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Berto Industria Tessile, tra tradizione e sostenibilità

Produzione_tessile
Non si può immaginare un modo diverso di fare innovazione se non quello fondato su un grande passato, sul mantenere la tradizione, sulla cultura del fare, conciliando i principi della sostenibilità. A quest’ultimo principio si unisce quello, altrettanto importante, del Made in Italy, non inteso solo come lo stile italiano, bensì come continuità di filiera, rispetto dell’ambiente di lavoro e del territorio. Sono concetti importanti per il settore manifatturiero italiano e che accompagnano da sempre la famiglia Berto nel suo modo di fare impresa. Nata nel 1887 a Bovolenta, una piccola città in provincia di Padova, Berto Industria Tessile è stata fondata dai fratelli Giuseppe ed Egidio Berto. Il legame con il territorio è stato fortissimo sin da subito: sono l’innovazione e lo sviluppo che proteggono e salvaguardano l’ambiente (l’azienda si trova vicino alla laguna veneta). A questo proposito, il concetto di circolarità oggi è messo in primo piano. “Ci definiamo gli ‘artigiani del Denim’ uniamo le conoscenze delle filature Italiane con la nostra capacita di tingere, tessere e finire, realizziamo i prodotti insieme con il cliente. Gran parte di ciò che vendiamo sono articoli fuori collezione; molti, infatti, decidono di customizzare i prodotti”, racconta Flavio Berto, Titolare di Berto Industria Tessile.

Le criticità del mondo manifatturiero

In questo contesto, sono diverse le sfide che si trova ad affrontare l’impresa in questo periodo incerto (si pensi agli sconvolgimenti geopolitici). “Una su tutte, è quella di essere un’azienda di produzione in un Paese in cui sono messe barriere, burocratiche e di costi”, precisa Berto. Ecco perché si cerca di ottimizzare i processi produttivi e di ridurre i consumi. “Stiamo vivendo un cambio epocale: si passa dalla mass production – cioè incentrare la produzione sulla quantità – a una focalizzata più sulla qualità. Non è facile, perché talvolta le richieste superano la capacità delle linee di produzione, che sono strutturate per puntare a realizzare gli standard di mercato”, sostiene Berto. Un’altra sfida è quella che l’imprenditore chiama “demonizzazione” del lavoro manifatturiero: siamo in una situazione in cui ci sono poche persone disposte a lavorare in fabbrica. “Oggi i meccanici o gli operatori di macchina sono difficili da reperire. Abbiamo avuto un boom di lavoro negli ultimi mesi e siamo alla ricerca di figure competenti, ma fatichiamo a trovarle al punto di dover snellire dei reparti per potenziarne altri”, dice Berto. Se le multinazionali possono permettersi di fare formazione, ciò è più complicato per le aziende piccole che, spesso, non dispongono delle risorse per colmare il divario di competenze. “Occorre appoggiarsi a organismi esterni, però sono costi che si aggiungono a quelli già noti; inoltre, di solito i ragazzi che frequentano gli istituti tecnici hanno già un percorso programmato e chi frequenta l’università si dirige verso percorsi manageriali”, è il pensiero di Berto. Se poi si vuole partire da zero, investendo su risorse senza competenze, la battaglia diventa ancor più grande, in quanto le aspettative economiche sono le stesse delle persone formate. Talvolta non serve solo il titolo di studio, ma anche competenze che si apprendono con l’esperienza.

Le cinque “R” della sostenibilità

Per affrontare le diverse sfide, Berto utilizza un approccio denominato le “cinque R”: la prima coincide con il “rispetto” per l’ambiente, le persone ed il territorio. “Oggi, la salvaguardia del territorio è diventata un mantra nel mondo della Moda; inoltre, facciamo molta attenzione a come bilanciamo le persone in azienda – oltre il 50% del personale è donna – e sosteniamo il concetto di fare riferimento alle capacità di ognuno. La seconda parola è “riduci”: è importante consumare il meno possibile e ridurre i prodotti chimici, l’energia o il calore; ma la diminuzione degli sprechi passa anche dal concetto di trovare fonti di approvvigionamento il più vicino possibile e studiare processi che permettano di ridurre al minimo essenziale qualsiasi impatto. “Siamo un’azienda energivora e, in una situazione di rincari, abbiamo faticato a gestire le criticità; i costi sono molto alti e hanno impattato fortemente su di noi. Per questo, ci siamo ingegnati per ridurre l’utilizzo di energia con cicli nuovi di produzione. Questo ci ha permesso di vedere un nuovo modello produttivo che ci consente di calmierare gli aumenti attraverso il miglior utilizzo di tutte le risorse. Un vincolo ci sta portando verso nuove visioni”, rivela Berto. “Riparare” è un altro concetto che caratterizza la produzione dell’azienda. “Se ci sono difetti o errori in un prodotto, non lo buttiamo, ma cerchiamo di ripararlo, aiutando anche il cliente, se necessario. Gli scarti per noi sono un costo non indifferente”, spiega l’imprenditore. A questo, si collega la quarta parola: “riuso”. “Cerchiamo di riutilizzare tutti gli scarti, sia in termini di materie, come quelli della tessitura, sia energetici (sfruttiamo il vapore e l’acqua calda)”. È così che si arriva all’ultimo tassello, facendo riferimento al “riciclo”; infatti, l’azienda ha una forte impronta al recupero delle materie: “Abbiamo un depuratore nostro, non comunale, e il 70% dell’acqua depurata è reinserita nel processo produttivo. Parte dei nostri scarti di filati viene riciclata e trasformata in materiali da utilizzare nuovamente; a oggi abbiamo articoli con oltre il 70% di cotone riciclato da nostri scarti di lavorazione”. Ma da cosa deriva questo approccio? “Abbiamo controlli che valutano il nostro lavoro e ci costringono a essere precisi; ma in ogni caso, il nostro pensiero non nasce da esigenze di marketing, ma dall’aspetto finanziario. Viviamo in una Nazione avversa al mondo al manifatturiero, ma la amiamo. Quindi per produrre qui dobbiamo ottimizzare ogni singolo processo e dunque anche i costi”, spiega Berto. Il ritorno economico è garantito nel momento in cui non solo si utilizza meno materia, ma la si sfrutta anche al meglio: “Se si ragiona in quest’ottica, si hanno dei risparmi. Certo, magari non si vedono in modo diretto, perché i processi che svolgono la procedura del riciclo hanno un costo, ma l’impatto sul lungo termine è sicuramente significativo”. Il cliente non sempre comprende questo meccanismo: “Tuttavia è interessato quando gli si racconta il processo retrostante”. Sostenibilità, attenzione per le persone e per l’ambiente sono i pilastri fondanti di una cultura basata sul rispetto.

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Federica Biffi

Laureata magistrale in Comunicazione, Informazione, editoria, classe di laurea in Informazione e sistemi editoriali, Federica Biffi ha seguito corsi di storytelling, scrittura, narrazione. Si occupa prevalentemente di tematiche riguardanti la sostenibilità, l'innovazione tecnologica, l'uguaglianza, l'inclusione, anche in ambito digital e social, contribuendo a divulgare contenuti per giornali e siti web. Appassionata di cinema, ha lavorato nell'ambito della comunicazione e collabora con la casa editrice ESTE in qualità di redattrice.