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Economia circolare: Italia in testa, ma senza strategia

| Elisa Marasca |

Solitamente l’Italia è il fanalino di coda a livello europeo nelle classifiche dei Paesi più virtuosi per competenze digitali, parità salariale o altri aspetti socio-economici. Attualmente, però, è nostro il primato in Europa per riciclo e basso consumo di materia. Lo ha evidenziato il Rapporto sull’economia circolare in Italia del 2022, a cura della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile, che ha composto un indicatore di sintesi sulla performance di circolarità a livello europeo dal 2020 a oggi, utilizzando dati di Eurostat, Istat e dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra). La quota di riciclo dei rifiuti complessiva italiana si è attestata al 68%, contro la media europea del 35%, con un tasso di uso circolare di materia pari al 22% circa (la media europea è del 13%), e un consumo pro capite di materiali di circa 7,5 tonnellate (il dato europeo è invece di 13,5 tonnellate).

La crescita positiva è omogenea in tutto il Paese, con punte nelle macroregioni di Nord e Centro. Tutti i settori in cui riusciamo ad avere buone prestazioni, secondo il Rapporto, ci vedono brillare in performance, ma non in strategia. I dati positivi per quanto riguarda l’economia circolare, il consumo di materia, il consumo energetico o i tassi di riciclo dei rifiuti sembrano, infatti, dipendere più dall’assetto generale dell’Italia e dalla scarsità strutturale di materie prime che da scelte politiche. Questa assenza di visione strategica è confermata – sempre secondo la ricerca – nella debolezza italiana per quanto riguarda l’innovazione tecnologica green. Nel decennio tra il 2008 e il 2018, infatti, i brevetti in “ambiente e cambiamento climatico” sono rimasti al di sotto del 2% (cioè 1,8%) di quelli dei Paesi Ocse: un dato che rappresenta appena il 33% di quello francese e il 13% di quello tedesco.

Progettare nuovi modelli di produzione e consumo

Il Rapporto, comunque, è uscito in un anno reso drammatico dagli strascichi della pandemia e dalla guerra in Ucraina, che rende ancora più vistosa l’urgenza di uscire dalla dipendenza dalle energie fossili. “Le difficoltà economiche che viviamo non sono solo legate alla congiuntura: rappresentano anche l’indicatore di una tendenza di fondo, strutturale, da non sottovalutare in un contesto di sviluppo globalizzato caratterizzato da una domanda crescente di materiali disponibili in quantità fisicamente limitate sul nostro Pianeta”, è stato scritto nell’introduzione del documento. I dati contenuti nel Rapporto mostrano come le maggiori difficoltà dell’economia italiana (e non solo) siano legate a politiche che hanno sottovalutato le potenzialità e la necessità strategica di un robusto rafforzamento del Paese nel campo dell’economia circolare. Nel 2021 il rimbalzo dell’economia è stato molto positivo, con una crescita del Prodotto interno lordo italiano del 6,6% rispetto al 2020. “Ma, inserita nel vecchio modello di economia lineare, questa crescita è andata a sbattere contro il muro della carenza di materie prime. In buona sostanza quello che è mancato è stato il disaccoppiamento tra crescita del Pil e uso di materie prime”, è stato spiegato nella ricerca.

La Fondazione per lo Sviluppo sostenibile ha lanciato quindi il messaggio dell’importanza del disaccoppiamento della crescita economica dal consumo delle materie prime vergini, che è l’obiettivo strategico dell’economia circolare e del Green deal europeo (la strategia per conseguire la neutralità climatica entro il 2050). “La conversione verso modelli di produzione e di consumo circolari è sempre più una necessità non solo per garantire la sostenibilità dal punto di vista ecologico, ma per la solidità della ripresa economica, la stabilità dello sviluppo e la competitività delle imprese”, è stato scritto nel Rapporto.