione in atto, ricompaiono la capacità di ‘consolidare’ risorse, infrastrutture, informazioni e servizi, di ‘controllare’ i costi e misurare le performances, di ‘governare’ l’It allineandola al business, sapendo valutare (e misurare) l’innovazione. In sintesi, la capacità di saper dimostrare finalmente il reale contributo che l’It può dare allo sviluppo (a volte alla sopravvivenza stessa) dell’impresa.

Inoltre, la ricerca ‘10 Deloitte Tech Trends for 2012’ evidenzia, tra gli altri, i seguenti temi:

  • Data goes to work, intendendo con ciò la capacità di ‘mettere a disposizione’ dei processi e delle persone, in maniera integrata e contestualizzata, dati e informazioni strutturate e non strutturate, provenienti da fonti interne ed esterne, adottando metodi e strumenti complementari rispetto alle applicazioni già esistenti nel portafoglio: business intelligence, content e document management, data warehouses, capaci di ‘dare valore’ alle informazioni.
  • User empowerment, perenne obiettivo primario dei Sistemi Informativi, ancora più difficile da raggiungere a causa della molteplicità di stimoli cui gli utenti sono sottoposti e dalla non sempre perfetta contestualizzazione e personalizzazione dei servizi, in grado di abbattere, invece che innalzare, la loro capacità di essere operativi e saper utilizzare le informazioni davvero rilevanti per prendere decisioni ottimali.
  • Social Business, per rendere l’impresa capace di implementare nuove modalità di sviluppare il proprio business, stimolate e sostenute dalla presenza pervasiva del social web nella vita economico-sociale degli individui e delle organizzazioni.
  • Digital Identities, per governare le molteplici ‘identità’ degli individui, attivi nelle organizzazioni e per le organizzazioni rischiando di commettere (e subire) lesioni della privacy, intromissioni e danni, scambi di identità e, non da ultimo, decontestualizzazione di servizi e informazioni, a danno del perseguimento degli obiettivi ai punti precedenti.

La lettura comparata di questi trend, osservati negli ultimi tre anni ed epurati dalle naturali ‘etichette’ tecnologiche dovute alle mode e alle spinte comunicazionali degli operatori dell’offerta, ci permette di intuire quali siano oggi i punti sui quali porre particolare attenzione per ricoprire il ruolo sempre più sfidante del responsabile It nelle aziende.

Ci sono infatti tre elementi ricorrenti:

  • il controllo dei costi;
  • l’attenzione alla sfera ‘sociale’ delle organizzazioni e quindi alla persona, tutelandola, soddisfacendone fabbisogni e indirizzandone comportamenti;
  • la capacità di rendere tutte le informazioni disponibili alle attività del business, integrandone dinamicamente tutti gli ambiti più o meno strutturati.

Anche se in prima approssimazione nessuno di questi sembra essere ‘nuovo’, gli ultimi anni hanno ulteriormente enfatizzato la necessità estrema per l’azienda del controllo dei costi e da qualche tempo è a tutti altrettanto chiaro che al centro di una azienda eccellente vi è la capacità di estrarre valore dalle informazioni e mantenere adeguato il mix di competenze delle persone rispetto alla dinamicità del business e dello stesso mercato del lavoro, caratterizzato da una situazione di estrema flessibilità.

Gli ultimi due aspetti sono tra loro interdipendenti: le informazioni oggi più rilevanti per il business sono generate negli ambiti più sociali delle organizzazioni, quelli tradizionalmente più difficili da comprendere appieno e da cambiare, perché si sostanziano in processi organizzativi poco strutturati, non routinari, per niente deterministici, difficili quindi da comprendere e replicare in casi di continuo cambiamento nelle mansioni e negli organici. In questi ambiti le azioni da compiere per valorizzare l’informazione devono insistere sui ‘comportamenti’, sulle competenze, sulla sfera motivazionale della risorsa umana, ricorrendo alla tecnologia come supporto a un sistema di regole condivise, in grado di portare a fattor comune quanto più possibile delle azioni di discrezionalità delle persone sui processi e salvaguardando l’esperienza, lasciando però adeguato spazio per la loro necessaria ‘flessibilità’, che agisce in forma di compensazione nei casi di eccessiva rigidità organizzativa. La tecnologia va introdotta quindi a valle di accorti piani di cambiamento organizzativo e in funzione di un riqualificato e integrato asset informativo di riferimento.

