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Manifatturiero in versione digital, cambiano competenze e relazioni

FabbricaFuturo è il tema scelto da ESTE per il ‘convegno itinerante’ dedicato alle imprese manifatturiere. Si tratta di un titolo accattivante, che non può non suscitare curiosità e interesse, anche fra i non addetti ai lavori; ma che nasconde anche insidie, legate al rischio di generare aspettative eccessive, soprattutto in termini di scenari ‘attendibili’ e di risposte ‘sicure’.

In campo economico, la tentazione di ipotizzare un esito più o meno certo delle dinamiche in atto è sempre forte, talvolta anche per chi non ha dimestichezza con la ricerca scientifica. Un solo esempio: 20 anni fa Jeremy Rifkin preconizzò la “fine del lavoro”. Se quella profezia si fosse avverata, forse oggi non saremmo qui a cercare di decifrare le implicazioni organizzative della nuova ondata tecnologica e gli impatti sul modo di lavorare e produrre.

Quarta rivoluzione industriale: opportunità o pericolo?

A proposito di tecnologia: di cosa parliamo quando si citano le “nuove tecnologie”? Non vi è unicità di significati né concordanza di espressioni semantiche per descrivere i complessi fenomeni che stanno interessando il mondo produttivo. Così come non vi è una convergenza assoluta sull’idea che stiamo realmente assistendo a una nuova ‘rivoluzione’ (la quarta, per l’esattezza).

Ma non è questo che ci interessa. Il punto, per le imprese manifatturiere, è capire come cogliere le opportunità insite nelle nuove tecnologie e quali possibili impatti esse sono in grado di produrre sull’organizzazione del lavoro.

La letteratura scientifica internazionale ci propone una discreta quantità e varietà di contributi legati agli effetti, potenziali più che attuali, delle recenti tecnologie sull’industria manifatturiera. Finora, il filone di ricerca più florido è quello che indaga gli aspetti informaticoingegneristici dell’innovazione, mentre sta prendendo corpo il dibattito sulle ricadute a livello occupazionale.

In questo ambito è diffuso il timore che molte attività saranno progressivamente assorbite da dispositivi automatizzati, mentre altre saranno ulteriormente dequalificate. Uno scenario ancora più preoccupante ipotizza ricadute negative in termini occupazionali, anche per alcuni lavori non routinari, fin qui considerati al riparo dall’impatto delle nuove tecnologie.

Alcune di queste tesi sono state già sostenute ai tempi della prima ondata di ICT, l’impressione è che nell’attuale dibattito scientifico ci sia molto di dejà vu, soprattutto nelle riflessioni su impatti occupazionali e modifica della struttura del mercato del lavoro.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di luglio-agosto-settembre di Sistemi&Impresa.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)