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In Italia la ripresa si è fermata, industria in allarme

L’economia italiana ha subito una battuta d’arresto: lo dimostrano la frenata del Prodotto interno lordo (Pil) del secondo trimestre, che ha evidenziato una contrazione pari a -0.4%, e le prime informazioni, piuttosto deludenti, sulle tendenze nei mesi estivi. La domanda interna sta decelerando, soprattutto nelle componenti dei beni di consumo e degli investimenti in costruzioni: pesano soprattutto la ricomposizione dei consumi a favore dei servizi, innescata dalle riaperture post covid, la cancellazione dei bonus che avevano sostenuto il comparto edile, e l’effetto degli aumenti dei tassi d’interesse. Come anche approfondito nell’ultimo Aggiornamento di Congiunturaref, dal punto di vista dei settori produttivi, la contrazione del Pil nel secondo trimestre deriva da un indebolimento abbastanza diffuso, cui si sono sovrapposti probabilmente alcuni fattori accidentali, di tipo climatico, soprattutto l’alluvione in Emilia-Romagna, che hanno pesato sull’andamento del settore agricolo e delle costruzioni. È possibile quindi che parte della caduta delle Costruzioni venga recuperata nel terzo trimestre.

Tuttavia, anche al netto di questi effetti le cose non sono andate bene: il valore aggiunto dell’industria in senso stretto ha difatti registrato la quarta variazione consecutiva di segno negativo, tanto da poter dire che l’andamento dell’industria italiana si presenta in recessione. I servizi hanno realizzato invece un leggero decremento, che comunque segue a un aumento significativo nel trimestre precedente. In generale, quindi, pur in un comune percorso di decelerazione, la divaricazione fra attività industriale e dei servizi negli ultimi trimestri è stata piuttosto marcata.

Le divergenze settoriali rispecchiano l’evoluzione delle diverse voci di domanda. La contabilità nazionale evidenzia una stagnazione dei consumi, che d’altra parte avevano smesso di crescere sin da fine 2022, e un leggero decremento degli investimenti in macchinari, a fronte della ampia contrazione degli investimenti in Costruzioni. La stabilità dei consumi delle famiglie è sintesi però di andamenti differenti fra le diverse voci della spesa: innanzitutto è palese la divergenza fra consumi di servizi (+2.4% sul trimestre precedente, e +3.6% nel confronto anno su anno) e consumi di beni (-1.8% sul trimestre precedente, e -0.7% anno su anno). All’interno dei consumi di beni, si è spento il ciclo dei semidurevoli e soprattutto è entrata in recessione la domanda dei beni non durevoli, come gli alimentari.

In generale, questa divaricazione beni-servizi rispecchia gli effetti degli aumenti dei prezzi e dei tassi d’interesse sui primi, a fronte di un contributo positivo delle riaperture post covid alla crescita dei secondi. Vi è stato probabilmente anche un effetto di ‘spiazzamento’ della domanda di beni per effetto dei maggiori consumi di servizi: ciò è possibile sia accaduto soprattutto con la ripresa della Ristorazione, che ha quindi sostituito parte dei consumi alimentari.

L’aumento d’inflazione ha riguardato beni alimentari ed energetici

Tuttavia, dietro la caduta della spesa in beni non durevoli vi sono anche altri aspetti da tenere in considerazione, per le rispettive implicazioni dal punto di vista sociale. Questa voce della domanda comprende, infatti, molti prodotti di prima necessità, come per l’appunto gli alimentari, la cui contrazione riflette anche le difficoltà delle famiglie meno abbienti nel sostenere uno standard di consumo minimo, soprattutto a seguito dei rincari degli ultimi due anni. L’aumento dell’inflazione ha riguardato in particolare i beni alimentari e i beni energetici, che sono a tutti gli effetti consumi di base e quindi pesano di più nella struttura dei consumi delle fasce di reddito più basse.
Naturalmente la divergenza nell’andamento dei consumi di beni e servizi spiegano le differenze negli andamenti dei diversi settori produttivi, e quindi l’andamento peggiore dell’industria.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Settembre 2023 di Sistemi&Impresa.
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