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Innovare responsabilmente e in modo circolare

La Manifattura europea e soprattutto quella italiana, che tanto qualifica e si identifica con il Made in Italy, ha assorbito l’idea che temi come sostenibilità e circolarità sono due vincoli che determinano qualità e prestazione, ma anche opportunità e valore sul mercato, sia quello dei beni intermedi (B2) sia quello destinato ai mercati finali (B2C).

Sono sul tavolo dei ricercatori due argomenti di anticipazione fortemente connessi a quanto sopra riportato: come si integrano e si connettono conoscenze e linguaggi tradizionalmente limitati all’interno delle divisioni disciplinari (accademiche) o aziendali (le divisioni)? Questa condizione è inevitabile perché sostenibilità e circolarità non sono prerogative di un unico sapere né di una sola area dell’impresa, ma molte delle aziende italiane non sono pronte ad affrontare problemi o opportunità che non siano patrocinati da una divisione in modo specifico. Circolarità e sostenibilità rischiano di rimanere in una terra di mezzo che nessuno ambisce a gestire, o della quale nessuno si fa responsabile. Tuttavia, questi concetti non riguardano più solamente le dimensioni (fisiche e tradizionalmente misurabili meccanicisticamente) che gravitano intorno a temi come inquinamento o salute dei lavoratori, dei cittadini e dei consumatori.

Gli organismi normatori sono espliciti nel metterci in guardia sulla centralità in questi discorsi delle dimensioni immateriali ben descritte dai cosiddetti Sdgs (Sustainable development goals) dell’Agenda 2030 delle Nazioni unite. Ma, mentre è già in corso una scalata importante per conquistare risultati fisici di circolarità e sostenibilità, sulla dimensione immateriale c’è tanto da comprendere e da fare.

In questo articolo si ragiona sulla possibilità che l’Advanced design dei prodotti e dei servizi possa assumere un ruolo di mediazione tra il sapere e gli interessi interni ed esterni all’organizzazione. Parallelamente, si dà conto di alcune esperienze operative nelle quali la dimensione immateriale del fenomeno è gestita con strumenti tipici del Design thinking per ottenere risultati importanti, avvalorati dal cospicuo investimento, legato al Pnrr, per il Partenariato esteso Pe11 Spoke 1 coordinato dall’Università di Bologna, nel quale sono stati messi al centro dell’attenzione questi due aspetti del fenomeno.

Sostenibilità, non solo un valore materiale

Il termine “sostenibilità” ha spesso perso valore, indicando una serie di concetti normalmente vaghi e riferiti solo all’aspetto ambientale: rispetto per la natura e riduzione dell’uso delle risorse. Il rapporto Brundtland del 1987 (Our common future) la definì come uno “sviluppo che soddisfa i bisogni attuali senza compromettere quelli delle future generazioni”, la definizione, facendo riferimento ai bisogni attuali e a quelli futuri dell’individuo, implicitamente, suggerisce una prospettiva sistemica.

Andando più nel dettaglio, se partiamo dalla sostenibilità, possiamo definirla come un termine ombrello che comprende un insieme di comportamenti e scelte progettuali, individuali e collettivi, orientati a un’innovazione responsabile, a princìpi etici, di inclusione e a logiche di lungo periodo, che hanno l’obiettivo di coniugare la salvaguardia delle risorse limitate e il benessere delle generazioni presenti e future, generando un circolo virtuoso in ambito ambientale, sociale ed economico. Riuscire ad aumentare progressivamente la capacità di rigenerazione delle risorse all’interno dell’economia, incentivando il passaggio da una precedente visione lineare a una circolare, sembrerebbe uno dei fattori cruciali di questa trasformazione, dichiarato anche all’interno di diversi piani, regolamentazioni e direttive su scala sia internazionale sia locale.

Da un lato, a livello europeo, vengono proposte nuove direttive sulla progettazione ecocompatibile, per esempio Ecodesign for sustainable products regulation (Espr), che vanno ad ampliare il raggio d’azione della Direttiva 2009/125/Ce sulla progettazione ecocompatibile, con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità e la circolarità della maggior parte dei prodotti immessi sul mercato, stabilendo una serie di requisiti chiave come durabilità, riutilizzo, ri-fabbricazione, riciclaggio, efficienza energetica, e strumenti di informazione (come il passaporto digitale), per facilitare l’acquisto o la riparabilità dei prodotti. Allo stesso modo, anche il Rapporto sull’Economia circolare in Italia del 2020 ha fatto emergere la necessità di adottare pratiche per contrastare l’obsolescenza programmata come il “diritto di riparazione” approvato nel 2021 dall’Unione europea (Regolamento 2021/341) e ridiscusso recentemente per ampliare i beni che godono di questa possibilità e migliorare la relazione tra consumatore e azienda produttrice.

Dall’altro lato, si è iniziato a considerare il passaggio da valore economico a economia del valore, in cui i comportamenti inclusivi ed etici, il superamento della disuguaglianza di genere, la qualità delle relazioni, la capacità di attivare una collaborazione sinergica sia all’interno dei settori aziendali sia all’esterno, diventino i fattori guida per l’accesso ai mercati e per una competitività sostenibile.

Le B Corp come esempio di sostenibilità culturale

In quest’ottica, è interessante la strategia di economia circolare applicata dal 2000 in Giappone (Sound material – Cycle society ) che attraverso l’Environmental education promotion act e il Promotion of consumer education promuove un impegno collettivo in cui i cittadini-consumatori sono attori chiave per la creazione di una economia sostenibile, facendo della formazione un driver per attivare una nuova generazione di consumatori in grado di comprendere che il proprio comportamento di consumo influenza le tendenze sociali ed economiche del territorio.

Anche in campo industriale ci sono delle azioni che si spingono in questo senso, come il movimento B Corp, che, attraverso una certificazione olistica, valorizza non solo le performance economiche, ma anche quelle sociali e ambientali di un’azienda, focalizzandosi su valori di equità, trasparenza, responsabilità e relazionali. Sempre in quest’ottica è il framework Environmental, Social and Governance (ESG) che vede la sua applicazione all’interno delle organizzazioni in modo da sostenere strategie che generino valore per tutti gli attori con i quali collaborano. In questi ultimi anni, si sono avviati anche percorsi più verticali che si dedicano a un particolare valore immateriale della sostenibilità. Un esempio è il Gender equality plan, strumento in cui vengono inserite azioni concrete per raggiungere la parità di genere nei luoghi di lavoro e che sta diventando obbligatorio per tutte le aziende ed enti che vogliono partecipare a programmi di finanziamento della ricerca in Europa.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Giugno-Luglio-Agosto 2023 di Sistemi&Impresa.
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