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L’Agile per l’innovazione digitale delle aziende

Il lavoro di squadra, la capacità di adattamento, l’approccio sperimentale, la Customer e l’Employee centricity, i nuovi modelli organizzativi e di leadership: sono questi gli elementi chiave da introdurre in azienda, o su cui lavorare, per intraprendere un percorso di trasformazione Agile. La strada verso questa nuova capacità di adattamento da parte di organismi complessi come le organizzazioni è difficile e merita una profonda riflessione prima della partenza, in modo da dotarsi delle giuste risorse, competenze e attitudini per compiere il viaggio.

Se attivare un piano di cambiamento Agile è relativamente semplice, non mollare di fronte ai primi inevitabili ostacoli, è la vera sfida. Occorre essere pronti ad affrontare un’elevata resistenza a tutti i livelli aziendali, occorre investire risorse nell’evoluzione di pratiche consolidate e diffuse da anni, occorre misurare gli impatti generati e aggiustare continuamente la rotta.

Motivazioni e obiettivi del cambiamento devono essere definiti

Definire in modo chiaro le motivazioni e gli obiettivi del cambiamento è il primo passo da compiere, può sembrare un’azione ovvia, ma è tra le più complesse che ci si trova ad affrontare; d’altronde iniziare un viaggio senza scegliere una meta precisa può risultare rischioso, almeno nel contesto aziendale.

È importante interrogare i diversi stakeholder (Top e Middle management) e definire cosa ci si aspetta dall’introduzione delle nuove pratiche agili di lavoro: aumento della produttività, riduzione dei tempi di rilascio del software, incremento della qualità delle soluzioni tecnologiche, aumento della soddisfazione di clienti e dipendenti? Il tempo speso in questa complessa azione di scansione delle attese è sempre ben investito! È solo grazie alla definizione a priori del perimetro di azione e alla traduzione delle ambizioni in indicatori specifici che, monitorando i risultati (per esempio, tramite gli Objective key results, OKR), si ha prova dell’efficacia del percorso o della necessità di cambiare traiettoria; inoltre, oggettivare i risultati protegge da valutazioni estremamente soggettive o parziali o strumentali.

In questa prima fase è facile arenarsi: temere di non avere le idee sufficientemente chiare per tradurre in numeri le proprie aspettative e mollare, sposta questo sforzo di chiarimento degli obiettivi a una fase successiva. Il timore di sbagliare è naturale, ma meglio avere degli indicatori da rivedere e aggiustare, piuttosto che non averne affatto.
Il rischio di chiarire obiettivi e relativi indicatori solo dopo aver avviato il percorso è quello di cercare poi conferma della bontà di quanto fatto scegliendo solo metriche che validino il lavoro svolto, rendendo di fatto inutile e inefficace il sistema di monitoraggio.

Nei percorsi di trasformazione è importante definire a monte il perimetro d’azione e i risultati attesi: ciò permette di auto-diagnosticare l’impatto dell’iniziativa, rivedere le azioni per ottenere maggiore efficacia ed evitare di essere trasportati dalle emozioni (sia di eccessiva positività sia di completa negatività) e dall’auto-celebrazione. Sessioni aziendali dedicate a questo sono una pratica a cui non si deve rinunciare.

Come procedere? Un esempio è selezionare le direzioni maggiormente impattate dalla trasformazione agile (per esempio Informatica, Operations, Business Unit, HR) e intervistarne i Direttori e/o i diretti riporti, predisponendo un questionario e una dashboard con alcuni indicatori (di tempo, costo, qualità, produttività) per facilitare il colloquio e per evitare il “blocco da foglio bianco”.

Al termine delle interviste, la condivisione con tutti gli stakeholder coinvolti è un passaggio che consoliderà il lavoro e garantirà trasparenza e ingaggio.
In questa fase si testa anche il sistema di monitoraggio da applicare, la sua possibile diffusione e maturità; ciò è alla base della cultura Data driven, cioè guidata dai dati, un altro elemento dell’agilità, che ci suggerisce di prendere le decisioni sulla base di informazioni oggettive e non su percezioni, sensazioni o prassi. Per esempio, interrogarsi su quale sia il fabbisogno informativo del Product owner, in termini di dati, informazioni, insight, dashboard, supporti decisionali, ecc., può essere un modo molto efficace per concretizzare questo orientamento Data driven: si è forse più abituati a pensare al Product owner come risolutore di problemi di business altrui, molto meno come destinatario egli stesso di sistemi di data analytics.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Marzo 2023 di Sistemi&Impresa.
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