Progettare con successo: gli insegnamenti dei migliori

| FabbricaFuturo |

di Sergio Terzi, Monica Rossi

Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Gestionale
sergio.terzi@polimi.it, monica.rossi@polimi.it

 

Abbiamo avuto modo in altre memorie apparse su questa rivista di evidenziare come il mondo odierno, globalizzato e altamente competitivo, costringa le aziende industriali a ripensare i propri processi di innovazione e sviluppo, per portare sul mercato il prodotto giusto nel momento giusto. Quanto mai rispetto al passato, il successo di un’impresa industriale dipende dalla propria competenza progettuale e realizzativa, oltre che dall’efficienza con cui essa agisce. In questa epoca post-crisi, creare prodotti di successo permette alle imprese di vincere la competizione e di rimanere sul mercato, dovunque esse siano e operino.
La ricetta per fare prodotti di successo non è però cosa scontata e banale. Non basta fare prodotti che funzionino bene per venderli. Nel mercato dell’iper-offerta, occorre che i clienti riconoscano il valore di un prodotto (tecnico, economico, estetico, sociale, ecc.) per decidere di acquistarlo. Nella definizione del valore, per le imprese nazionali la variabile economica è particolarmente difficile da giocare, vista le lotte impari con le realtà produttive del Far East, mentre rimangono in campo altre possibilità (fare prodotti di alte prestazioni e belli, realizzare sistemi complessi e articolati, offrire soluzioni integrate di prodotto e servizio, ecc.). Oltre a questi spunti di riflessione, è difficile dare indicazioni su quali prodotti realizzare per creare dei successi commerciali, a meno di scendere nelle specificità intrinseche di un settore, o di essere dei guru alla Steve Jobs. Non essendo di questa ultima categoria, e volendo mantenere un taglio sufficientemente generale, adeguato per la maggior parte delle tipologie di industrie, si può però spendere qualche osservazione in più su come le aziende che fanno prodotti di successo si trovino a gestire, organizzare e implementare i propri processi creativi.
Questo è il compito di ricerca che si è dato l’Osservatorio GeCo (Gestione dei Processi Collaborativi di Progettazione, www.osservatorio-geco.it), attivo dal 2012 presso la School of Management del Politecnico di Milano e supportato da altri cinque atenei italiani. Negli ultimi due anni, i ricercatori dell’Osservatorio hanno avuto modo di interloquire con centinaia di aziende, con ricerche, presentazioni e discussioni in giro per l’Italia. Parte dei primi risultati dell’Osservatorio sono già stati discussi su queste stesse pagine. I prossimi paragrafi mirano invece a dare una risposta a domande del tipo: come innovano le aziende di successo? Come gestiscono i propri processi creativi? Quali metodi e strumenti usano?
In particolare, i dati che saranno commentati fanno riferimento a un’estrazione del campione di imprese analizzato nella prima ricerca dell’Osservatorio GeCo. Dal 2012 al 2013, partendo da un data set iniziale di 24.000 imprese, oltre 400 imprese sono state interpellate e ben 103 sono state analizzate in dettaglio, conducendo casi di studio articolati. Le 103 aziende oggetto di studio sono distribuite lungo tutto lo Stivale, snodandosi su quasi tutti i settori industriali del manifatturiero avanzato (dalla meccanica di precisione, all’elettronica, dalla chimica, alla moda di lusso). Sono tutte aziende competitive, con forte propensione all’export e all’internazionalizzazione dei propri mercati. Poco meno del 50% sono Piccole e Medie Imprese.

 

