Manifattura, la sostenibilità oltre le mode

| Dario Colombo |

Per gli esperti di sostenibilità il momento è particolarmente intenso di attività. Soprattutto se, come Ada Rosa Balzan – tra le pioniere della sostenibilità, tanto che ama definirsi “sustainability lover” – si è appena firmato il libro L’impatto zero non esiste (ESTE edizioni, 2022) sul tema e dall’inizio di dicembre 2022 si è impegnati in giro per l’Italia con incontri ed eventi di presentazione. “Venticinque anni fa parlare di sostenibilità era pionieristico e anche una follia; era un concetto astratto e al massimo si traduceva in un codice etico”, spiega la Fondatrice e CEO di ARB, una startup innovativa specializzata nella misurazione della sostenibilità (nel 2021 l’azienda è diventata Società benefit per azioni).

Oggi lo scenario è profondamente cambiato rispetto all’epoca e chi, come Balzan, aveva anticipato la sostenibilità – la sua tesi di ricerca è stata una dei primi studi in Italia sul tema – è ora in prima linea per affiancare le aziende nell’impostare percorsi sostenibili basati su metriche e metodologie scientifiche. Le aziende manifatturiere non sono esenti dall’interessarsi della questione: la sostenibilità è una necessità e per alcune organizzazioni è addirittura un obbligo legale. “Deve essere prima di tutto un desiderio interiore e una missione morale per rendere il mondo un posto migliore di come lo abbiamo trovato”, ragiona Balzan.

Il valore per l’interdisciplinarietà

L’interesse per la sostenibilità per Balzan risale a quando frequentava il liceo linguistico: una scelta che lei stessa definisce “fuori dagli schemi” per la generazione degli Anni 70 dove le due opzioni erano solo liceo classico e scientifico. “Mio padre disse a mia madre: ‘Lascia che lo faccia. Lei vede oltre, qualcosa che noi non vediamo’”, racconta l’esperta di sostenibilità, che all’attività imprenditoriale affianca quella di Docente e di Coordinatrice Scientifica in varie università e business school italiane. La conoscenza delle lingue straniere, ricorda, è stata fondamentale per favorire l’interconnessione tra le discipline coinvolte nella sostenibilità che erano più sviluppate in Paesi fuori dall’Italia: “Nutrivo una forte passione per questa materia e sentivo che serviva un nuovo modello socio-economico, perché quello dominante all’epoca parlava solo di numeri, di crescita, ovvero quantità, ma non qualità e presentava già dei limiti oggettivi”.

Durante l’università avvenne poi la conferma che “la sostenibilità dovesse essere la base di tutto e non solo sul fronte ambiente”: “Nei miei studi partivo dall’aspetto sociale, perché sono le attività antropiche quelle che impattano e possono danneggiare l’ambiente. Quindi, se non cambi il modello di produzione, di pensiero e di valori non puoi salvarlo”, ha scritto nel suo libro che, come ha evidenziato Sebastiano Zanolli nella prefazione, è “una fonte di ispirazione, oltre che di informazioni”, anche per chi sta interpretando ‘male’ la sostenibilità, dandone cioè ‘solo’ una declinazione limitata al green.

Valutare l’impatto delle azioni sostenibili

A caratterizzare l’approccio di Balzan alla sostenibilità, infatti, è questa visione più ampia della questione, che consente di non restare sul piano astratto-filosofico, puntando sulla misurazione degli impatti. Da questi ragionamenti nacque la sua tesi di laurea in Sociologia dell’Ambiente (il focus era il turismo sostenibile in montagna, strettamente connesso con i temi sociali come la desertificazione di quei luoghi). Ma le aziende non erano ancora pronte per accogliere le riflessioni di Balzan, tanto che il Presidente della Commissione di laurea, pur apprezzando la tesi, la liquidò lapidario: “Bellissima ricerca, ora però può metterla in un cassetto perché non è un argomento che le farà trovare lavoro”.

La storia, però, è andata diversamente, anche per merito di numerosi stimoli da parte delle istituzioni, soprattutto internazionali. È del 1987 il Rapporto Brundtland – a pubblicarlo è stata la Commissione dell’Onu su ambiente e sviluppo – che ha chiarito come lo sviluppo sostenibile è ciò che permette alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri. “Parlava di sviluppo che ha a che fare con la qualità e non più con la crescita, legata alla quantità”, puntualizza Balzan, che ha cercato di trasmettere proprio questi argomenti nelle consulenze e nelle docenze.

Il percorso è stato di certo complicato, ma alla fine l’esperta di sostenibilità non solo ha fondato un’azienda di consulenza denominata con le iniziali del suo nome, ma ha realizzato il Sustainability impact rating (SI Rating), un algoritmo che mette insieme tutto ciò che le aziende usano, in modo separato, per la valutazione di aspetti ambientali, sociali e di governance della sostenibilità, su una piattaforma che ne agevola la valutazione. “È stato un percorso di diffusione della sostenibilità, germogliato dalle sue molteplici competenze incrementate nel corso degli anni con master e percorsi di perfezionamento, e  grazie agli incarichi nei contesti universitari, dove si lavora alla visione di ciò che accadrà domani. Ma anche qui è stato complicato, perché spesso la questione era legata solo all’Energy management”, ricorda Balzan. Alla fine, nonostante le difficoltà, ce l’ha fatta.

L’articolo integrale è pubblicata sul numero di Dicembre 2022 di Sistemi&Impresa.
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