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Dal plant connesso al plant predittivo

| Alessandro Gastaldi |

Analizzare in modo ecosistemico tutti i processi dell’organizzazione: è questo uno degli obiettivi delle aziende in questo particolare momento storico dominato dalle incertezze. Nel corso del tempo, lo studio dei dati relativi alle attività è cambiato, introducendo, accanto ai numeri, due concetti complessi da quantificare: l’idea di capitale umano e quella di valorizzare le informazioni. In questo caso un utile parallelismo può chiarire il concetto. L’evoluzione di molte discipline sportive negli ultimi decenni, per esempio, è stata caratterizzata dalla maggiore importanza dello studio dei parametri legati a vari aspetti atletici. E proprio l’analisi e la sintesi dei dati che trasforma l’attività in performance.

C’è, infatti, una grande differenza tra l’accontentarsi della semplice esecuzione di un esercizio e l’approfondimento dell’attività analizzandone i risultati. Lo sanno bene, per esempio, i runner: è ben diverso limitarsi a correre una distanza oppure farlo mentre si calcolano velocità, passo al chilometro, battito cardiaco… È in questo caso che si può parlare realmente di performance, perché con l’analisi dei dati si può ripercorrere la prestazione e pianificarne l’eventuale ottimizzazione e il miglioramento.

L’evoluzione del Performance management

In ambito aziendale il concetto, pur noto, non è ancora stato particolarmente esplorato. Ma proprio per questo sarebbe fondamentale l’utilizzo di un sistema informativo preposto alla misurazione di uno o più processi aziendali: il Performance management system (PMS), infatti, risulta cruciale per la programmazione strategica del futuro dell’impresa e per la sua sostenibilità. “Se analizziamo quanto accaduto negli ultimi decenni, ci rendiamo conto che il concetto di ‘performance aziendale’ è rimasto pressoché invariato nelle sue varie componenti; con difficoltà, infatti, riusciamo a svincolarci dal classico modello organizzativo suddiviso in aree funzionali e ciò imbriglia l’evoluzione e la diffusione di questi strumenti”, racconta Massimo Trifirò, Business Unit Manager di Hermes Reply, l’azienda del gruppo Reply specializzata in soluzioni architetturali e tecnologiche, servizi di Application Maintenance per il settore Automotive & Manufacturing e servizi di consulenza manageriale.

La suddivisione per silos (Acquisti, Produzione, Vendite, Ricerca e Sviluppo, ecc.) non permette appunto di ragionare in senso organico ed ecosistemico e quindi il processo di gestione delle performance risulta, in questi casi, influenzato dalla mancata correlazione dei fattori. Per esempio: se le vendite sono in flessione, chi ne è il responsabile? Il Marketing che non ha promosso opportunamente i prodotti? Oppure la Produzione che non ha lavorato con la qualità necessaria? O ancora le Risorse Umane che non hanno reclutato le persone sufficientemente qualificate per svolgere l’attività? E se ci fosse una responsabilità condivisa perché c’è un contesto sfavorevole?

Come riferisce Trifirò, nell’ultimo decennio è stata acquisita maggiore consapevolezza verso la valutazione delle performance che necessita di progettazione sinergica tra processi, tecniche e strumenti: “Oramai anche nelle medie imprese l’investimento in soluzioni di questo tipo è considerato al pari di una nuova linea produttiva o di un nuovo macchinario. Potrebbe apparire ovvio, ma è bene considerare che, in particolare le Piccole e medie imprese (PMI) italiane, sono ancora spesso legate al vincolo di investire in soluzioni tangibili piuttosto che in software intangibili”.

Dalla gestione dei costi a quella strategica

Iniziare a considerare i processi da valutare in modo più ‘olistico’, quindi facendo rientrare vari aspetti come anticipato, oltre a contribuire all’evoluzione del senso stesso della valutazione delle prestazioni, ha portato al consolidamento di nuovi sistemi, strumenti e modelli. Non si dimentichi, infatti, che il PMS è nato nella funzione Contabilità, dove l’obiettivo primario era il controllo dell’incidenza dei costi nella produzione di beni e servizi. La sensibile variazione delle logiche di mercato e il suo effetto sulle aziende ha imposto un’evoluzione dei sistemi di valutazione evoluti da tipologie di controllo cost a quelle non-cost, ovvero riguardanti caratteristiche tecnologiche e umane, che pur di natura operativa hanno un’importante rilevanza strategica.

“Per chiarire meglio questo passaggio, è utile dare uno sguardo agli indicatori cui le tipologie di sistemi cost e non-cost si riferiscono. I primi si focalizzano sui costi di manodopera, energia e materiali, del capitale, della progettazione e della produzione, I sistemi non-cost si focalizzano sui tempi di lavorazione e attrezzaggio, quelli di attesa e movimentazione dei materiali e dei prodotti, i tempi di approvvigionamento e di distribuzione, il time-to-market, la qualità prodotta e percepita, la qualità in ingresso e così via”, illustra Trifirò, spiegando come l’evoluzione sia fondamentale nella sfida alla competitività delle Manifatture nel nuovo contesto globale.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Settembre 2023 di Sistemi&Impresa.
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