La Manifattura della Campania investe su ricerca e innovazione green

La Campania ha una lunga tradizione manifatturiera che risale al periodo romano, con l’estrazione di marmi pregiati e la produzione di tessuti in seta. Nel corso dei secoli, l’industria regionale si è evoluta, passando dalla lavorazione del ferro e del rame alla produzione tessile e alimentare. La posizione strategica nel Mediterraneo di questa regione può infatti beneficiare della crescente domanda globale di prodotti di alta qualità. Tutti Made in Italy.

Oggi, il settore secondario rappresenta una fonte importante di occupazione e sviluppo economico. Le sue principali industrie includono tutt’ora l’agroalimentare e la moda, seguite dalla chimica. Tuttavia, negli ultimi anni la regione ha dovuto affrontare una serie di sfide, tra cui la concorrenza globale, la riduzione del finanziamento pubblico e la mancanza di investimenti in innovazione e formazione. Nonostante ciò, molte aziende sono riuscite a diversificare la loro produzione e ad adottare nuove tecnologie per rimanere competitive sul mercato, migliorando l’efficienza produttiva e riducendo i costi.

La Campania sta anche investendo nella transizione verso un’economia verde, con l’obiettivo di diventare una regione a zero emissioni di carbonio entro il 2050. Con 46.020 imprese, infatti, questo territorio è al quarto posto in Italia per numero assoluto di aziende che hanno investito, o investiranno entro il 2023, in tecnologie green. Lo ha rivelato il rapporto Greenitaly – realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere- pubblicato a dicembre 2022. I primati della regione non si fermano qui: con 126.700 contratti stipulati, per le professioni green la Campania è quinta nella graduatoria nazionale per numero di contratti in programma entro il 2023. Napoli, con 66.963 attivazioni, è al terzo posto nella classifica italiana delle province.

L’ultimo Rapporto Bankitalia ha inoltre evidenziato che nel 2022 si è rafforzata la crescita delle esportazioni regionali, divenuta più intensa della media nazionale, sostenuta dai principali settori esportatori campani (in particolare l’Agroalimentare, il Farmaceutico e il Metallurgico). In ripresa anche il comparto dell’aeronautica. I flussi turistici provenienti dall’estero hanno ugualmente ripreso a crescere in misura sostenuta, quadruplicando rispetto a quelli registrati nello stesso semestre del 2021: le presenze straniere hanno superato di quasi un quarto il livello pre-pandemico del 2019. La ripresa dell’attività turistica ha quindi influenzato positivamente il traffico portuale e aeroportuale di passeggeri. Solo a Napoli, infatti, sono più di undici milioni i visitatori registrati nel 2022 secondo Unioncamere (il capoluogo possiede uno dei principali porti italiani).

È Napoli la provincia più eccellente

Nonostante le sfide attuali, ci sono anche molte opportunità di crescita per l’economia campana, che le 100 aziende della nostra classifica hanno saputo cogliere, soprattutto quelle del Napoletano. Il 40% delle imprese più performanti lato fatturato ha infatti sede in questa provincia, seguita a pari merito da Caserta e Salerno (rispettivamente con il 23% delle presenze). Chiudono la classifica Avellino (11%) e Benevento (3%). Una panoramica che va in controtendenza rispetto all’analisi dell’Ufficio studi dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese Cgia di Mestre – realizzata sulla base di un’elaborazione dei dati Istat e delle previsioni Prometeia- che ha raccontato quali saranno i territori maggiormente in crisi nel 2023. Secondo questi dati è la provincia di Salerno quella che sta crescendo maggiormente, più di tutte le altre province della Campania. Ed è terza fra le 107 province italiane per il valore aggiunto reale, vale a dire il Pil al netto delle imposte indirette e che esprime la crescita di un territorio. Non solo: la previsione è che tra le prime tre province più interessate dall’aumento della disoccupazione ci saranno Napoli (+5.327 unità) e Caserta (+3.687). In provincia di Salerno, invece, nel mese di febbraio 2023 le previsioni occupazionali della Camera di Commercio hanno stimato circa 6.240 entrate, per un totale di 30.400 nella regione Campania.

Tornando alla nostra classifica, il settore che ha registrato la crescita di fatturato maggiore è, come è facilmente intuibile, quello agroalimentare (14%). Alcuni dei prodotti regionali più iconici sono infatti conosciuti in tutto il mondo, come il pomodoro San Marzano Dop, il limone di Sorrento Igp, la pasta di Gragnano Igp e la mozzarella di bufala campana Dop. Primato confermato anche nelle esportazioni: il Rapporto della Banca d’Italia ha registrato nel primo semestre del 2022 una crescita del 27,8% rispetto all’anno precedente, un aumento superiore a quello registrato in Italia ma più contenuto del Mezzogiorno (rispettivamente 22,5 e 32,4 %). L’espansione ha interessato in particolare i prodotti alimentari, che hanno contribuito per quasi il 30% all’aumento dell’export regionale: la crescita ha riflesso il consistente aumento delle vendite di prodotti caseari, pasta e conserve.

Per aumento di giro d’affari il nostro report pone al secondo posto il settore chimico (11%), comprensivo anche di quello farmaceutico, che nel 2022 contava 1.800 addetti diretti e oltre 2.200 nei settori fornitori secondo Farmindustria. 10 aziende in crescita fanno invece parte del comparto metallurgico, dell’abbigliamento e della pelletteria. in fondo alla classifica l’automotive e aeronautica (sei imprese) e il cartotecnico (cinque).

In termini di fatturato, la maggior parte delle aziende fattura tra i 10 e i 50 milioni di euro (62%), mentre il 35% fattura tra i 50 e i 250 milioni (45%). Soltanto il 3% delle aziende più performanti supera i 250 milioni, cioè Sideralba, Laminazione Sottile e Caffè Borbone. Rispettivamente, queste imprese si occupano di fabbricazione di tubi e condotti saldati, produzione di alluminio e semilavorati e lavorazione del caffè.

Guardando al numero di addetti (pur trattandosi di aziende di medie dimensioni), delle 100 aziende eccellenti intercettate, il 15% ha meno di 105 collaboratori, mentre il 10% ne ha oltre 312. I range intermedi (in questa ricerca suddivisi secondo questi parametri: 105-117; 117-136; 136-157; 160-187; 193-228; 236-310 addetti) compaiono con un’incidenza che oscilla tra il 12 e il 13%.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Marzo 2023 di Sistemi&Impresa.
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