Alla ricerca dei migliori
Le 103 imprese di GeCo sono state sottoposte a benchmark, secondo un modello derivato dall’approccio internazionale CMMI (Capability Maturity Model Integration), denominato nella ricerca CLIMB, basato su 5 livelli (1-Chaos, 2-Low, 3-Intermediate, 4-Mature, 5-Best Practice) e rappresentato dal diagramma radar in Figura 1, diviso in 3 macro-aree e 9 sotto-aree. Il diagramma CLIMB si legge dall’interno all’esterno, secondo soluzioni di maturità maggiore, espresse nei cinque intervalli in percentuale (0-20% = 1, 20-40% = 2, ecc.).
La media del campione (tratto rosso, più interno in Figura 1) dimostra che, in generale, le imprese oggetto di ricerca sono realtà ben strutturate e organizzate, in cui la creatività si sposa con il metodo industriale e l’uso di moderni sistemi informativi (la maggior parte delle aree è sopra il livello 3-Intermediate, a parte una debolezza intrinseca nella sotto-area Formalizzazione, su cui torneremo in seguito). È però andando oltre la media, alla ricerca degli scostamenti, che si trovano argomenti di discussione particolarmente interessanti: circa il 30% del campione (per la precisione 29 imprese sulle 103, la cui media è rappresentata dal tratto verde, più esterno, in Figura 1) presenta prestazioni nettamente superiori nei propri processi di progettazione (con livelli in zona 4-5). Per onestà intellettuale, non ci sono elementi per dire che queste 29 imprese siano nel mercato più di successo delle restanti (che sono comunque aziende competitive): non possiamo dire che fatturano di più, o hanno maggiori quote di mercato, o che innovano più dei competitor. Possiamo però notare e analizzare come i relativi processi di sviluppo e innovazione funzionino meglio, contribuendo certamente al successo complessivo delle imprese.

Figura1
Figura 1 – Radar del modello CLIMB sulle 103 imprese della ricerca (in rosso, tratto interno) e le 29 migliori (in verde, tratto esterno)

Le aziende migliori – ad alta maturità nella definizione della ricerca GeCo – sono imprese di tutte le dimensioni e di diversi settori manifatturieri: per quasi il 50% sono imprese del settore della meccanica di precisione e dell’automazione industriale, anche se non mancano aziende dell’elettronica o della moda. Sono imprese operanti fortemente all’estero con oltre il 70% del fatturato all’estero, focalizzate sulla fornitura di prodotti e servizi di alta-elevata complessità e/o in mercati di forte competizione sul valore aggiunto (non giocano cioè la propria competizione sul mero prezzo di vendita, ma puntano a offrire al cliente il massimo, in termini di prestazioni, personalizzazione, innovazione). Oltre il 40% sono leader di nicchie di mercato, che si sono costruite in anni di competizione internazionale.
Nei propri processi di innovazione, sviluppo e progettazione, sono aziende abituate a lavorare in ottica collaborativa, parallelizzando attività e sfruttando competenze diverse, secondo un modello organizzativo ispirato ai principi del Concurrent Engineering. La metà delle imprese ha in essere processi creativi globalizzati, con parti del processo svolte in sedi diverse, sia in Italia sia all’estero (approccio di Global Product Development).
Analizzando nel dettaglio il tratto verde (esterno) che descrive il comportamento delle imprese ad alta maturità in Figura 1, è possibile descrivere alcuni tratti dominanti, secondo le tre macro-aree del redar CLIMB:
Organizzazione delle strutture e delle risorse di progettazione e sviluppo. Le aziende ad alta maturità eseguono un processo di sviluppo chiaro, strutturato e regolare. Le risorse umane sono allocate ai diversi progetti con attenzione, definendo ruoli e responsabilità (“chi fa cosa e quando”). I progettisti hanno livelli di autonomia progettuale, da gestire nel rispetto di regole chiare, e sono guidati da leader con competenze e potere decisionale adeguati. Le aziende mature normalmente predispongono dei programmi formali di training e adeguamento delle competenze, coordinati da figure esperte, i cui risultati sono valutati sulle performance aziendali. Le fasi progettuali sono quindi organizzate in modo da bilanciare la creatività (tipicamente derivante dalle competenze personali) con il rigore di una struttura industriale, mirata all’efficienza e alla con-divisione dei compiti.
Gestione del processo di progettazione e del suo ‘flusso di scorrimento’. I processi di innovazione sono tipicamente rappresentati come un cono/tubo in cui scorrono progetti fase per fase. Nelle fasi iniziali, di concept, la metafora tipica è quella dell’Innovation Funnel (letteralmente ‘l’imbuto dell’innovazione’), per rappresentare come si esplorino più soluzioni/proposte/progetti, da scremare man mano, verificando le fattibilità tecniche ed economiche. Le aziende best-in-class dell’analisi GeCo mostrano come nei propri processi di sviluppo, i progetti (nuovi prodotti, modifiche, aggiornamenti, ecc.) siano gestiti in modo regolare, nel rispetto di tempi e costi. È normalmente effettuata una ricca analisi all’inizio del funnel, valutando solitamente diverse alternative al fine di massimizzare l’offerta di valore al cliente. L’analisi della concorrenza e una serie di fattori olistici sono spesso considerati nelle fasi iniziali, al fine di realizzare il progetto migliore. In queste aziende, terminata la fase esplorativa, i requisiti e le specifiche sono rispettate, mentre le modifiche in corso d’opera sono rare se non nulle. In generale, si tratta di aziende che promuovono un miglioramento continuo dei propri processi di sviluppo, monitorando periodicamente le prestazioni con un cruscotto complesso di indicatori.
Gestione della conoscenza in progettazione. Intrinsecamente nelle fasi di progetto si crea e di manipola conoscenza (informazioni, dati, disegni, modelli, progetti, ecc.), sia in input sia in output. Tale conoscenza può essere più o meno codificata e la sua gestione può essere più o meno supportata da metodi e strumenti, compresi quelli offerti dalla moderna tecnologia informatica (CAD, database, sistemi di work-flow, ecc.). Le aziende ad alta maturità presentano in tale ambito discrete prestazioni, con un buon livello di informatizzazione. In particolare, ricorrono ampiamente a strumenti di prototipazione virtuale e utilizzano pervasivamente piattaforme di collaborazione e accumulo delle informazioni di progetto, fornendo così conoscenza strutturata ai diversi attori. Mettono poi in essere diverse iniziative per rendere la conoscenza esplicita e trasferibile, così da supportare le decisioni con fonti strutturate e aggiornate. Oltre a strumenti informativi, le imprese ad alta maturità ricorrono più delle altre (ma meno delle aspettative) a metodi e tecniche formali, per standardizzare la gestione della conoscenza.

