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Dal prodotto al servizio: il caso General Beverage

| Alessandra Peluzzi |

Un’azienda che cresce può puntare in due direzioni. La prima è l’integrazione orizzontale attraverso acquisizioni o fusioni (è il caso di Disney con Pixar oppure di Facebook con Instagram). Poi c’è la possibilità di crescere in verticale: l’attenzione non è su eventuali competitor, ma sulle aziende a monte o a valle del processo produttivo. Si tratta, per esempio, di produrre autonomamente l’energia che alimenta gli stabilimenti o di fare come Apple, che grazie all’integrazione verticale realizza il design per la maggior parte dei suoi hardware e distribuisce autonomamente i prodotti negli Apple Store.

Se è vero che entrambe le strategie hanno i loro vantaggi, con la Quarta rivoluzione industriale l’integrazione verticale ha mostrato tutto il suo potenziale: le fabbriche, sempre più smart, hanno macchinari che comunicano tra loro scambiandosi informazioni che permettono di ottimizzare i processi e dunque l’integrazione verticale consente di collegare sempre più livelli di produzione, raccogliendo molti dati utili in tutta la catena del valore. Non è un caso, per esempio, che un colosso tecnologico come Tesla, la multinazionale specializzata nella produzione di auto elettriche, abbia integrato numerosi processi come la produzione di batterie e la creazione degli algoritmi per la guida automatica.

In Italia, tra i casi di successo per quanto riguarda la crescita verticale c’è General Beverage, azienda specializzata nella realizzazione di soluzioni per la distribuzione di bevande fredde e calde, acqua microfiltrata e alimenti omogenei, con stabilimento a Pontremoli, in provincia di Massa Carrara, che è leader nel settore della ristorazione collettiva, turistica e sanitaria, con oltre 36.000 distributori installati e gestiti direttamente.

Fin dalla sua fondazione, più di 25 anni fa, il gruppo ha sempre puntato sul presidio del mercato con prodotti per specifiche esigenze; è così che negli anni è riuscito a inserirsi in numerosi settori, sviluppando diversi marchi, come Io bevo, diffuso nella ristorazione collettiva a turistica; Io fit, con servizi dedicati al mondo del fitness; e Io Sano, per il settore sanitario. È proprio quest’ultimo ramo del gruppo che sta sviluppando le soluzioni più innovative, andando a occupare una nicchia, quella dell’alimentazione per pazienti affetti da disfagia (condizione che rende difficoltoso alle persone deglutire elementi solidi) cui nessuno si era interessato prima.

L’attenzione ai dettagli per prodotti di qualità

Dietro l’iniziativa di Io sano c’è un’intuizione: l’alimentazione non è solo una questione nutrizionale, ma anche a tutti gli effetti sanitaria. Soprattutto per pazienti che soffrono di una condizione specifica ma diffusa, la disfagia, che è causa di malnutrizione e delle patologie correlate, ma anche di malattie gravi come la polmonite ab ingestis.

Ecco, quindi, che nel 2000 General Beverage ha deciso di sperimentare la nuova attività: “Siamo partiti dall’idea e poi è arrivato tutto il resto. Ci siamo resi conto che la realizzazione di alimenti omogenei per pazienti con difficoltà di deglutizione era un ambito ancora inesplorato e gestito in modo soggettivo dai diversi operatori di cucina. Da lì siamo passati a convertire i macchinari che usavamo per produrre le bevande calde in modo che servissero il nuovo scopo”, racconta Giovan Battista Varoli, Amministratore Unico di General Beverage.

È così che sono nati RistoSano, un sistema automatizzato per la preparazione degli alimenti omogenei per pazienti con disfagia, BevoSano, che integra bevande tradizionali per la sanità con alimenti per le colazioni e merende di pazienti disfagici, e BevoGel, che offre acqua gelificata per chi ha problemi di deglutizione. Per affermarsi all’interno di realtà come ospedali e residenze per anziani, che fino a quel momento avevano fatto a meno di simili prodotti affidandosi piuttosto a soluzioni ‘fatte in casa’ come cibi frullati, pappe e creme poco sicure dal punto di vista delle consistenze e degli apporti nutrizionali, molto ripetitive e poco connotate nei gusti, l’azienda ha puntato sulla qualità e la sicurezza della propria offerta.

