Dig.Eat 2019, la digitalizzazione passa da una maggiore consapevolezza

| Ludovica Liuni |

Etica, innovazione, rispetto. E ancora: consapevolezza, bene comune, partecipazione. Sono queste le parole chiave del DIG.Eat 2019, evento organizzato da Anorc (Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione Digitale), giunto alla sua 12esima edizione; un’occasione preziosa per fare il punto sullo stato della digitalizzazione in Italia e per coinvolgere nel dibattito player e protagonisti del settore.

Il tema analizzato quest’anno è vario e spazia dal Digital divide alla riforma della Pubblica amministrazione, fino alla gestione elettronica dei documenti. Il comune denominatore, però, sembra essere il ritardo. In tutti i settori, infatti, il nostro Paese vive una fase di stallo, spesso causata dalla difficile applicazione delle normative vigenti.

Il DIG.Eat 2019 guarda al dark side of the moon, prendendo spunto dal celebre album dei Pink Floyd, ovvero al racconto del lato oscuro del digitale, cercando di fare luce sulle questioni più spinose. “Oggi quasi tutti hanno un’identità sul web e questo influenza le nostre scelte, spesso in modo del tutto inconsapevole”, dice Andrea Lisi, presidente di ANORC Professioni e ideatore del DIG.Eat.

I nostri dati personali, i nostri gusti e i nostri profili sono accessibili a tutti e questo ci rende delle prede più che allettanti per i grandi gruppi economici: “Tutto questo è pericolosissimo, proprio perché non è controllabile. Di certo non dai cittadini, che passivamente subiscono questo processo, né dagli Stati, che difficilmente riescono a contrapporsi a questa evoluzione”, spiega. L’ultimo baluardo resta l’azione dell’Unione europea, “non indirizzata ovviamente a frenare la tecnologia e la sua portata rivoluzionaria, ma mirata a orientare tali tendenze in modo da non mettere in discussione i principi su cui abbiamo fondato le nostre radici, come la tutela del dato personale e l’integrità della memoria”.

I cittadini, dal canto loro, possono cercare di approfondire le loro competenze digitali, diventando utenti più consapevoli. L’importante, però, è non lasciare indietro nessuno e supportare adeguatamente tutti in questo cammino. Lo sa bene Luca Attias, Commissario Straordinario per l’attuazione dell’Agenda Digitale e una delle menti dell’edizione 2019 del DIG.Eat, la cui analisi ha sottolineato come negli ultimi decenni “gli interventi nella Pubblica amministrazione, volti a semplificarne i processi e l’accessibilità, abbiano avuto esiti opposti alle attese”. Tra i problemi principali ha elencato “la mancanza di valorizzazione delle competenze, che porta ad avere impiegati scontenti e insoddisfatti, e l’assenza di meritocrazia”. Attias ha parlato anche di “tsunami burocratico, spesso privo di senso”, facendo riferimento alle numerose norme sul digitale presenti nel nostro Paese.

Servono investimenti sui nativi digitali

I problemi, però, non riguardano solo la Pubblica amministrazione, ma si riflettono su tutta la società. A partire dai bambini e dai ragazzi: i cosiddetti nativi digitali rischiano di restare sempre digitalmente inconsapevoli. Secondo Attias “non si investe ancora nell’ambito dello sviluppo delle loro competenze in materia né su quelle comportamentali, necessarie per un’adeguata gestione delle tecnologie”. Un monito importante, visto che i ragazzi passano molto tempo in Rete. Attias parla anche di “un’emergenza digitale” piuttosto urgente. Il Digital divide, infatti, è una questione che continua a preoccupare.

L’Istat se ne è occupato nel rapporto “Internet@Italia2018”, delineando un quadro di grandi differenze tra le varie fasce di età. Nel 2017, infatti, solo il 10,4% dei nati tra il 1926 e il 1945 faceva un uso regolare di internet, contro l’86,1% dei nati tra il 1981-1995, meglio conosciuti come Millennial. Ma la vera partita si gioca sul campo delle competenze digitali, che vanno dalla comunicazione alla risoluzione di problemi, passando per l’informazione e la creazione di contenuti. Il 69% di coloro che accedono alla Rete solo tramite smartphone hanno uno scarso – se non nullo – livello di conoscenze; mentre quasi il 50% degli intervistati che ha dichiarato di non navigare su internet ritiene di non saper usare i dispositivi o ammette di aver avuto delle difficoltà che hanno portato a desistere.

Un tema, questo, particolarmente discusso nell’ambito del DIG.Eat; secondo Attias, infatti, “tantissime persone hanno lo smartphone e un profilo su Facebook, ma pochi sanno utilizzare le tecnologie in modo realmente utile”. A mancare è “un’intelligenza collettiva, che coinvolga tutti in questo percorso: anziani, bambini, persone diversamente abili, disoccupati”.

È per questo che il Team per la Trasformazione Digitale ha lanciato l’iniziativa “Repubblica digitale”, dedicata a rendere i servizi pubblici digitali davvero accessibili a tutti, in modo da non creare ulteriori disparità e ridurre la disuguaglianza. Un viaggio lungo, da compiere “con uno spirito etico, perché la mia esperienza personale mi ha insegnato che con un approccio di questo tipo si raggiungono risultati più durevoli e si crea un’ambiente di lavoro sereno”, conclude Attias.

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