Quattro elementi di riflessione
Tra i numerosi dati raccolti nell’analisi, ci sono quattro aspetti che ci pare utile commentare rapidamente, per dare una fotografia più puntuale delle imprese e degli scostamenti tra di esse, interessanti per un commento di natura strategico. I quattro aspetti corrispondono alla successive Figura 2, 3, 4 e 5, che andiamo a descrivere.
La Figura 2 riporta (sempre in rosso e verde) il dettaglio degli strumenti informativi utilizzati nelle aziende. Gli strumenti sono stati distinti tra soluzioni di prototipazione virtuale (quindi software a stretto uso e consumo dei progettisti) e tutti gli altri software gestionali, che in qualche modo supportano la collaborazione tra le funzioni aziendali, dai sistemi di Document Management (DM), alle piattaforme di Product Data / Lifecycle Management (PDM/PLM), ai diversi applicativi gestionali (ERP, SCM, CRM, ma anche di Project Management – PM). A colpo d’occhio si nota come il verde (aziende best-in-class) sia sempre sopra il rosso (media di tutte le aziende).

Figura2
Figura 2 – Uso degli strumenti ICT nel campione della ricerca

La Figura 3 offre uno spaccato di analisi più fine. Sono diagrammate due variabili di un certo interesse: (i) la ripartizione tra attività (task) di routine e di innovazione e (ii) l’uso del tempo in progettazione. La prima ci dice che le aziende ad alta maturità dedicano più tempo a fare cose nuove, la seconda ci evidenzia come le stesse imprese dedicano più tempo in attività a stretto valore aggiunto (lo ‘Sviluppo’) a discapito di attività più standard, come il ‘Recupero dati’. Nonostante i processi delle imprese best-in-class siano un po’ più burocratizzati e richiedano un maggior sforzo di documentazione, tutto questo non va a svantaggio del lavoro umano, che risulta fondamentale (21,2% del tempo speso per condividere esperienze con i colleghi, 2 punti % in più rispetto alle restanti imprese, con quasi un 10% di incremento relativo!).

Figura3
Figura 3 – Attività e utilizzo del tempo nei processi di progettazione

Combinando i dati delle Figure 2 e 3, in estrema sintesi, è possibile sostenere che le imprese migliori si sono dotate di strumenti avanzati, che richiedono loro di spendere un po’ di risorse per gestire e documentare le attività di sviluppo, ma che ampliano la complessiva capacità creativa: le aziende ad alta maturità si trovano a dedicare maggior tempo ai task più innovativi (potremmo dire – con un volo un po’ pindarico e una non perfetta etica professionale – che fanno più innovazione) e hanno più risorse libere da concentrare sulle attività di maggior valore, senza alcun detrimento verso la dimensione umana. Non si tratta quindi di aziende ‘robot’, che tolgono lavoro alle persone per darlo ai calcolatori, ma bensì di aziende moderne, che traggono il meglio dai propri tecnici e progettisti, fornendo loro strumenti avanzati, capaci di codificare la conoscenza generata, da riutilizzare in futuro.
Le Figure 4 e 5 forniscono ulteriori elementi di discussione. La prima mostra come le imprese vivono i tipici problemi della progettazione, la seconda i benefici che le imprese hanno registrato nei propri processi di sviluppo a seguito di interventi migliorativi. Ancora una volta si riesce visivamente a notare la differenza tra aziende ad alta maturità (barre verdi degli istogrammi) e il resto del campione (barre rosse). Le due figure hanno un che di karmico.

