Unione europea e finanziamenti, strategie per lo sviluppo industriale

In un mercato europeo, in cui la spesa in Ricerca e Sviluppo (R&S) cresce, si prepara un nuovo Quadro finanziario pluriennale (Qfp) 2021-2027, dove si prospetta un aumento delle risorse per ricerca e innovazione.

Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea (Ue), ha diffuso delle interessanti informazioni sulla R&S nell’Ue, dalle quali si evince che, nel 2017, gli Stati membri hanno speso complessivamente circa 320 miliardi di euro in R&S, riportando pertanto un incremento della corrispondente percentuale del Pil che dall’1,77% del 2007 è passata al 2,04% del 2016 e al 2,07% del 2017.

Sono le imprese commerciali a costituire il comparto in cui risultano maggiormente concentrate le spese in R&S, con una percentuale del 66% del totale erogato; seguono l’istruzione superiore (22%), il settore governativo (11%) e il no-profit (1%). I dati diffusi dall’Istat, relativamente alla R&S in Italia, si concentrano sulla spesa per la ricerca interna (cosiddetta intra-muros), ossia quella svolta da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private no-profit e università con personale e attrezzature propri.

Si stima che in Italia, nel 2016, questa sia stata pari a 23,2 miliardi di euro (+4,6% rispetto al 2015), con un’incidenza sul Pil pari all’1,38% nel 2016 (in lieve crescita rispetto al 2015, in cui era all’1,34%). Si tratta di una spesa complessiva ripartita tra imprese (60,8%), università (24,2%) e istituzioni pubbliche (12,6%). Dato rilevante è quello per cui l’aumento più considerevole è nelle attività di sviluppo sperimentale in Italia, con un +15,6%, contro la ricerca di base e la ricerca applicata che vedono un calo dello 0,2%.

Il personale è la voce di costo – coinvolta nelle spese per R&S – che nel 2016 è cresciuta, attestandosi a 435.283 unità (+11,7% rispetto al 2015). Inoltre, soprattutto nelle imprese e nelle università, all’interno del personale, i ricercatori hanno visto un aumento del 6,6% (da 174.327 unità del 2015 a 185.916 nel 2016).

I dati attualmente disponibili in versione preliminare, relativamente al 2017, parlano di un aumento della spesa per R&S pari all’1,8% nelle imprese e nelle istituzioni pubbliche, mentre per il 2018 si è prospettato un aumento ulteriore, pari a circa il 3,4% in più sul 2017.

Sono le imprese a ricoprire il ruolo da protagonista in questi dati, visto che dal 2015 al 2018 è la spesa delle imprese ad aumentare del 9,3%, contro un dato relativo alle istituzioni pubbliche che vede una sostanziale stabilità e un calo, invece, da parte delle università (-1,0%) e delle istituzioni private no-profit (-18,6%).

La spesa totale proviene principalmente dal settore privato (imprese e istituzioni no-profit) per il 63,3%. A questo dato le imprese contribuiscono per il 60,8%, il 24,2% della spesa è sostenuto dalle università e il 12,6% dalle istituzioni pubbliche.

Aprendo una parentesi sulle fonti di finanziamento, la R&S vede, nel 2016, la provenienza dei finanziamenti nel settore privato, ossia imprese e no-profit (con il 54,1%, pari a 2,5 miliardi); il 35,2% della spesa è invece finanziato dalle istituzioni pubbliche (circa 8,2 miliardi) e il 9,8% da finanziatori stranieri (imprese, istituzioni pubbliche o università estere che contribuiscono per circa 2,3 miliardi).

La ricerca applicata risulta essere la principale voce di investimento nel 2016, con 10 miliardi di euro, pari al 43,3% della spesa complessiva. Segue lo sviluppo sperimentale con 7,7 miliardi di euro di spesa (33,4% del totale) e in coda la ricerca di base con circa 5,4 miliardi di euro di spesa (23,2%).

La spesa segna un aumento soprattutto nelle attività di sviluppo sperimentale (+3,2% rispetto al 2015), mentre nella ricerca di base e in quella applicata si evince una diminuzione, rispettivamente rappresentata da -1,1% e -2,1%. Un contesto così attualmente delineato definisce un fabbisogno chiaro su cui l’Ue sta disegnando la propria programmazione.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di novembre 2019 di Sistemi&Impresa.
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