Il check-up dei Sistemi Informativi Gestionali nelle Pmi manifatturiere

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Da diversi anni l’economia Italiana soffre di una perdita di competitività rispetto alle principali economie mondiali. È emblematico il dato tendenziale della produttività (Pil per ora lavorata) nel periodo 1999-2004, che per l’Italia si assesta su un – 0,3% contro valori prossimi o addirittura superiori al 2% per quanto riguarda Stati Uniti, Giappone, Francia e Regno Unito. Come confermano diversi studi, la scarsa propensione da parte delle Pmi italiane agli investimenti in Ict costituisce una delle più rilevanti cause di questa perdita di competitività. Secondo Assinform (2006), il rapporto tra investimenti in Ict e Pil in Italia nel 2005, è stato inferiore al 2% contro il 3,8% negli Usa e 3,1% in Germania e Regno Unito. Inoltre, la percentuale di tali investimenti provenienti dalle Pmi nel 2005 si è attestata attorno al 20% del totale pur essendo queste responsabili del 51,6 % del fatturato complessivo.

A cura di:
Alberto Turano, Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale, Università degli Studi di Brescia

Diverse ricerche condotte a livello internazionale hanno evidenziato l’esistenza di una correlazione positiva tra gli investimenti Ict e lo sviluppo economico a livello nazionale. Ulteriori studi hanno evidenziato una simile relazione anche a livello industriale tanto da indicare gli investimenti Ict come uno dei principali driver della crescita economica a livello macro-economico.
Tale legame è certamente più complesso da spiegare da un punto di vista scientifico e quantitativo a livello micro-economico ovvero con riferimento alla singola azienda. Tuttavia almeno da un punto di vista qualitativo l’Ict è considerato da molti esperti come una leva fondamentale in grado di supportare la competitività delle aziende accrescendo contemporaneamente efficacia ed efficienza.
Nonostante ciò, le Pmi sono ancora piuttosto restie a investire in Ict in virtù delle difficoltà oggettive che incontrano nella valutazione dei costi e dei benefici connessi all’investimento stesso. Infatti, appena il 10-20% dei costi connessi a un progetto d’informatizzazione, ossia quelli riferiti ai prodotti/servizi acquistati, sono esplicitamente noti a priori, mentre la gran parte dei benefici risultano impliciti, se non addirittura incogniti.
La questione di come l’adozione di nuove soluzioni informative a supporto dei processi di business possa creare valore ha stimolato un intenso dibattito. Sono in molti a ritenere che l’information technology (It) possa contribuire significativamente alla creazione di valore all’interno delle imprese migliorando sia le prestazioni aziendali sia gli assets. Sul fronte delle prestazioni l’It può avere tre differenti tipi di impatto sui processi aziendali:

1).   Automatizzarli, con l’effetto di raggiungere i medesimi obiettivi più efficientemente;

2).   Informatizzarli, ossia di migliorare il risultato dei processi attraverso la disponibilità di informazioni più complete, corrette e tempestive;

3).   Trasformare i processi, con l’effetto di abilitare nuove attività prima impossibili.

Tutto ciò in ultima analisi si traduce in migliori prestazioni aziendali anche a livello finanziario.
Esiste però anche un secondo e meno evidente meccanismo attraverso il quale un investimento in It può generare valore per le aziende ovvero, incrementandone gli asset, specialmente quelli intangibili. Ciò è esattamente quello che succede, ad esempio, quando la conoscenza implicita di tipo tecnico legata al processo di produzione viene esplicitamente codificata entro distinte base e cicli tecnologici, creando una base di conoscenza esplicita e formale e, quindi, direttamente appropriabile dall’azienda.
Vi è, infine, un altro aspetto sul quale gli autori concordano largamente: il fatto che l’adozione dell’It non generi un impatto sulle prestazioni aziendali di per sé, ma piuttosto attraverso un processo di cambiamento organizzativo e gestionale.
Considerando lo scenario appena descritto INF-OS centro di competenza sull’innovazione dei processi logistico-produttivi ha realizzato, grazie anche al finanziamento ricevuto dal Fondo Sociale Europeo e dalla Regione Lombardia, un progetto di ricerca dal titolo “Il check-up del sistema informativo gestionale nelle PMI manifatturiere” per valutare quali siano i principali fattori endogeni ed esogeni che influenzano le decisioni in merito alla spesa in Ict da parte delle aziende.
La ricerca condotta su un campione di 30 PMI manifatturiere appartenenti alle province di Brescia e Bergamo si prefiggeva quale obiettivo fondamentale quello di comprendere in che modo le PMI manifatturiere utilizzino la leva It e in particolare di valutare i seguenti aspetti:

