Legge di Bilancio 2023: siamo già ai titoli di coda di Industria 4.0?

Il Piano nazionale Industria 4.0, nato nel 2016, è stato un punto di svolta nella storia recente delle politiche industriali italiane: è stato, in sintesi, il tentativo di strutturare un progetto unitario e a lungo termine dopo molti anni dall’ultimo programma nazionale di rilancio industriale. Nel tempo, però, il Piano è mutato per adattarsi alle dinamiche e alle necessità imposte dal contesto economico internazionale, fino ad adottare la denominazione di Transizione 4.0.Il nome scelto è esplicativo: l’industria italiana ha bisogno di passare dai modelli obsoleti del passato ai nuovi paradigmi tecnologici e digitali che, si presume, guideranno i mercati del futuro. Rispetto a molti altri Paesi, però, siamo, in ritardo sulla tabella di marcia: il Digital economy and society index (Desi) 2022 dell’Unione europea (Ue) – è l’indice sviluppato dalla Commissione europea per misurare la performance digitale dei Paesi Ue– infatti, ci colloca al 18esimo posto nella classifica della digitalizzazione dell’economia e della società, appena davanti alla Repubblica Ceca e superati dalla Lituania. Nonostante gli auspici del mondo industriale italiano che auspicava un rifinanziamento del Piano, l’azione del nuovo Governo sembra andare in una direzione opposta rispetto al passato sulla questione: l’approvazione della legge di Bilancio 2023 ha, infatti, preso alla sprovvista le imprese perché, alla fine, i tagli all’iniziativa non sono stati evitati e questa situazione rischia di costringere le aziende a riprogrammare i progetti industriali.

Dimezzate le aliquote sui beni materiali

Alla vigilia della pubblicazione del testo in Gazzetta Ufficiale, imprenditori e analisti si aspettavano – anzi auspicavano – una proroga (o almeno una modifica) delle aliquote sui crediti d’imposta (ovviamente in meglio) che, fino al 31 dicembre 2022 erano nell’ordine del 40%, 20% e 10% in base al valore dell’investimento sui beni strumentali materiali (numeri diversi per i beni immateriali). Il piano prevedeva che nel 2023 queste percentuali sarebbero state dimezzate: tuttavia, questo automatismo poteva essere evitato proprio attraverso una modifica (non effettuata) in legge di Bilancio. Nonostante ciò, è importante segnalare come la proroga delle scadenze di consegna dia ancora un po’ di tempo alle imprese per godere delle aliquote del 2022: per ottenere questi benefici, i beni devono essere consegnati entro il 30 settembre 2023, ma l’ordine deve essere già stato accettato entro il 31 dicembre 2022 e, sempre entro questa data, almeno il 20% del costo d’acquisizione deve essere già stato saldato. Insomma, i vantaggi valgono solo per chi, oltre a pianificare, ha già iniziato a dare concretezza alle iniziative. Anche questo aspetto, però, provoca un certo malcontento nelle aziende italiane, che speravano nel 31 dicembre 2023 come data di scadenza per accedere alle vecchie aliquote (questo limite era stato indicato nel decreto Milleproroghe, ma di fatto ignorato nella legge di Bilancio).

Tagli anche per i software 4.0

Un altro taglio importante riguarda gli investimenti in beni immateriali. Nel 2022, l’aliquota al 50% ha avuto un ruolo da propulsore per l’acquisto di software 4.0, ritenuti un tassello fondamentale per la transizione digitale delle imprese. Anche in questo caso, però, il mancato intervento in legge di Bilancio si è tradotto nella decurtazione dal 50 al 20%. Al momento del lancio del Piano, la leva principale di Industria 4.0 che stimolava l’interesse delle aziende era rappresentata dal credito d’imposta sui cosiddetti beni strumentali materiali: come riportato da Federmacchine, nel quadriennio 2012-15 gli investimenti in macchinari valevano 70 miliardi di euro; nel quadriennio 2020-23, invece, nonostante la pandemia, la guerra e l’inflazione, gli investimenti raggiungeranno quota 112 miliardi di euro (considerando anche le previsioni sul 2023). Questo incremento del 59% è da imputare proprio al Piano che, grazie a sostanziosi incentivi, è riuscito a spingere la crescita dell’industria italiana e del Pil.
Ma se sul fronte dell’hardware si sono compiuti importanti passi avanti, ora è fondamentale tutelare lo sviluppo di sistemi digitali e di software all’avanguardia per realizzare concretamente i principi del 4.0. Inoltre se nell’ambito dei macchinari, le iniziative 4.0 ci hanno consentito di restare competitivi a livello internazionale e allo stesso tempo di potenziare le attività in Italia (con le forti ripercussioni sul Pil appena evidenziate), in quello relativo agli strumenti di connessione, la strada è ancora lunga da percorrere e a dominare la scena, in questo caso, sono i player stranieri, cui andrebbe parte dei fondi stanziati e degli investimenti delle aziende che puntano all’evoluzione digitale.

Certificatori in azione per gli incentivi

Altro capitolo è quello sui crediti d’imposta per Ricerca e Sviluppo, Innovazione e Design che ha, da sempre, riscosso grande successo (l’anno migliore è stato il 2020), tanto da superare le aspettative d’adesione iniziali. Nonostante ciò, questa agevolazione ha subito nel tempo una serie di complicazioni che ne hanno reso difficile l’utilizzo: per esempio i caotici cambiamenti dei regolamenti hanno causato un accavallamento burocratico dal quale sono scaturiti contenziosi, controlli da parte dall’Agenzia delle Entrate e richieste di rimborso alle imprese. Anche in questo caso, inoltre, le aliquote hanno subito, a partire dal 2023, un dimezzamento (dal 20% al 10%). Tutto ciò ha provocato una certa ‘allergia’ delle imprese per questo incentivo. Per porre rimedio a questa problematica, dal 2023 entrerà in funzione l’albo dei certificatori. Infine c’è da ricordare la Formazione 4.0. Tra tutti gli aspetti, questo è quello che è stato più trascurato dalla nuova legge di Bilancio, tanto che da quest’anno non è più disponibile. In Finanziaria, dunque, l’unico aspetto che sembra soddisfare parzialmente le imprese è la proroga della scadenza delle consegne.

Tracciando un quadro complessivo della Finanziaria, quindi, l’unico aspetto che sembra soddisfare parzialmente le imprese è la proroga della scadenza delle consegne. In generale, però, Urso ha sottolineato la necessità di rifinanziare gli incentivi 4.0 che, negli scorsi anni, hanno dato un impulso ai processi di evoluzione tecnologica delle aziende. Il futuro della Transizione 4.0 passa, quindi, nelle mani dell’Ue che, tramite il ricollocamento dei fondi del Pnrr, potrebbe permettere al Governo di pensare a un provvedimento ad hoc.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Gennaio-Febbraio 2023 di Sistemi&Impresa.
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