La gestione efficiente dei dati con il Document management

| Federica Biffi |

La pandemia ha fortemente stressato i processi e le attività delle aziende per rispondere ai consumatori sempre più esigenti in termini di rapidità; questo ha generato un aumento di flussi fisici di prodotti e di quelli informativi tra le imprese, chiamate a rispondere alle necessità di utenti e fornitori in modo sempre più veloce. Per far fronte a questa urgenza, la gestione documentale – l’amministrazione di documenti in modo digitale nel loro intero ciclo di vita – è di certo utile per organizzare e facilitare il lavoro, oltre a migliorarne l’efficienza, perché consente di digitalizzare i processi e di gestirli con efficacia.

La gestione documentale, infatti, porta a una riduzione dei costi perché semplifica e ottimizza i workflow interni ed evita possibili perdite di risorse derivanti da inefficienza o da un ridotto controllo delle procedure. Ma non solo: grazie alla dematerializzazione delle informazioni è possibile avere la disponibilità immediata di qualsiasi tipo di dato. Tuttavia, l’archiviazione e la relativa conservazione dei file, tramite software appositi, è solo uno degli aspetti vantaggiosi; è l’ottimizzazione della gestione dell’intero flusso documentale che rappresenta la fonte dei maggiori benefici per le aziende.

In Italia, per la verità, lo si è capito che la digitalizzazione è la strada corretta per lo sviluppo del Paese, anche se le aree di intervento sono ancora numerose. Secondo il rapporto Istat di luglio 2021, le imprese vantano discreti risultati nell’adozione di tecnologie cloud e di scambio elettronico dei documenti: tra il 2018 e il 2020 si è assistito a un aumento nell’adozione di servizi software dall’11 al 32% – contro la media europea al 21% – e dell’automazione per lo scambio di documenti commerciali (complice la spinta della fatturazione elettronica obbligatoria introdotta nel 2018). Nonostante gli incentivi stanziati – come quelli del Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr) – l’Italia risulta però ancora indietro in ambito informatico. L’insufficienza è confermata dal rapporto Istat che riferisce di una “carenza sistemica”. Se dal 2012 il numero di specialisti delle tecnologie informatiche e digitali è aumentato di circa il 77% in Francia, del 50% in Germania, del 35% in Spagna, in Italia, invece, il dato è fermo al 18%.

Standardizzare e centralizzare le procedure

Al di là dei numeri generali, ci sono delle interessanti esperienze che vanno proprio nella direzione della digitalizzazione in ambito documentale: Sammontana, per esempio, ha puntato sulla dematerializzazione dei flussi di informazione incentrata su una gestione strutturata del dato. Lo ha fatto grazie all’aiuto di Comarch, software house che si occupa di digitalizzazione e trasformazione digitale per le aziende: “Il progetto è nato nel 2021 sulla base di richieste da parte di clienti e fornitori che volevano, per esempio, inserire i dati logistici su portali digitali. Inizialmente l’attività era gestita manualmente, ma si trattava di una procedura piuttosto retrograda; così abbiamo deciso di automatizzare il flusso”, spiega Lorenzo Ceccherini, Business Intelligence Project Leader e Process Specialist dell’azienda alimentare specializzata nella produzione di gelati e prodotti di pasticceria. In effetti, spostare il dato dal gestionale aziendale a un portale non rappresenta un’attività a valore aggiunto, ma si tratta per lo più di un lavoro operativo. “Investendo nel digitale potevamo governare queste attività in modo automatizzato, limitare gli errori e avere un controllo completo su tutto”, conferma il Project Manager.

La revisione dei processi ha permesso, inoltre, di avere una gestione centralizzata e standardizzata delle informazioni anche con altre funzioni aziendali; proprio per questo la gestione del dato è imprescindibile. “In Sammontana abbiamo creato un repository unico a cui tutte le funzioni aziendali possono accedere per le proprie attività; è un luogo virtuale dove le informazioni sono disponibili per chiunque”, racconta.

È stato un processo interaziendale, quindi, che ha riguardato anche l’organizzazione nel suo complesso e ha coinvolto le diverse funzioni in un’ottica integrata. “Il progetto ha permesso di aumentare la conoscenza dell’attività di cui si occupano gli altri reparti, perché molto spesso si ha una conoscenza a silos che riduce le possibilità di miglioramento; invece, con una visione più ampia si diffondono le competenze e questo aiuta a ottimizzare le attività e crescere”, è il pensiero di Ceccherini. Tale riorganizzazione non soltanto conduce a una riduzione degli errori, ma limita anche le procedure talvolta superflue. “Per esempio, si evitano scambi di mail non essenziali; così facendo abbiamo migliorato la conoscenza aziendale di tutti e pertanto possiamo lavorare in maniera più efficace”.

Opporsi alle resistenze

Con la pandemia è esplosa la richiesta da parte di clienti e fornitori di mettere i dati a disposizione in un luogo virtuale. L’obiettivo è quello di rendere i processi più snelli, evitando gli sprechi. “Le richieste c’erano già prima, ma l’emergenza sanitaria ha accentuato e accelerato il processo”, conferma Ceccherini. Questi progetti servono per rendere l’informazione di prodotto raggiungibile in modo semplice e condiviso. “I software digitali sono strumenti che devono rendere un processo snello e agevole”, dice Giorgio Aramis, Head of Pmo & Implementation e Project Manager di Comarch Italia. La tecnologia è essenziale, ma anche la mentalità deve cambiare. “Se un’azienda ora non è propensa a investire in ambienti virtuali che gestiscono i dati in modo organizzato, rimane indietro. Ci sono ancora delle resistenze, ma è pur vero che molte persone iniziano a considerare il digitale in modo propositivo”.

Ultimamente infatti la mentalità sta cambiando. Se si pensa e si crede di ‘poter fare meglio’, allora ci si posiziona nell’ottica di crescere e quindi di aprirsi al cambiamento. “Si diffonde il pensiero di ‘liberare’ le risorse per utilizzarle in modo più produttivo; è qui che entra in gioco l’automazione”, conclude Aramis. La trasformazione digitale permette di standardizzare le attività, automatizzarle e, quindi, ottimizzarle. Oltre a migliorare l’efficienza, si bilanciano l’impegno e il valore delle persone rispetto le attività a valore aggiunto; serve solo superare lo scoglio – ancora a tratti presente – della resistenza alle novità nel momento in cui si assiste a una revisione dei processi. Ma la direzione sembra essere quella giusta.

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