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L’innovazione muove i confini

| Chiara Lupi |

L’importante è non conoscere limiti: non ci sono missioni impossibili. Parto dall’affermazione di Anna Ferrino, intervistata per Sistemi&Impresa. La sua azienda incarna le caratteristiche tipiche dell’ impresa di famiglia: saper fare e passione si tramandano da cinque generazioni e oggi l’organizzazione sa traguardare gli obiettivi che caratterizzano le ‘imprese smart’.

Come è stato raccontato nello speciale dedicato alla fabbrica connessa – pubblicato su Sistemi&Impresa – essere smart significa produrre i prodotti giusti nel momento indicato dai consumatori. Una regola che Ferrino ha assimilato bene: dagli investimenti in digitalizzazione per ottimizzare la relazione con i clienti ai progetti per co-creare e progettare i prodotti al fianco di atleti ed esploratori.

La stessa propensione all’innovazione la troviamo in altre aziende: Comparato, società produttrice di sistemi termoidraulici, ha investito in uno stabilimento d’avanguardia e Alpac, che progetta e realizza sistemi termoisolanti, ha personalizzato la propria produzione “sartoriale”, come la definisce il figlio del fondatore.

Si tratta di aziende consapevoli– come hanno raccontato gli autori del volume Le leve dell’innovazione – di come lo sviluppo delle nuove tecnologie che definiamo ‘smart’ e di quelle che abilitano la connessione tra oggetti, persone e informazioni, richiedano l’adozione di nuove forme organizzative, con meno gerarchia, più lavoro in team, più delega verso il basso, più cooperazione orizzontale e diretta tra specialisti e funzioni. In sintesi, sono le nuove forme organizzative emergenti ad abilitare l’applicazione di tecnologie innovative, sottolineando così il primato dell’organizzazione – e dell’uomosulla tecnica.

Il passaggio non è da sottovalutare in un momento nel quale con tanta forza si profetizza la scomparsa dell’uomo dal contesto produttivo. La tecnologia umanizza il lavoro, conferisce una dignità nuova alla persona, ora che la separazione tra chi fa e chi esegue ha perso di significato.

Questo è stato spiegato bene anche gli autori di una ricerca sul modello imprenditoriale emiliano: la prima cosa da smentire quando si parla di Digital transformation è il fatto che riguardi solo l’ambito degli strumenti.

Evoluzione digitale non significa sfruttare il potenziale della tecnologia da parte dell’uomo, quanto piuttosto dare valore al potenziale di quest’ultimo attraverso i nuovi strumenti. Le persone devono sfruttare il loro valore in potenza attraverso la tecnologia e rendersi co-designer dei processi di sviluppo.

Tre le competenze da sviluppare: tecniche, sociali e sistemiche. Ed è dall’incrocio di queste che emerge quella ‘prontezza’ che fa della regione un caso virtuoso di next practice imprenditiva. Un modello che è espressione di un combinato virtuoso di nuovi strumenti, forme organizzative, competenze e comportamenti.

Sistemi&Impresa, inoltre, ha approfondito il tema di come ottimizzare forme di autofinanziamento: l’innovazione di processo migliora l’efficienza riducendo i costi variabili, fermi macchina e altri tempi morti che incidono sulla produttività.

È necessario gestire al meglio le risorse finanziarie e da questo sforzo – anche culturale – dipende lo sviluppo futuro dell’impresa. Se i confini del business sono in continuo movimento, la responsabilità di adattarsi al contesto, come ha ribadito Ferrino, è solo nostra.