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Responsabilità è una parola chiave per il futuro della Manifattura

| Sara Polotti |

Opportunità del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), sostenibilità e digitalizzazione: i temi trattati nel libro Per un Manifesto della Manifattura italiana (ESTE, 2021), curato dalla Direttrice Editoriale della casa editrice ESTE Chiara Lupi, sono gli stessi che stanno a cuore a Distilleria Nardini. La storica azienda del settore Spirits con sede a Bassano del Grappa, nel Vicentino, nei due secoli di storia ha saputo ampliarsi e rinnovarsi continuamente, dando oggi lavoro a circa 40 addetti. Da due anni, peraltro, è avvenuto un cambio organizzativo per cui la Direzione Generale è stata affidata a una persona esterna alla famiglia, Massimo Tonini. La sua visione sulla Manifattura e sul comparto Agroalimentare è in linea con i contenuti del libro pubblicato da ESTE. 

Il volume di Lupi vuole essere infatti per le aziende italiane un’occasione per conoscere e approfondire il futuro della Manifattura attraverso l’analisi di 13 esperti. Come loro, anche Tonini è un sostenitore della necessità di stilare nuove regole e nuovi obiettivi in linea con la situazione attuale. Perché se la Manifattura è sempre più digitalizzata, allo stesso tempo — guardando al tessuto italiano, che secondo le più recenti ricerche è composto per il 92% da Piccole e medie imprese (PMI) che impiegano l’82% dei lavoratori e lavoratrici del Paese — la sua vocazione resta artigianale e l’attenzione all’aspetto umano del lavoro rimane uno dei capisaldi. Secondo il D.G., tuttavia, non basta dichiararlo: ora c’è bisogno di puntare i riflettori sulla responsabilità. La parola, che ha anche implicazioni etiche e legate alla sostenibilità, è a suo parere la chiave di lettura sul futuro. Soprattutto per l’Agroalimentare, che nel caso dei distillati è uno tra i settori più energivori.  

La Manifattura dovrebbe tornare alle vecchie pratiche sobrie e responsabili 

Lo scenario normativo che regolamenta il comparto vitivinicolo e distillatorio è il punto di partenza per parlare di responsabilità ecologica e sociale. Less is more è, secondo lui, un motto che potrebbe rivelarsi efficace: “Le piccole aziende agroalimentari — in particolare le distillerie che negli ultimi 20 anni hanno visto il mercato contrarsi per volumi, migliorando in qualità — stanno lavorando per l’eccellenza e per fornire prodotti più rispettosi dell’ambiente, nell’ottica dell’economia circolare: il tentativo di ridurre al massimo gli sprechi può essere un’idea da cui cominciare”. La sostenibilità è un valore ben radicato nelle nuove generazioni, ma in alcune aziende non è di facile attuazione: “Anche noi manager in carica, pur avendo solide basi ecologiche come consumatori, spesso non portiamo gli stessi valori anche in azienda”. Il rispetto per l’ambiente dovrebbe invece essere per Tonini le chiavi di volta della nuova Manifattura, perché se è vero che la macchina deve sempre rimanere in funzione, ormai sappiamo che può farlo anche consumando meglio.  

La responsabilità ecologica è dunque un tema che si ritrova sia nel Pnrr sia nel libro Per un Manifesto della Manifattura italiana. Per Tonini, a dover diventare più responsabili sono proprio le aziende del suo settore, anche per motivi tecnici: “L’Agroalimentare utilizza fonti d’energia sia fossili sia rinnovabili, ma in ogni caso consuma moltissimo. A proposito di questo aspetto, una delle questioni urgenti riguarda lo smaltimento: nel ramo vitivinicolo in particolare ci sono sottoprodotti di lavorazione che vanno eliminati in maniera etica”. Per esempio, il settore deve considerare come smaltire le acque derivanti dallo scarto dell’alcol distillato, dette ‘borlande’, perché hanno ripercussione in termini ambientali e sono poche le aziende che possono permettersi un gassificatore interno o uno strumento per gestirle. “Si sta quindi discutendo con altri protagonisti del comparto: vogliamo cercare una sinergia in modo da trovare una soluzione per trasformare le borlande da problema a risorsa. Potrebbero diventare biogas o fonti di energia alternative”. 

Superare il campanilismo e fare sinergia fa bene a tutti i player 

A proposito di sinergia, come in altri settori e situazioni che riguardano le PMI italiane, Tonini rivela che anche le distillerie hanno un punto debole, cioè la difficoltà a collaborare tra loro. “Non è un luogo comune: addirittura manca un consorzio nazionale per gestire un prodotto a Denominazione di origine protetta (Dop) che può essere prodotto solo in Italia come la grappa. Vedo però positivamente il lavoro sistemico che si sta facendo con le associazioni di categoria, come Assodistil e Federvini”. Il direttore generale nota dunque un dialogo che non può che esser positivo e che deve essere un esempio per la Manifattura in generale. “Negli ultimi mesi abbiamo deciso di consorziarci per attingere ai dati di vendita e cercando di comprendere cosa stia davvero accadendo nel mercato. Ognuno adotta le proprie strategie, ma si è compreso che è importante avere un indirizzo comune”. Nel caso dei distillati, il mercato si sta polarizzando verso l’alto e Nardini ne sta beneficiando. “Lo facciamo in un’ottica di co-opetition, e non di competizione: si gioca a carte scoperte sui numeri, in un passaggio epocale per la grappa, che in Italia rappresenta la terza categoria di retail del mercato Spirits”.  

Superando il campanilismo segnalato dal manager, le distillerie e le imprese produttrici di alcolici e vini potrebbero diventare un’industria circolare, rappresentando un’ispirazione per tutta la Manifattura. Tonini porta un esempio per mostrare il potenziale della collaborazione: “La vinaccia esausta dei vignaioli è uno scarto, ma per noi è una materia prima base. L’Italia è uno dei produttori di vino più importanti, quindi la vinaccia non manca e il bacino di approvvigionamento è completamente locale e permette di adottare un approccio km zero.” A seguito del processo distillatorio, tutti gli scarti possono tornare con trasparenza sul mercato: i vinaccioli sono preziosi nell’industria olearia, per esempio, mentre le vinacce esauste possono essere impiegate in quella zootecnica. E qui si torna al discorso delle borlande: “Risolvere questo problema rappresenterà l’opportunità concreta di diventare industria in tutto e per tutto circolare. Questa è la grande scommessa del settore dei distillati”. Che diventa un esempio virtuoso per tutte le altre imprese.