La Servitizzazione nelle aziende manifatturiere, il passaggio dal prodotto al servizio

| Elisabetta de Luca |

Possedere un’auto fino a pochi anni fa era considerato uno status symbol, ora le nuove generazioni preferiscono le “card per utilizzare il car sharing”.
A spiegarlo è stato Sergio Cavalieri, Professore Ordinario di Operations Management dell’Università di Bergamo, intervenuto al convegno di Este Fabbrica Futuro del 15 febbraio 2017 a Milano.
L’esempio serve a spiegare meglio il processo di Servitizzazione: un prodotto non viene più proposto o venduto da solo, ma è erogato in combinazione con un servizio. Un nuovo modello di business che si sta affermando sempre più.

 

In questo contesto, Cavalieri ha definito il prodotto “un cavallo di Troia”, ovvero un modo per fidelizzare il cliente e creare un rapporto. Il processo di Servitizzazione, infatti, non prevede solo la vendita del servizio, ma anche che tale servizio sia personalizzato e che ‘si pieghi’ alle esigenze del cliente: “Un altro esempio calzante è il trattore. A Bergamo vengono prodotti trattori smart, la macchina non è più un prodotto, ma una commodity, una soluzione”, ha continuato il Professore. Non solo, intorno al prodotto possono crearsi sinergie tra vari imprese che erogano servizi: “Tornando all’esempio del trattore, se il macchinario deve muoversi in un latifondo, ha bisogno di una applicazione in grado di indicargli la strada. Si crea così una partnership con un’impresa in grado di erogare questo servizio”. Nella catena di produzione entrano dunque nuovi fattori: i servizi a supporto del prodotto, servizi per l’estensione del prodotto, servizi orientati al risultato.

 

Il processo di Servitizzazione: da catena di fornitura a ecosistema

 

Ma il processo di Servitizzazione non è semplice, soprattutto per un’impresa manifatturiera, perché il servizio è immateriale: è una attività che viene svolta al posto del cliente allo scopo di risolvergli un problema. Attività trasferite dal cliente al produttore e quindi, dal punto di vista economico, di costi trasferiti che, per il cliente, possono essere un primo indicatore per stimare il valore del servizio che acquista.

 

Mancano, poi, figure professionali ad hoc – come ingegneri del sevizio – e piattaforme che diano la possibilità di applicare l’ingegneria del servizio e incentivare la collaborazione: “Servono nuove competenze. Le università devono passare a una forma mentis che metta il cliente al centro e non il prodotto. Bisogna implementare programmi formativi nell’area dei servizi”, ha concluso Cavalieri.

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