I giovani snobbano il lavoro in fabbrica
I giovani non vogliono lavorare in fabbrica. Luogo comune, impressione o realtà? Spesso i dati smentiscono le percezioni, ma non è questo il caso. Se vi fosse mai capitato di dire o pensare che le nuove generazioni non trovino allettante il lavoro manuale senza averne la certezza, il Monitor sul lavoro (Mol) condotto da Community Research&Analysis per Federmeccanica nel luglio 2022 ha confermato la vostra deduzione. Uno dei grandi problemi dell’industria italiana, in particolare del Manifatturiero, è la mancanza di personale: la difficoltà nel trovare personale da parte di molte imprese è stata analizzata e studiata sotto molti punti di vista, è stata data la colpa alla scuola che non forma, al Reddito di cittadinanza che ruba forza lavoro al mercato e ai datori di lavoro che non offrono le giuste condizione, eppure raramente si parla dell’attrattività delle professioni. Lo studio, condotto da Community, espone dati molto chiari rispetto alla questione che, inevitabilmente, produce sensibili effetti sulle ambizioni lavorative delle persone e, di conseguenza, sulle loro scelte professionali.
Secondo il campione intervistato (1.200 persone), le posizioni più ambite sono quelle di direzione e quelle che prevedono ruoli manageriali. Il prestigio delle mansioni di responsabilità decisionale e il loro compenso solitamente più alto rappresentano due fattori di interesse per i giovani (under 34) e meno giovani (over 65) che mettono i ruoli apicali al primo posto nella classifica delle professioni più desiderate. Sul secondo gradino del podio c’è l’attività imprenditoriale che, a differenza del lavoro di manager, include il rischio monetario legato agli investimenti. E il lavoro in fabbrica? È il fanalino di coda della classifica, appena prima dei commessi: gli operai sono le figure professionali che riscuotono basso successo sia per la fascia d’età più giovane (19,2 punti), sia per quella più matura (22,8 punti).
La fabbrica e le sue narrazioni anacronistiche
Come è noto, le nuove generazioni sono cresciute con i miti di YouTube e degli influencer: sarebbe ingenuo pensare che queste figure non rappresentino dei role model per i giovani. E infatti, a metà classifica, con 47 punti assegnati dagli under 34 intervistati, ci sono influencer e blogger. La questione da affrontare sta nella narrazione dialogica legata a queste professioni: chi ha fatto successo sul web comunica, volontariamente o meno, il messaggio secondo cui si possono ottenere ottimi risultati lavorando da casa davanti a un Pc. Questa immagine si scontra con quella del lavoro in fabbrica, ritenuto fisicamente e mentalmente faticoso dal comune sentire. Il problema narrativo è segnalato anche da Daniele Marini, Professore Associato dell’Università degli Studi di Padova e firmatario della ricerca: “C’è qualcosa di nuovo, oggi, nel lavoro manuale che, però, non sa d’antico; è un problema definitorio. Continuare a descrivere i lavori (operaio, impiegato) odierni con le categorie novecentesche genera un effetto di ‘strabismo sociale’”. Secondo lo studioso, infatti, i giovani non hanno coscienza di che cosa significhi realmente fare l’operaio in un’azienda metalmeccanica digitalizzata e improntata sulle tecnologie 4.0. L’impressione è che i giovani immaginino la fabbrica ancora come una catena di montaggio ‘fordiana’, cioè un luogo sporco e rumoroso dove si svolge un mestiere sottopagato e sfruttato, come accadeva agli albori della catena di montaggio. Nel 2023, queste immagini sono obsolete e lontane dalla realtà: secondo un recente studio dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), il 70% delle Piccole e medie imprese (PMI) italiane ha raggiunto un livello di digitalizzazione di base; è un risultato ancora inferiore alla media europea ma comunque in crescita, soprattutto dopo l’epoca pandemica. Anche le condizioni di lavoro in fabbrica sono cambiate nel tempo e, oggi, chi possiede competenze tecniche e specifiche può presentarsi sul mercato del lavoro da una posizione di forza, anche a fronte della grande richiesta di manodopera da parte delle aziende: secondo il rapporto annuale 2022 Excelsior-Unioncamere, infatti, i settori del commercio e riparazioni di veicoli, le Industrie metallurgiche, quelle del legno e del mobile, le Costruzioni, i servizi informatici e delle Telecomunicazioni riscontrano importanti difficoltà nel trovare personale specializzato. Per sopperire a questo mismatch tra domanda e offerta sarà necessario ripensare le narrazioni legate alla fabbrica e al lavoro al suo interno, tentando di renderle più vicine alla realtà.Laureato in Comunicazione e Società presso l’Università degli Studi di Milano, Alessandro Gastaldi ha iniziato il suo percorso all’interno della stampa quasi per caso, già durante gli anni in facoltà. Dopo una prima esperienza nel mondo della cronaca locale, è entrato in ESTE dove si occupa di impresa, tecnologia e Risorse Umane, applicando una lettura sociologica ai temi e tentando, invano, di evitare quella politica. Dedica il suo tempo libero allo sport, alla musica e alla montagna.
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