Questo tipo di interventi non necessariamente implica un aumento dei costi della tecnologia, bensì può svelare e abbattere i ‘costi nascosti’, derivanti dall’uso improprio o non ottimizzato delle risorse, in questo caso tecnologiche e umane.

In un contesto così difficile e nel contempo dinamico, la funzione Sistemi Informativi può avere un ruolo determinante, capitalizzando investimenti ed esperienze, permettendo al Cio oggi di essere protagonista nello sviluppo della propria organizzazione attraverso l’innovazione tecnologica. Altrimenti il Cio può decidere di essere spettatore di un progressivo svuotarsi del proprio ruolo, fino ad arrivare a essere un semplice ‘Travet’ dell’informazione.

Ma chi si deve occupare di innovare l’azienda attraverso investimenti sulle informazioni?

In un recente lavoro sul tema del document e content management, in relazione alla figura professionale che se ne dovrebbe occupare, mi sono posta più o meno seguenti domande:

Chi presidia in azienda tutti gli ambiti relativi a un intervento sulle fonti di informazione non tradizionalmente legate al mondo dei dati? Gli aspetti di processo, le complesse implicazioni normative e regolatorie di una gestione documentale? I nuovi modelli di organizzazione dei dati in un contesto più integrato? La fluidità dell’informazione alle persone e ai processi tra il mondo dei dati strutturati e quello del content? Le relative infrastrutture e i servizi applicativi? E soprattutto, chi è in grado di intravedere le potenzialità strategiche di un progetto sui flussi informativi non strutturati di natura evolutiva?

E, tra le riflessioni portate, le seguenti.

La mancanza di un profilo concentrato sulla risoluzione di tutte le problematiche legate a una nuova concezione di informazione, più ampia, dinamica e integrata strettamente con lo svolgimento dei processi diviene limitante sia per il mercato dell’offerta, che non riesce a ‘scaricare’ a terra la fatica della convergenza tra dato e informazione non strutturata, sia per le aziende stesse della domanda, che vanificano i loro investimenti frammentandoli lungo l’organizzazione e perdendo le opportunità di efficienza a livello enterprise e di efficacia data dalla conoscenza, implicita ed esplicita, che i nuovi strumenti possono estrarre e mettere in circolazione.

La recente attenzione delle aziende allo sviluppo e alla implementazione di soluzioni di document e content management ha portato infatti in molti casi all’avvio di progetti non sempre presidiati dagli specialisti di Sistemi Informativi, spesso arroccati nel mondo del ‘dato’ e della ‘transazione’, svuotando di significato proprio l’obiettivo primario della loro esistenza nell’organizzazione: la gestione dell’informazione. Per vari motivi i promotori di questi progetti, a volte con il contributo sostanziale delle aziende fornitrici di prodotti e servizi, si sono trovati a valutare e integrare soluzioni applicative secondo i propri obiettivi (contenimento dei costi di uno specifico processo, compliance normativa e/o regolatoria, ‘innamoramento tecnologico’), creando sylos informativi, moltiplicando archivi, disseminando l’organizzazione di informazioni non contestualizzate, inaffidabili, e non da ultimo, impedendo l’adozione di logiche di governance dell’intero portafoglio applicativo aziendale.

Questo percorso, per quanto riguarda l’ambito dei dati, nei processi più strutturati e deterministici, è stato già vissuto dagli specialisti di Sistemi Informativi a partire dagli anni ’60 con l’introduzione massiccia dell’automazione in azienda. Ma la storia di questa evoluzione è stata disseminata di errori e ripensamenti: ancora oggi, con la diffusione dei Sistemi Informativi orientati ai processi (Erp) nonostante l’obiettivo primario di razionalizzare il complesso dei dati transazionali portandoli entro un unico logico database di livello operativo e sul processo, l’obiettivo non è compiuto e non si riesce in molti casi a garantire la stessa affidabilità del ‘dato’ a livello enterprise.

