Industria 4.0, Samaritani: “Competenze digitali per competere”

Antonio Sama­ritani, Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale

In Italia bisogna “favorire l’affermazione di una nuova cultura digitale e preparare nuove competenze e qualificazioni”. È l’orizzonte indicato dall’Osservatorio sulle competenze digitali presentato a giugno 2017 dall’Agenzia per l’Italia Di­gitale e dal Ministero per l’Istruzione, l’U­niversità e la Ricerca insieme con Aica, Assinform, Assintel e Assinter Italia, nel quale si descrivono i nuovi profili profes­sionali e i percorsi per formarli, ma si evi­denziano anche i gap dello scenario at­tuale e le domande che il nostro sistema formativo lascia ancora senza risposta.

In particolare, secondo i ricercatori, l’of­ferta aziendale di formazione o aggior­namento verso le competenze digitali è insoddisfacente in tutte le professioni e la diffusione della cultura digitale risulta molto eterogenea. Per quanto riguarda, in particolare, le professioni dell’ICT, le aziende non riescono a soddisfare il fab­bisogno di laureati con competenze stra­tegiche e in aree tecnologiche emergenti, a fronte di un eccesso di diplomati ICT.

L’Osservatorio propone quindi interventi di tipo orizzontale e verticale. Bisogne­rebbe infatti diffondere la cultura digita­le e competenze digitali di base in tutto il sistema educativo, compresi i percorsi di studio universitario non ICT. Parallela­mente, chiede di “aumentare la pipeline” di laureati e specialisti ICT, attivando di­verse leve per “aumentare gli studenti nel­le facoltà ICT, allineare percorsi di studio e interdisciplinarità, incoraggiare l’impren­ditoria digitale, impostare una strategia per la mobilità delle professioni ICT”.

Per avvicinare domanda e offerta, si ipotiz­zano maggiori flussi informativi sul mer­cato delle professioni ICT, nuovi canali di selezione digitali e un “maggiore coinvol­gimento delle aziende nei percorsi di for­mazione e più offerte di apprendistato, più incentivi per l’upskilling della forza lavoro ICT e più network collaborativi di filiera”.

Anche alla luce dei risultati dell’Osserva­torio, abbiamo chiesto ad Antonio Sama­ritani, Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale, che partita sta gio­cando l’Italia sulle competenze digitali, cosa perdiamo restando indietro e quali opportunità coglieremmo mettendoci al passo con i tempi.

Qual è il posizionamento dell’Italia rispet­to alle competenze digitali?

Le competenze digitali sono un fattore strategico per la competitività di qualsi­asi sistema socio-economico. L’Italia è rimasta ferma molto tempo, non riuscen­do a sfruttare pienamente le potenzialità offerte dal digitale. Oggi dobbiamo recu­perare il ritardo accumulato accettando la sfida del cambiamento e agendo su più fronti, non solo quello strettamente tecnologico, ma anche culturale e sociale per promuovere un reale cambiamento delle abitudini dei cittadini e delle impre­se. Il contesto italiano presenta ancora elementi di criticità. Secondo il Digital Economy and Society Index 2017, solo il 69% della popolazione italiana usa In­ternet abitualmente. Tuttavia in questi ultimi anni si sono registrati i primi im­portanti progressi soprattutto per quan­to attiene all’utilizzo di Internet da parte delle istituzioni come strumento di co­municazione con i cittadini.

L’E-gov survey pubblicato a fine 2016 – che fotografa il grado di sviluppo digitale dei 193 Governi aderenti all’ONU – inserisce l’Italia tra i Paesi con il più alto e veloce tasso di sviluppo di E-government. Oggi lavoriamo per fare in modo che la Pubbli­ca amministrazione, nel creare soluzioni e piattaforme, opportunità di mercato e modernizzazione dei processi, possa di­ventare un volano per tutto il Paese.

Il mondo delle imprese come sta rispon­dendo a questo scenario?

Sul fronte delle imprese si registra an­cora una tendenza alla polarizzazione: ci sono alcune aziende, soprattutto le grandi, reattive e capaci di intercetta­re le opportunità offerte dal digitale e altre, in particolare le piccole e medie, che troppo spesso restano ancorate alla dimensione analogica del proprio business, forse non percependo a fon­do il cambiamento epocale. Secondo l’ultimo report dell’Osservatorio per le competenze digitali, nel triennio 2016- 18 la richiesta di professionisti ICT è cresciuta mediamente del 26% su base annua, con picchi del 90% per le nuo­ve professioni legate alla trasformazione digitale. Ciò significa che si sta creando una domanda forte anche da parte delle imprese, ormai sempre più consapevoli del fatto che è soprattutto l’evoluzione digitale dei propri modelli organizzativi e di business a diventare necessaria per aumentare la competitività.

Con un digitale in continua e rapida evo­luzione non si rischia di puntare alla crea­zione di competenze che nel giro di qual­che anno potrebbero risultare superate?

Sicuramente la rapida evoluzione del di­gitale porta con sé una veloce e altrettan­to continua trasformazione delle compe­tenze richieste dal mercato del lavoro. È chiaro che per governare al meglio que­sta dinamica occorre rafforzare la col­laborazione e il dialogo tra scuola, uni­versità, imprese e associazioni. Stando alle ultime rilevazioni dell’Osservatorio, il mondo accademico sta ampliando la propria offerta formativa per creare figu­re professionali specializzate in Big data, Data Science e Cybersecurity che possa­no dunque rispondere alle nuove esigen­ze del mercato. Si fanno passi avanti, ma c’è bisogno di un’accelerazione.

In questo contesto, qual è il ruolo del pia­no triennale per l’informatica nella Pub­blica amministrazione?

Stiamo vivendo un periodo storico di grandi trasformazioni e discontinuità, non a caso si parla di quarta rivoluzione industriale. Dalle grandi trasformazioni emergono nuove istanze che impongono un cambiamento radicale dei modelli di relazione tra cittadini, amministrazioni e mercato. Per affrontare questa ‘sfida’ è nato il Piano Triennale per l’informatica pubblica, lo strumento di programmazio­ne strategica ed economica che guiderà la trasformazione della Pa nei prossimi anni. Il piano definisce le linee operative di sviluppo della transizione digitale at­traverso un modello chiaro che compren­de anche la gestione degli investimenti pubblici in ICT. Abbiamo avviato un per­corso che non avrà una fine ma continui sviluppi, all’interno di questa cornice in continuo aggiornamento si svilupperan­no anche competenze e nuovi modelli organizzativi.

Per approfondire gli altri temi emersi durante l’intervista ad Antonio Samaritani, leggi il numero di Aprile 2018 di Sistemi&Impresa.
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