La Manifattura pugliese tra innovazione tecnologica e spirito artigianale

A partire dalla seconda metà dello XX secolo, la Puglia si è consolidata come una delle regioni più industrializzate del Sud Italia. Quello che prima era general­mente connotato come un territorio a trazione agricola, nel tempo, ha acquisito e consolidato un saldo profilo industriale e manifatturiero, anche grazie all’inse­diamento di grandi imprese siderurgiche, chimiche, petrolchimiche, energetiche, aeronautiche, agroalimentari e automoti­ve. Nel corso degli anni, le vicende legate ad alcuni grandi poli produttivi (come quello dell’acciaio di Taranto) hanno purtroppo spostato l’attenzione dei mass media e dell’opinione pubblica da quello che è il reale tessuto impren­ditoriale pugliese, fatto di eccellenze nazionali, internazionali e di primati in diversi settori.

In seguito alla crisi provocata dalla pande­mia di covid-19, la Puglia ha dimostrato di riuscire a ripartire in modo efficace: dopo l’annus horribilis 2020, il 2021 ha visto una crescita considerevole del numero di imprese attive sul territorio (il saldo posi­tivi è stato di 4.266). Allo stesso modo, il numero di addetti è risultato in forte ripresa dopo la brusca frenata dell’anno precedente, con l’arrivo di 42.645 nuovi lavoratori, come riporta l’Ufficio studi Il Sismografo di Unioncamere Puglia.

Come per il resto delle regioni italiane, il periodo positivo si è tuttavia rivelato breve: con lo scoppio della guerra in Ucraina e con il conseguente aumento dei prezzi energetici e della pressione inflazionistica, si sono aperte questioni rilevanti. “La buona tenuta produttiva del Manifatturiero regionale ha dovuto scon­tare, a causa dei bruschi incrementi del costo dell’energia e delle materie prime, significative contrazioni dei margini di profitto, al pari di vasti settori dell’indu­stria nazionale”, spiega Federico Pirro, Coordinatore Scientifico del Centro studi e documentazione sull’industria del Mezzogiorno (Cesdim) e Professore Associato di Storia dell’Industria presso l’Università di Bari.

Nonostante ciò, il docente si dice fiducio­so, soprattutto grazie alla collaborazione costruttiva tra imprese e istituzioni: “La tenuta dell’apparato industriale, oltre che all’impegno di imprenditori, top manager di stabilimenti e sindacati, è il risultato anche del sistema di incen­tivazione della Regione Puglia, che ha continuato a cofinanziare investimenti con le risorse comunitarie”. Pirro, infine, sottolinea il contributo delle banche che, con l’ausilio dello Stato, ha permesso a molte imprese di sopravvivere in questo periodo complesso: “Anche il sistema creditizio ha erogato prestiti aggiuntivi, garantiti in larga misura dello Stato, a realtà che hanno rischiato, durante i mesi più duri della pandemia, una vera asfissia finanziaria”.

La successione di queste crisi ha impat­tato in modo differenziato sulle diverse aree del Manifatturiero pugliese ma, nonostante ciò, il peso dei singoli settori non è cambiato, con la produzione ali­mentare, di bevande e del tabacco (C10, C11 e C12 nella classificazione Ateco) ancora al primo posto per occupati, come riportato dagli ultimi dati disponibili resi noti dall’Istat.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Maggio 2023 di Sistemi&Impresa.
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