La messa in elettronico dei documenti e la strutturazione dei dati ivi contenuti, con l’obiettivo di integrarne il flusso con quello dei tradizionali sistemi gestionali, non ha fatto altro che aumentare la difficoltà, per l’azienda di avere un patrimonio informativo affidabile e per l’utente, di ‘trovare’ l’informazione certa e corretta e lievitare i costi legati alla fatica del disallineamento. Quest’ultima difficoltà è esacerbata dalla aumentata mobilità degli utenti e dalla molteplicità dei dispositivi che essi usano per ricercare e accedere all’informazione; essi devono essere messi nelle condizioni di lavorare in maniera fluida e trasparente con tutte le risorse del sistema, potendole usare direttamente sul processo oggetto del loro lavoro, in maniera contestualizzata e secondo modalità di presentazione consone rispetto al dispositivo e all’obiettivo d’uso.

Una delle priorità tecnologiche per il 2012, secondo la ricerca Deloitte sopra menzionata, è infatti, letteralmente quella di ‘mettere i dati al lavoro’ (Data goes to work), senza distinguere tra dati già strutturati nei data base, dati di fonte documentale, dati provenienti dal web o ‘estratti’ dall’esecuzione dei processi e, soprattutto, senza scaricare sulle persone l’onere di cercarsi gli strumenti per essere operative e disponibili per le esigenze del proprio business (User Empowerment).

Ecco che per la funzione Sistemi Informativi si presenta un’occasione d’oro: quella di riappropriarsi di tutte le molteplici forme dell’informazione, presidiando sia quelle più strutturate, sulle quali sta ‘lavorando’ dagli anni ’60, sia quelle finora trascurate e lasciate alla gestione di altre unità organizzative, quelle dei flussi documentali e del content in senso lato.

Le esperienze vissute dagli specialisti It in cinquant’anni di evoluzione della tecnologia in azienda, l’abitudine a ragionare in termini di governance del Sistema Informativo, l’attitudine alla lettura e all’interpretazione delle esigenze del business riguardo a servizi e dati, non può non essere una leva sulla quale spingere l’introduzione oculata e lungimirante di sistemi di document e content management.

L’atteggiamento del Cio nei progetti di gestione delle informazioni per il business: Un manager riveste tre macro-ruoli fondamentali in azienda, e quindi tre sono le categorie di aspettative che in azienda a lui si indirizzano; sulla base di questo il Cio dovrebbe bilanciare le sue attività e impostare il suo comportamento per soddisfarle tutte, a seconda della situazione e delle sue linee di sviluppo, personale e della funzione:

  • Ruoli interpersonali: Una serie di ruoli interpersonali e negoziali, che lo pongono ‘alla finestra’ rispetto all’ambiente esterno alla sua funzione (strategie aziendali, cambiamenti in atto, opportunità e minacce derivanti dal contesto esterno alla funzione o all’azienda, innovazioni tecnologiche potenzialmente interessanti, clienti interni dei servizi It, fornitori). Questi ruoli sono direttamente discendenti dal fatto che egli ricopre una posizione ‘formale’ dalla quale deriva status. Qui può essere esercitata la cosiddetta ‘leadership esterna’ (oIt leadership’), che deve essere agita ogni volta che la funzione deve porsi come motore propulsore o di presidio di cambiamenti potenzialmente importanti per l’azienda stessa, chiedendo consenso e risorse.
  • Ruoli informativi: Ai precedenti è collegata l’attitudine (da sfruttare al meglio) di gestire ‘i segnali’, in entrata e in uscita rispetto alla sua funzione. La capacità con la quale il manager svolge il ruolo di collettore, filtro e governo delle informazioni rilevanti, al servizio della sua funzione, influisce sull’efficacia di essere leader, sia nei confronti dei suoi interlocutori aziendali che delle risorse che deve gestire e sviluppare
  • Ruoli decisionali: Infine, con le informazioni a disposizione, egli può prendere decisioni di respiro sia strategico che tattico/operativo, positive per l’evoluzione della sua funzione: riguardo allo sviluppo organizzativo e dei propri talenti, del Sistema Informativo che gestisce, delle sue relazioni, dell’ottimizzazione dei costi e dell’allocazione delle risorse. In questo ambito si può esercitare la ‘leadership interna’ (o ‘leadership nell’It’), che si sostanzia nella capacità di mantenere dinamicamente costanti e positive le performances organizzative ed i risultati della sua funzione, valevoli per il mantenimento del ruolo.