Figura4
Figura 4 – Problemi nei processi di progettazione

Non esiste un mondo senza problemi, ma i migliori ne hanno di meno (il verde è comunemente più basso del rosso, occorre solo accettare un po’ di struttura in più, in ottica zen). Fuori di metafora, le aziende best-in-class hanno processi più organizzati e meglio gestiti, e ciò gli permette di registrare minori problemi. Il mondo della progettazione resta comunque un contesto burrascoso, in cui la creatività talvolta genera entropia, che porta problemi. Le aziende migliori hanno deciso – più delle altre – di lavorare per gestire l’entropia e trarre il massimo dai propri processi di innovazione.
Figura5

Figura 5 – Benefici registrati nei progetti di miglioramento dei processi di progettazione

Allo stesso tempo, tutti possono guadagnare qualcosa se si propongono di migliorare (Figura 5), ma i migliori ne beneficiano di più (il verde è sempre più alto del rosso). Tutti possono migliorare, facendo ristrutturazioni organizzative, dotandosi di nuovi mezzi, rivedendo i processi, ecc. Quelli che lo hanno fatto con più forza e convinzione, ottengono di più. Come anticipato in incipit, non possiamo oggi dire che i migliori fatturano di più, hanno prodotti più belli, ecc. Possiamo però dire che esistono modus operandi diversi, di maggior maturità, che permettono di gestire meglio l’impresa (meno problemi) con maggior soddisfazione (più benefici).

Conclusioni
I risultati commentati nell’articolo derivano da quasi due anni di ricerche, svolte a diretto contatto con le imprese, nel rispetto del metodo scientifico. Come tutte le ricerche empiriche sociali, i risultati hanno un limite di generalizzazione, ma non per questo non possono dare spunti di riflessione, cui ispirarsi. Oltre a quanto già sopra commentato, vi è un punto su cui vorremmo invitare a ragionare, che ha quasi una dimensione sociologica. La ricerca – nei suoi numeri e nelle sue persone – ci ha mostrato che il mondo delle imprese non è cristallizzato, non c’è un solo modo di fare impresa e nello specifico di fare e gestire l’innovazione. Ci sono però dei fattori ricorrenti, che alcune aziende – più mature delle altre nel nostro modello di valutazione accademico – hanno coscientemente deciso di fare propri. Si tratta di imprese che hanno coscientemente deciso di non stare ferme, che hanno messo mano ai propri processi creativi e progettuali e li hanno trasformati – spesso anche in modi radicali – costruendosi ricette proprie, ma non troppo diverse. Hanno aumentato la collaborazione tra le proprie risorse, si sono dotate di strumenti informativi avanzati, hanno aumentato la propria capacità innovativa, spesso riducendo costi, sprechi e problemi. Sempre dalle nostre indagini, sappiamo che spesso i ‘percorsi di modifica’ intrapresi da tali imprese non sono stati semplici, hanno subito cadute e di errori ne sono stati certamente commessi. Ma almeno queste imprese si sono mosse, e sono qui – nel draconiano contesto della competizione odierna – a raccontarci la propria storia di successo, fatta di progetti, processi e prodotti. A noi questo pare un ‘piccolo’ grande spunto di riflessione.

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FabbricaFuturo è il progetto di comunicazione rivolto a tutti gli attori del mercato manifatturiero (responsabili delle direzioni tecniche, imprenditori e direzione generale, responsabili organizzazione e HR) che ha l’obiettivo di mettere a confronto le idee, raccontare casi di eccellenza e proporre soluzioni concrete per l’azienda manifatturiera di domani.

Nasce nel 2012 dalla rivista Sistemi&Impresa come reazione alla crisi finanziaria del 2011. Negli anni il progetto è cresciuto significativamente, parallelamente alla definizione di politiche pubbliche in ambito industria 4.0 (Piano Calenda e successivi).
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