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La crisi energetica frena la Manifattura

Crisi Manifattura
Gli ultimi anni sono stati segnati da una serie di eventi importanti che hanno modificato in maniera sostanziale le caratteristiche del quadro economico: se il 2020 è stato l’anno dei lockdown e il 2021 quello del recupero post pandemico, il 2022 è stato certamente l’anno della guerra e dello choc energetico. Quest’ultimo, in particolare, ha avuto effetti settoriali diversificati, legati da una parte all’intensità energetica della produzione di ciascun settore, e dall’altra al rispettivo potere di mercato e quindi alla capacità di trasferire tali maggiori costi sui consumatori finali. I conti economici nazionali recentemente diffusi dall’Istat aiutano a quantificare i cambiamenti del 2022: i dati permettono di identificare gli effetti differenziati della crisi energetica fra i settori. Come anche approfondito nell’aggiornamento del 6 marzo 2023 di Congiunturaref, il periodico di analisi e previsione di Ref Ricerche, i dati dell’Istat mostrano che i costi in aumento, in una prima fase parzialmente assorbiti dai margini delle imprese, sono stati traslati in buona misura sui prezzi finali. Nel 2022 i profitti non si sono ridotti, anche se la varianza degli andamenti settoriali è stata elevata. Come mostra la Tabella 1, i margini hanno subìto una brusca contrazione nei comparti del settore manifatturiero e soprattutto in quelli a maggiore intensità energetica. Fra i settori dell’industria che hanno registrato una riduzione dei profitti vi sono i principali settori dei beni di consumo e quelli a maggiore intensità energetica: la filiera dell’abbigliamento, l’industria delle pelli, il settore alimentare e delle bevande, la chimica e la lavorazione di minerali non metalliferi. Di fatto, il risultato apparentemente controintuitivo del 2022 è che settori dove i prezzi sono aumentati molto, come l’Alimentare, sono anche quelli che hanno subìto riduzioni significative dei profitti. Allo stesso tempo ci sono settori che hanno registrato aumenti importanti dei profitti, come nel caso dell’Energia e Gas e delle Estrazioni. È il tema degli extra-profitti, che ha accresciuto il costo della bolletta energetica per le famiglie e le imprese. Questo ha evidentemente aggravato i problemi soprattutto per le imprese manifatturiere, che sono sottoposte alla concorrenza di prezzo internazionale. Nelle Costruzioni i profitti si sono di fatto stabilizzati. Nei settori dei servizi, incrementi di rilievo dei margini sono stati registrati nel commercio e nei trasporti, mentre restano molto inferiori, rispetto ai livelli pre pandemia, i margini dei settori turistici.

I Servizi faticano a riprendersi dopo il covid

Le differenze settoriali sono evidenti anche considerando l’andamento dell’attività economica. Secondo i dati di contabilità nazionale, diversi settori si posizionano ancora su livelli inferiori a quelli del 2019 in termini di valore aggiunto. Fra i principali, si segnalano i servizi che durante le fasi più acute della crisi pandemica sono stati obbligati a interruzioni dell’attività e che stanno faticosamente recuperando terreno. Si tratta in particolare di attività ricreative, alberghi e pubblici esercizi. Anche le attività dei servizi alle famiglie e quelli delle filiere dell’Abbigliamento e della Pelletteria si posizionano ancora decisamente sotto i livelli del 2019. Questi settori risentono in parte della prosecuzione del lavoro da remoto, che ha modificato lo stile di vita di molte persone e ne ha ridimensionato la spesa. Dal punto di vista dei settori in crescita, si nota come gli incrementi sono concentrati in un numero ristretto di attività. A parte il caso della raffinazione, il cui recupero è simmetrico alla forte caduta del periodo precedente, e l’industria estrattiva (che però pesa poco), i settori che hanno trainato la ripresa sono le costruzioni e altri settori dell’indotto (fra le attività professionali, i servizi di ingegneria e architettura) insieme con i settori legati alle nuove tecnologie (elettronica nell’industria e servizi per l’informatica). Tra gli ambiti che hanno evidenziato effetti positivi di carattere permanente si segnalano quelli che hanno tratto ulteriore stimolo dalla crisi energetica europea (soprattutto nell’ambito degli investimenti nelle energie rinnovabili). Le divergenze settoriali nell’andamento dell’attività economica hanno riscontro nei dati sulla domanda di lavoro. Ragionando in termini di unità di lavoro, la media del 2022 è ancora leggermente inferiore al 2019, con guadagni quasi del tutto concentrati nelle Costruzioni, a fronte di diversi settori ancora in ritardo nella ripresa.
L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Marzo 2023 di Sistemi&Impresa. Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)

crisi energetica, servizi, settori lavorativi


Marina Barbini

Economista presso REF Ricerche