Nell’ambito di questi ruoli, come si intuisce, non sempre un manager deve essere anche leader, i due atteggiamenti sono diversi e devono essere esercitati in diverse situazioni. Il manager gestisce ordine, prevedibilità, coerenza su dimensioni critiche come la qualità e la redditività. È opportuno comportarsi da manager per gestire la complessità ma non per indurre il cambiamento. Il leader ha il compito di stimolare le sue risorse e i suoi interlocutori alla reattività, tempestività, anticipazione. Spingendo verso l’interiorizzazione della cultura del cambiamento.

Da un lato le sfide introdotte dall’opportunità di occuparsi a 360° dell’informazione, nei termini descritti sopra, suggeriscono un atteggiamento da leader da parte del Cio: si tratta di cambiare, su diversi fronti, sforzandosi di acquisire conoscenze e capacità che comprendono soltanto in parte la questione tecnologica. Che possono risolvere anche le problematiche di automazione in ambiti tradizionalmente meno conosciuti, quelli, appunto dei processi sociali, densi di informazioni imprescindibili dal contesto in cui si formano e si strutturano e che dà loro il significato utile per il business.

Serve un’intensa attività relazionale e di negoziazione, di ricerca del consenso e della sponsorship nei progetti, di motivazione e coinvolgimento delle risorse interessate, che spesso si vedono cambiare pesantemente abitudini e mansioni. I comportamenti da leader più adatti sono quelli del leader che convince, trascina, agisce per primo, comunica e soprattutto ascolta i segnali deboli provenienti dall’organizzazione, sapendola indirizzare verso soluzioni in grado di soddisfare bisogni a volte non del tutto consapevoli (ma nascosti in comportamenti non perfettamente efficienti).

Dall’altro però, in un momento storico nel quale tra le massime priorità del Cio c’è il ‘consolidare’ risorse, infrastrutture, informazioni e servizi, il ‘controllare’ i costi e misurare le performances, il ‘governare’ l’It, sono richieste robuste doti da manager, in grado di sviluppare un cambiamento attraverso il risparmio delle risorse,  la scelta oculata dei passi da compiere e della loro tempificazione, il riutilizzo degli sforzi compiuti e degli investimenti già fatti, anche in termini di sforzi organizzativi oltre tecnici.

Serve una visione evolutiva ma lungimirante rispetto alle opportunità di innovazione, una capacità di introdurle secondo i ritmi di coloro che ne trarranno beneficio, bilanciando continuamente sforzi e risultati.

Alla fine il cambiamento potrà essere importante, ma se portato senza il rispetto dei vincoli e senza il consenso delle parti, senza una costante comunicazione dei passi compiuti e da compiere, senza una profonda conoscenza di ciò che davvero è importante per lo sviluppo dell’azienda, i risultati per la funzione Sistemi Informativi e per il Cio stesso saranno effimeri, forse utili soltanto per sostenere una carriera personale che probabilmente si svilupperà migrando da un’organizzazione all’altra, lasciando soltanto il ricordo di grandi doti di leadership e innovazione ma non di reale e positivo cambiamento.

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FabbricaFuturo è il progetto di comunicazione rivolto a tutti gli attori del mercato manifatturiero (responsabili delle direzioni tecniche, imprenditori e direzione generale, responsabili organizzazione e HR) che ha l’obiettivo di mettere a confronto le idee, raccontare casi di eccellenza e proporre soluzioni concrete per l’azienda manifatturiera di domani.

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