i).   Quali sono i principali antecedenti o abilitatori dell’uso dell’It e come questi influenzano la modalità con la quale l’It viene usata per supportare i processi operativi;

ii).   In che modo l’utilizzo di strumenti It può supportare i processi operativi automatizzando le attività al loro interno e che tipo di effetti genera sulla soddisfazione degli utenti;

iii).  Quale livello di soddisfazione deriva dal attuale livello di implementazione dei sistemi informativi all’interno delle aziende;

La metodologia

Data la significativa mole di informazioni da raccogliere per svolgere la ricerca si è optato per la formula del case study; ciascun caso è stato, quindi, elaborato attraverso una serie di interviste semi-strutturate rivolte ad alcuni referenti aziendali, più precisamente, la direzione generale, il responsabile amministrativo, il responsabile EDP e i diversi manager funzionali.
Attraverso le interviste sono state raccolte informazioni rilevanti relative al contesto nel quale opera l’azienda, alla spesa e alla cultura ICT, al servizio Edp, al sistema informativo a alle funzionalità supportate, nonché ai progetti in corso.

Principali evidenze

Per identificare i fattori che maggiormente abilitano o inibiscono la spesa Ict si sono considerati una serie di fattori endogeni ed esogeni. A livello di fattori endogeni il solo considerato è stato quello relativo alla cultura Ict; il campione di ricerca è stato suddiviso in tre differenti categorie (rispettivamente quella degli scettici, degli entusiasti e dei moderati) in base alle risposte date a una serie di domande legate ai costi, ai benefici e a i rischi connessi agli investimenti Ict. Appartengono alla categoria degli scettici le aziende che considerano la spesa Ict principalmente come un investimento ad alto rischio che comporta in genere anche un aumento dei costi di esercizio; dalla parte opposta si collocano gli entusiasti ovvero le aziende che collegano l’investimento Ict all’ottenimento di importanti benefici in termini di efficienza ed efficacia senza particolari aggravi di costi; infine i consapevoli ovvero le aziende che consapevoli dei rischi e dei costi connessi agli investimenti Ict comunque sono propense a investire in Ict convinte di poter avere un ritorno economico.
Oltre a questo è stato considerato un insieme di fattori esogeni riportati nella tabella sottostante.


In accordo con gli obiettivi della ricerca le principali evidenze derivanti dall’analisi dei dati sono state suddivise in tre differenti paragrafi che rimandano agli obiettivi stessi.

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FabbricaFuturo è il progetto di comunicazione rivolto a tutti gli attori del mercato manifatturiero (responsabili delle direzioni tecniche, imprenditori e direzione generale, responsabili organizzazione e HR) che ha l’obiettivo di mettere a confronto le idee, raccontare casi di eccellenza e proporre soluzioni concrete per l’azienda manifatturiera di domani.

Nasce nel 2012 dalla rivista Sistemi&Impresa come reazione alla crisi finanziaria del 2011. Negli anni il progetto è cresciuto significativamente, parallelamente alla definizione di politiche pubbliche in ambito industria 4.0 (Piano Calenda e successivi).
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