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La vacanza del leader

| Chiara Lupi |

L’economia italiana è in stagnazione, la crescita è zero. La previsione del +0,2% si potrà raggiungere solo se si realizzerà una accelerazione dei prossimi due trimestri, ma le condizioni perché questo si verifichi non sembrano esserci. L’Istat ha annunciato che sta rivedendo i criteri di calcolo secondo i nuovi parametri europei e questo potrebbe portare a una leggera revisione al rialzo. Vedremo.

Giuseppe Berta, uno dei più famosi storici dell’industria che abbiamo invitato al nostro incontro FabbricaFuturo l’8 ottobre 2019 a Torino, ci aveva messo in guardia. Nell’articolo pubblicato sul primo numero del 2019 di Sistemi&Impresa aveva sottolineato come quest’anno si fosse aperto per l’industria italiana con un carico di interrogativi.

Era appena cominciata una stagione positiva, che però si era iniziata a chiudere già nell’estate del 2018. Il 2019 si era quindi aperto caratterizzato da una profonda polarizzazione del sistema delle imprese, diviso tra aziende dinamiche e realtà che stentano a intraprendere percorsi di innovazione, e da un’incertezza in merito alle politiche industriali caratterizzate dai piani ‘4.0’ orientati alla digitalizzazione del comparto produttivo.

Il Governo in carica, denunciava Berta, non ha posto alcuna enfasi sulla dimensione della politica industriale preferendo puntare sugli strumenti tradizionali del welfare pubblico: pensioni e sussidi. Uno scarto di non poco conto, ha scritto lo storico, destinato ad avere ripercussioni sulla gestione della nuova fase di recessione in cui è entrata l’economia italiana. E a distanza di qualche mese il conto è arrivato.

Il grido d’allarme (inascoltato) dell’industria

La prima denuncia è arrivata dall’Unione Costruttori Italiani Macchine Utensili: il Presidente Massimo Carboniero ha lanciato un grido d’allarme, il calo degli ordinativi rispetto al 2018 è del 31,4%. Carlo Bonomi, Presidente di Assolombarda, lanciato un altro grido d’allarme. Il suo editoriale titolato “Ora basta” pubblicato su Il Foglio ha denunciato come l’Esecutivo si sia dimenticato del futuro e, soprattutto, non intervenga per costruire un presente che consenta alla nostra economia di mantenere una posizione tra i grandi del mondo.

Mancano un piano per la digitalizzazione, un’attenzione alla formazione e allo sviluppo delle competenze, un sostegno reale alla trasformazione delle Pubbliche amministrazioni, per non parlare dello sviluppo della banda ultralarga, mentre i tagli alla spesa pubblica sono diventati strutturali.

Nel frattempo prosegue la guerra commerciale tra Usa e Cina che destabilizza anche la nostra economia. Poi arrivano i dati sull’occupazione, che esprimono un paradosso: a fronte di una flessione del nostro sistema economico, la disoccupazione scende al 9,7%, il tasso più basso da gennaio 2012. Ma di che occupazione stiamo parlando? Il ‘lavoretto’, ha denunciato Mario Deaglio su La Stampa, sta sostituendo il lavoro.

Servono competenze, ma puntiamo sui Navigator

Bisogna fare i conti con cicli produttivi sempre più brevi, i grandi impianti industriali di produzione di massa devono lasciare il posto a produzioni organizzate in maniera snella, in grado di adattarsi alle necessità di personalizzazione della produzione. Ma servono competenze, professionalità che si aggiornano di continuo. Figure che il nostro sistema non forma.

Il grido d’allarme arriva da tutti i settori industriali, dalla Meccanica alla Farmaceutica, il fenomeno dello skill shortage si aggrava di ora in ora. Formiamo pochi giovani nelle discipline STEM, dagli ITS esce un numero di diplomati largamente inferiore alle richieste del nostro mondo produttivo, 10mila contro gli 800mila della Germania, per dare un parametro. E siccome le nostre università sono ancora delle eccellenze, sono sempre di più i giovani che se ne vanno. Questa, la vera emergenza, non certo i profughi nel Mediterraneo.

Ma i nostri governanti, ciechi di fronte alle emergenze vere, ora daranno nuovo vigore all’occupazione grazie al contributo dei Navigator. Già il sostantivo lascia perplessi: “Navigator”, dall’etimo “navigator”, è chi compie imprese sul mare. “Navigator” mi pare un neologismo che rimanda al navigatore, che dovrebbe indicare la via giusta, sempre ammesso di avere scaricato l’ultimo aggiornamento.

E infatti nella recente convention romana presieduta dalla coppia Luigi Di Maio-Mimmo Parisi a ogni navigator è stato consegnato un agile manualetto titolato Diventare navigator: i primi passi. Cioè, i profili identificati per traghettare i lavoratori oltre il reddito di cittadinanza devono prima capire loro stessi come si fa… Come dire, al navigatore bisogna ancora installare il software.

Questa emergenza deve farci riflettere

C’è da immaginare che sarà un lavoro lungo. Come diceva il poeta Antonio Machado, ‘caminantes no hay camino, el camino se hace al andar’, tradotto, viandante non c’è cammino, il cammino si fa andando. Machado è stato un grande poeta spagnolo vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento ma, in questo caso, dubito che il cammino si costruisca andando. Ci aveva già messo in guardia Seneca, non esiste vento favorevole per chi non sa dove andare.

Per ora ci dobbiamo accontentare di una spettacolarizzazione della politica, che punta all’orizzonte di breve periodo – la prossima tornata elettorale – anziché occuparsi delle emergenze del Paese. Meditiamoci mentre siamo in vacanza. Sergio Marchionne, con un’economia in picchiata, in vacanza non sarebbe andato. Forse, nemmeno con un’economia in salita. Ma questa è un’altra storia.