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Per il rilancio economico non bastano i fondi del Pnrr

Scenari

Il Documento di economia e finanza (Def), recentemente presentato, attribuisce un ruolo estremamente significativo al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) nell’auspicata crescita del Pil italiano: già nel 2023, anno in cui l’impatto del Next generation Eu sulla ricchezza prodotta in Italia in termini di spesa effettiva era stato ancora marginale come nei precedenti 2021 e 2022, esso aveva contribuito con un aumento dello 0,4% allo 0,9% complessivo di incremento (44%). Per il 2024, su una crescita attesa dell’1%, il contributo del Pnrr dovrebbe essere dello 0,9%, il 90% quindi di tutta la crescita prevista (peraltro limitata).

Nel 2025, dovrebbe contribuire per l’1,0% sull’1,2% (83%), e nel 2026 (ultimo anno del Pnrr) dello 0,8% sull’1,1% (73%). Secondo le elaborazioni del Sole 24 Ore, su dati del Def 2024, complessivamente, nel quadriennio 2023-2026, il governo stima un contributo del Pnrr pari al 3,4% in termini di crescita aggiuntiva del Pil). Da dove nascono queste aspettative? In che termini un investimento aggiuntivo contribuisce al nostro Pil? Per comprenderlo, possiamo far riferimento al cosiddetto “Moltiplicatore degli investimenti”, detto anche “Moltiplicatore keynesiano”, in quanto fu John Maynard Keynes a sistematizzarne la teoria.

In termini semplificati, il suo ragionamento era il seguente: in condizioni di equilibrio, per ogni sistema economico, gli investimenti sono effettuati con risorse monetarie risparmiate e, pertanto, sottratte ai consumi. Ciò perché chi investe ha prima risparmiato (come il cittadino che acquista casa con i risparmi accumulati negli anni precedenti) oppure – più spesso – perché l’investitore utilizza, attraverso l’intermediazione bancaria o finanziaria, i risparmi delle famiglie. È ciò che fanno, appunto, sia i privati cittadini, che ricorrono ai mutui per l’acquisto della casa, sia soprattutto le imprese, specie industriali, attraverso i prestiti bancari e l’emissione di azioni e obbligazioni. Pertanto, a regime, i risparmi pareggiano gli investimenti in un equilibrio dinamico: se i risparmi crescono troppo, si riducono (a parità di redditi) i consumi (disincentivando quindi le imprese a investire, il cosiddetto “paradosso della parsimonia”).

Applicare il modello keynesiano al Pnrr

D’altro canto, se sono i consumi a crescere troppo (sottraendo, quindi, risorse finanziarie alle imprese che dovrebbero rispondere aumentando la produzione) si produce inflazione, che rallenta la domanda. Cosa succede se, a parità di consumi (e quindi di risparmi), risorse finanziarie in qualche modo ‘esterne’ al sistema fanno aumentare gli investimenti? La loro attuazione andrà ad aumentare il totale della spesa, cioè il Pil (prescindendo, a questi fini, dalla distinzione tra spesa privata e spesa pubblica), in misura superiore alla loro stessa entità, in quanto ogni euro speso dall’investitore sarà reddito per chi lo riceve, andando così ad alimentare la sua disponibilità monetaria che, nella componente consumi, diventerà a sua volta reddito per qualcun altro, e così via.

Così, per ogni investimento aggiuntivo (IA) si determina un ‘effetto moltiplicatore’ che può essere quantificato nei termini seguenti: variazione del Pil = IA x 1/PMR = IA x 1/(1-PMC), dove PMR è la Propensione marginale al risparmio, cioè la quota parte destinata al risparmio di ogni euro aggiuntivo di reddito, e PMC è la Propensione marginale al consumo, cioè la quota restante destinata al consumo. I valori di entrambi i parametri variano sensibilmente non solo in base al livello di reddito (la PMR cresce sensibilmente all’aumentare del reddito), ma anche in conseguenza di situazioni contestuali (in periodi di incertezza, la PMC tende a scendere: durante la pandemia di covid essa è calata sensibilmente dappertutto); naturalmente, è sempre PMR + PMC = 1, con entrambi i termini compresi tra 0 e 1.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Aprile 2024 di Sistemi&Impresa. Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

Keynes, pnrr, Ripresa economica, scenari


Nicola Costantino

Nicola Costantino (Bari, 1951), ingegnere, è Professore Ordinario di Ingegneria Economico Gestionale presso il Politecnico di Bari, del quale è stato Rettore dal 2009 al 2013. Autore di circa trecento pubblicazioni a carattere internazionale e nazionale, prevalentemente sui temi del Supply chain management e del Construction management, ha svolto attività di ricerca e didattica in Usa, Regno Unito, Danimarca, Spagna, Cina. In qualità di Direttore tecnico di una delle maggiori imprese generali di costruzioni italiane, ha curato la realizzazione di importanti opere di ingegneria industriale e civile in Puglia e Basilicata (centrale Enel di Brindisi Sud, numerose centrali telefoniche, centri di meccanizzazione postale, nuova chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, ecc.). È stato consigliere di amministrazione di Tecnopolis Novus Ortus e del Centro Laser di Bari. È stato Amministratore Unico di Acquedotto Pugliese Spa dal 2014 al 2016 e Presidente del Consiglio di Amministrazione di Retegas Bari Spa dal 2016 al 2021. Attualmente è componente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.