Prendendo in prestito da altri settori l’idea di misurare e controllare le consistenze, ovvero i parametri reologici che determinano la natura degli alimenti semisolidi e semiliquidi, General Beverage ha acquistato strumenti (viscosimetri e reometri) e competenze che permettono di studiare le caratteristiche fisiche dei prodotti realizzati. Così facendo è stato possibile garantire che gli alimenti omogenei avessero consistenze sicure e adattabili alle esigenze dei diversi pazienti. La preparazione automatizzata, inoltre, previene la formazione di grumi o di elementi solidi che comportano un grave rischio per chi ha difficoltà di deglutizione (potrebbero causare soffocamenti o polmoniti). Senza contare che ‘cucinando’ i cibi all’interno della linea di produzione è possibile calibrare in maniera esatta gli ingredienti, garantendo un apporto nutrizionale adeguato.

Vi è poi un ultimo elemento che contraddistingue le soluzioni proposte: “Il cibo non serve solo al corpo, ma è utile anche per la mente, perché è fonte di piacere e di convivialità”. Per questo nella realizzazione dei propri prodotti l’azienda è attenta a utilizzare ingredienti completamente naturali ottenuti disidratando le materie prime e riducendole in farine che poi sono ricombinate in ricette tradizionali, per esempio lasagne alla bolognese, risotto alla milanese, carbonara, arrosti. “Collaboriamo tra l’altro, per la valutazione dei prodotti, con chef e importanti scuole di cucina come quella Cast Alimenti di Brescia, Fondata dai Maestri Vittorio Santori e Iginio Massari. Il gusto e la connotazione sono fondamentali per stimolare la memoria alimentare dei pazienti che non si sentono più isolati e possono tornare a godere del cibo”, racconta Varoli.

Dalla fabbrica fino alle mense: un servizio completo che tiene testa alla competizione

Grazie alla verticalizzazione, come abbiamo visto, le aziende si espandono lungo tutta la filiera produttiva, dalle materie prime fino alla distribuzione. Questo può portare alla realizzazione di nuovi modelli di business, come nel caso di General Beverage che nel contesto di Io sano oltre a vendere i prodotti realizza soluzioni ‘chiavi in mano’ per i suoi clienti, in gran parte strutture sanitarie e RSA. Nello specifico l’azienda dopo aver sviluppato gli alimenti omogenei si occupa anche dell’installazione, in comodato d’uso, delle attrezzature necessarie per la realizzazione degli alimenti finiti.

A rendere unico il servizio c’è la possibilità di tarare l’offerta in base ai bisogni specifici di ciascun paziente. Infatti, tramite un protocollo di valutazione nutrizionale, ideato e registrato proprio da General Beverage, sono raccolti i dati relativi alle necessità alimentari dei pazienti, che possono variare molto in base ai dati antropometrici e a fattori come età, sesso, attività fisica e patologie. Una volta determinato il fabbisogno nutrizionale, si procede alla pianificazione nutrizionale e alla definizione del menù adeguato alla persona. Successivamente sono svolti monitoraggi periodici per valutare l’efficacia della dieta. “Il servizio potrebbe essere gestito da un’azienda esterna, ma riteniamo che sia importante che tutti i processi siano collegati, in modo da sviluppare soluzioni organiche. E così possiamo anche ottimizzare l’organizzazione complessiva e la gestione dei dati”, approfondisce Varoli.

Oltre a questi settori l’attività si è sviluppata nell’ambito formativo, con l’Accademia Nutrire con Cura, che organizza e promuove corsi e seminari continui rivolti a tutti gli operatori del settore per implementare le competenze e sviluppare un dialogo sempre più stretto tra tutte le figure che concorrono alla cura dei pazienti e al percorso alimentare.

Ed è proprio con questo approccio integrato, che guarda alla sicurezza degli alimenti e al valore sociale del cibo, al prodotto e alla sua distribuzione, che il marchio si è affermato come leader del settore, conquistando il 95% del mercato e rifornendo più di 2000 strutture sul territorio nazionale. Guardando al futuro Varoli dice: “Vogliamo espanderci in Europa e abbiamo aperto nuove sedi in Francia e Spagna. In più ci stiamo muovendo per sviluppare nuovi macchinari specifici per questo settore. Le opportunità di crescita sono ancora tante e la complessità continuerà ad aumentare perché oltre a sviluppare sempre di più l’innovazione dei prodotti incrementando al massimo la varietà e la tipicità dei menù, vogliamo potenziare l’offerta di soluzioni complete e integrate dal punto di vista dei servizi nutrizionali”.