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Le nuove strade per l’innovazione

L’Intelligenza Artificiale (AI) non è più quella di una volta. Da alcuni anni, e in particolare negli ultimi mesi, il dibattito sulla AI è diventato più intenso e ampio, è uscito dalle stanze dei matematici e ha invaso le conversazioni dei non tecnici, gli scambi sui social media, le trasmis­sioni in tivù. Raramente, però, questo dibattito si concentra sui centri di ricerca, sui luoghi, cioè, dove nasce l’Intelligenza Artificiale. E invece forse è utile concentrarsi proprio su questi, cercare di capire come stanno cambiando, intuire perché la loro trasformazione avrà sulle nostre vite e sulla competitività delle imprese un impatto che biso­gnerà comprendere e saper sfruttare.

Si chiamava ‘statistica avanzata’. Era monopolio dei centri di ricerca universitari

C’era una volta l’Intelligenza Artificiale, appunto. Quella che una decina d’anni fa chiamavamo statistica avanzata, senza saperle dare un nome più intrigante. Aveva delle caratteristiche riconoscibili, una sopra tutte: veniva sviluppata nell’ecosistema che gravitava attorno ai centri di ricerca univer­sitari. Le competenze, il tempo e gli strumenti necessari per svilupparla erano posseduti quasi esclusivamente dalle strutture pubbliche. Del resto, per un’impresa di medie dimensioni, appena 10 anni fa, sarebbe sembrato un azzardo staccare il cordone universitario e scegliere una strada di ricerca completamente indipendente. Il contesto, da allora, è completamente cambiato. E in particolare è cambiata la quantità di dati a disposizione dei ricercatori e la potenza di calco­lo necessaria per gestirli. L’accelerazione è stata impressionante nell’ultimo anno.

Cambiano le soluzioni a disposizione e cambia il contesto

Prendiamo come punto di riferimento l’analisi dell’Artificial Intelligence index report 2023, pubblicato dal team di Stanford University Human-Centered Artificial Intelligence (con il supporto fra gli altri, nota bene, di Google e OpenAI). Innanzitutto, è cambiata la natura delle soluzioni a disposizione. Nel giro di pochi mesi, il rilascio di modelli avanzati come ChatGpt 4, Dall-E 2, Stable Diffusion, Whisper ha avvicinato l’Intelligenza Artificiale anche a un pubblico di utilizzatori non tecnici, consentendo di generare testi, immagini e perfino codici attraverso il lin­guaggio naturale. Ovvero: abbiamo cominciato a ‘parlare’ nella nostra lingua con le macchine, senza necessità di mediazione da parte dei pro­grammatori, per ottenere dei risultati. Si è trattato di un balzo in avanti inimmaginabile appena due anni fa. Un po’ come quando abbiamo smesso di andare nelle agenzie di viaggio per prenotare un volo, e abbiamo cominciato a farlo dal Pc di casa. Ma su scala infinitamente più ampia, e con conseguenze radicali per tutta l’economia.

Il 2022 ha sancito il vantaggio degli investimenti privati su quelli pubblici

Come è stato possibile? Tanti fattori alla base. Uno dei più rilevanti è certamente l’impiego di quantità di dati enormi, sostenuto da disponibilità finanziarie senza precedenti. Big data, ma anche big money, insomma: una combinazione che, però, non sempre è alla portata dei centri pubblici di ricerca. Nel 2022 nel mondo sono stati prodotti dai privati 32 grandi modelli di Machine learning. Le università si sono fermate ad appena tre: meno di un decimo. Il 2022 ha sancito, insomma, un difficilmente recuperabile vantaggio sull’accade­mia dell’industria, nonostante quest’ultima abbia cominciato a contenere i propri investimenti: 91,9 miliardi di dollari, un significativo 26,7% in meno dello scorso anno. Un dato che forse va letto, più che come un rallentamento, come il segnale di una migliore capacità di generare efficienza dagli inve­stimenti fatti, fermo restando l’interesse ancora fortissimo verso questa industry: la cifra destinata agli investimenti nel 2022, per quanto in calo rispetto all’anno precedente, è comunque 18 volte più grande rispetto ad appena 10 anni fa.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Maggio 2023 di Sistemi&Impresa.
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