Manifattura Lamborghini. Automazione al servizio dell’uomo

| Redazione | ,

Potenza e sfida. Senza dubbio le parole chiave insite nel Dna di Ferruccio Lamborghini, che nel 1963 dava vita a una delle più illustri case automobilistiche italiane. Potenza perché l’avventura imprenditoriale era iniziata già nell’immediato Dopoguerra con la fondazione di una fabbrica di trattori. Sfida perché, come ha raccontato il figlio Tonino, alla base del cambio di business dalle macchine agricole alle automobili supersportive stava proprio il desiderio di entrare in concorrenza con Enzo Ferrari. “Ora gliela faccio vedere io”, avrebbe affermato Ferruccio, perché – si dice – non soddisfatto delle prestazioni della sua Ferrari.

Così qualche anno più tardi, nel 1966, vedeva la luce Miura, la supercar sportiva più veloce del mondo al suo debutto (con una velocità massima di 280 km/h e un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 6,7 secondi), un miracolo di innovazione: oltre al suo design innovativo, il motore V12 era per la prima volta montato in posizione posteriore e trasversale, configurazione nettamente in anticipo sui tempi, certamente ispirata ai grandi prototipi da corsa che in quell’epoca si sfidavano nelle gare sulle lunghe distanze.

Il nome del modello affonda nel mito della tauromachia spagnola, ispirandosi al nome della famiglia Miura, che allevava tra i tori più potenti e aggressivi di tutta la Spagna.

Ranieri Niccoli
Ranieri Niccoli

Di sicuro a Ferruccio, che era nato sotto il segno del Toro e che proprio da questo segno aveva ricavato l’orgoglioso blasone di tutte le sue attività industriali, chiamare un’automobile con il nome legato al mondo dei tori da combattimento doveva venire naturale. Infatti i tori dell’allevamento Miura, secondo gli intenditori, sono i più forti, ma soprattutto i più intelligenti e ‘combattivi’.

La devozione al toro è rimasta invariata nel corso dei decenni, anche a seguito dell’acquisizione della casa automobilistica da parte del Gruppo Audi, alla fine degli Anni 90. Ancora oggi infatti ogni nuovo modello prende il nome di una razza di toro, reale, primordiale o mitologica, sul confine sottile con il sogno.

Nel cuore di Sant’Agata Bolognese, ribattezzata “Città della Lamborghini”, gli stabilimenti sembrano avvolti in un silenzio che sottende una venerazione profonda e non manca un pizzico di mistero: non appena varcate le porte di ingresso, ci viene chiesto di oscurare le fotocamere dei nostri dispositivi mobili. Soltanto una chiacchierata con Ranieri Niccoli, Chief Manufacturing Officer di Lamborghini, può aiutarci a svelare, almeno in parte, il segreto racchiuso nella storia d’eccellenza della Manifattura Lamborghini, che dopo oltre mezzo secolo continua a far sognare gli amanti di motori di tutto il mondo, senza mai smarrire la fantasia per cimentarsi in nuove sfide.

Nuovo segmento di mercato e volumi di produzione raddoppiati

Il modello Super SUV Urus
Il modello Super SUV Urus

L’ultima sfida in ordine temporale affrontata in casa Lamborghini è il lancio sul mercato di un nuovo modello di autovettura, il Super Sport Utility Vehicle (Super SUV) Urus, previsto per l’estate 2018. Quasi un ritorno al passato per Lamborghini che aveva ideato il primo SUV ante litteram, già nel 1986.Si trattava questa volta di ampliare la gamma andando a creare un nuovo segmento e un Super SUV. “Non si poteva però pensare un prodotto nuovo mantenendo gli stessi processi industriali utilizzati fino a quel momento”, spiega Niccoli. “Dal punto di vista dei processi significava stravolgerli, per cambiare completamente il modello di produzione”. Il 2017 si è chiuso infatti con poco meno di 4mila vetture consegnate in tutto il mondo.

È sufficiente muoversi per il reparto selleria nello stabilimento per toccare con mano cosa si intende per ‘customizzazione’: è disponibile ogni gamma cromatica, accostamento e materiale, tutto ad assoluta discrezione del cliente finale. “E non è una leggenda”, sorride il CMO di Lamborghini, “che talvolta giunga persino la richiesta di replicare la sfumatura esatta del colore dello smalto della moglie o, più raramente, della proprietaria stessa”. La personalizzazione è talmente spinta, infatti, che “il cliente non intende acquistare una Lamborghini, bensì ‘la mia Lamborghini’, che deve rappresentare obbligatoriamente un prodotto unico sul mercato”.

Con una punta di orgoglio, il manager commenta: “Abbiamo deciso di replicare la sfida per il Super SUV, ma con volumi decisamente più elevati, che si prevede arriveranno a raddoppiare”. Le 4mila autovetture del 2017 si stima diventeranno 8mila nei prossimi anni.

L’Industria 4.0 preserva l’artigianalità

Un robot collaborativo per l'avvitamento
Un robot collaborativo per l’avvitamento

La domanda da porsi allora è stata: come mantenere l’artigianalità che è valore intrinseco del Made in Italy di Lamborghini, a fronte della necessità di un aumento esponenziale dei volumi di produzione?

Il concetto di Industria 4.0 è stato così declinato in “Manifattura Lamborghini”: “L’elemento vincente”, a detta di Niccoli, “è senza dubbio partire dalle proprie esigenze aziendali”.

In primo luogo a partire da una rivisitazione del layout delle linee e dei tempi macchina: “Oggi ogni fase di lavoro ha una durata variabile da 40 minuti fino a un massimo di un’ora. Il compito dell’operaio consiste infatti nel riprodurre una sequenza articolata di operazioni differenti, dove è racchiusa la vera artigianalità”, prosegue il CMO di Lamborghini. “Il processo produttivo doveva quindi essere caratterizzato da digitalizzazione e automazione in grado di portare valore aggiunto all’artigianalità: così nasce la Manifattura Lamborghini, con lo scopo di combinare strumenti digitali per aiutare l’operaio (il valore più importante di cui disponiamo) a lavorare al meglio delle sue possibilità”.

A partire da questi presupposti, è stata attuata in casa Lamborghini anche una parziale rivisitazione del modello di business, per esempio portando in house la fase di verniciatura: “Prima di intraprendere la trasformazione, il volume di produzione non avrebbe permesso di ammortizzare il costo dei macchinari impiegati per la verniciatura”, evidenzia il manager. “Oggi, che si prevede invece il raddoppio del numero di vetture vendute, abbiamo deciso di internalizzare il processo, con conseguente investimento nella dotazione necessaria e creazione di nuovi posti di lavoro”.

 

Per approfondire gli altri temi emersi durante l’intervista, leggi il numero di Aprile di Sistemi&Impresa.
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