Attacchi informatici e interruzione del business fanno più paura della pandemia

| Sara Polotti |

Ogni settore ha le sue paure, legate al rispettivo mercato. Ma certi timori accomunano tutte le aziende a prescindere dal settore: secondo l’Allianz Risk Barometer 2022 le imprese di tutto il mondo – probabilmente anche alla luce di quanto accaduto nell’ultimo biennio a seguito della pandemia – percepiscono come principale fattore di paura gli attacchi informatici, ma pure l’interruzione del business e le conseguenze delle catastrofi naturali. Tutti fattori che portano all’ansia principale, cioè i blocchi improvvisi delle catene di produzione e di fornitura.

L’emergenza sanitaria, in questo scenario, non si prende il primo posto (come si potrebbe essere portati a pensare, anche se già nel 2021 la percezione era cambiata rispetto al 2020). A quanto pare, non è più percepita pericolosa tanto quanto lo era in passato: il precedente rapporto elaborato dal colosso di servizi assicurativi e finanziari tedesco inseriva infatti l’epidemia globale al secondo posto delle paure aziendali. Ora è solo al quarto: le imprese si sentono più preparate, così come lo sono i Governi.

Ma questo non significa che la situazione sanitaria non preoccupi: restano infatti ben saldi i timori legati alle conseguenze della pandemia: il post lockdown ha infatti portato con sé le impennate della domanda che, sovrapponendosi all’interruzione delle attività di produzione e della Logistica, hanno causato livelli record di congestione nei porti, provocando un domino di carenze di materie prime e di rallentamenti nelle consegne. Ecco perché, oggi, si temono maggiormente i malfunzionamenti IT e l’interruzione del business, in cui rientrano anche i problemi legati alla Supply chain (al secondo posto nel raking del rapporto), così come gli eventi naturali (tempeste, terremoti, grandi incenti) che potrebbero causare una situazione simile a quella appena vissuta (al terzo posto).

“L’interruzione di attività rimarrà probabilmente il tema di fondo nel 2022”, ha ipotizzato Joachim Mueller, CEO di Allianz Global Corporate & Specialty. “Per la maggior parte delle aziende la paura più grande è quella di non essere in grado di realizzare i prodotti o di fornire i servizi. Il 2021 ha visto livelli di interruzione senza precedenti, causati da vari fattori scatenanti, e quest’anno si prevede solo un graduale miglioramento della situazione”. I cyber-attacchi, gli eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico che hanno impattato le catene di fornitura e i problemi legati alla produzione dovuti alle varie ondate pandemiche, con i ‘colli di bottiglia’ venutisi a creare nel settore dei trasporti sono le situazioni concrete cui fa riferimento Mueller. “Costruire la resilienza per reagire alle molteplici cause di interruzione di attività sta diventando sempre più un vantaggio competitivo per le aziende”.

In Italia resta la paura per gli attacchi informatici

Ai rischi informatici, all’interruzione delle attività e alle catastrofi naturali seguono, oltre alla pandemia, il cambiamento climatico (passato dalla nona alla sesta posizione) e la carenza di forza lavoro qualificata (al nono posto): quest’ultima questione è particolarmente temuta dai settori dell’Ingegneria, delle Costruzioni, dell’Immobiliare, dei Servizi pubblici e della Sanità, e soprattutto da quello dei Trasporti, che mette lo skill mismatch addirittura al primo posto.

Interessante è notare come le 31 aziende italiane coinvolte nel report ricalchino essenzialmente le tendenze globali. Secondo la ricerca al primo posto per le imprese in Italia restano i rischi informatici e i cyber-crimini, insieme con la violazione dei dati e i problemi IT. Al secondo c’è il pericolo di interruzione dell’attività e della Supply chain; al terzo le catastrofi naturali come tempeste, inondazioni e terremoti.

Seguono, in classifica: i cambiamenti nello scenario legislativo e regolamentare con il timore per sanzioni economiche, protezionismo, eventi straordinari come la Brexit o addirittura la paura di una disgregazione dell’Eurozona; i cambiamenti nei mercati, con la volatilità, l’aumento della competizione, l’arrivo di nuovi operatori, fusioni, acquisizioni, stagnazione e fluttuazione del mercato; la pandemia; il richiamo di prodotti e la mancanza di qualità; il cambiamento climatico (con rischi fisici, operativi, finanziari e di reputazione legati a esso); i danni d’immagine; e infine i cambiamenti nello scenario macro-economico come quelli che possono essere generati da programmi di austerity, dall’aumento del prezzo dei beni di consumo e da fenomeni come inflazione e deflazione.

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