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Industria 5.0, la transizione a metà dell’Italia

Atteso da mesi, il Piano Transizione 5.0 è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 26 febbraio 2024, una data importante per le imprese che hanno sospeso gli investimenti in vista della sua pubblicazione. La direzione del piano, però, non sembra andare nella strada promessa, perché la concretizzazione dell’Industria 5.0 sembra ancora lontana. E chi conosce veramente la questione – tra cui Considi, società di consulenza che per prima ha parlato di 5.0 in Italia – sa che i decreti attuativi del piano (attesi nei prossimi mesi) sono destinati a coprire una parte del progetto di transizione digitale ed ecologica, cioè quella della sostenibilità ambientale. Ma non poteva essere altrimenti, perché gran parte dei fondi dell’Industria 5.0 (6,3 miliardi di euro) provengono dal programma RepowerEu, la missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), che mira proprio alla sostenibilità energetica.

Ma proprio come sanno gli esperti della tematica, l’Industria 5.0 prevede certamente l’utilizzo della tecnologia focalizzato sulla sostenibilità, ma punta, soprattutto, sulla valorizzazione degli esseri umani all’interno degli ambienti di produzione. Il nuovo modello industriale, infatti, è incentrato sulle persone, perché i processi si devono adattare alle esigenze dei lavoratori; inoltre il nuovo paradigma è resiliente, perché rafforza la solidità e flessibilità per fronteggiare periodi di crisi, ed è anche sostenibile, perché si propone di ridurre l’impatto ambientale.

Queste caratteristiche, dunque, trovano un riscontro parziale nelle novità del piano 5.0. “Il paradigma 5.0, così come l’abbiamo studiato dalla Commissione europea, ha contenuti e caratteristiche molto più ampie rispetto alle linee guida finanziate dal piano italiano. Sappiamo benissimo che la Transizione 5.0 è in gran parte sostenuta con fonti del Pnrr, e in particolare da RepowerEu, quindi capiamo che non è scarsa lungimiranza del Governo, ma riguarda i limiti dei fondi”, commenta Gianni Dal Pozzo, Amministratore Delegato di Considi.

Le direttive mirano solo alla sostenibilità energetica

Alla luce di tutto ciò, è chiaro che il legame tra la Transizione 5.0 e il Pnrr ha come conseguenza un orientamento preciso degli strumenti finanziari messi a disposizione delle aziende. Infatti, le agevolazioni, proposte sotto forma di credito d’imposta e per investimenti innovativi di massimo 50 milioni di euro, sono concesse nell’ottica della riduzione di almeno il 3% dei consumi energetici totali e del 5% dei consumi del processo produttivo coinvolto. Inoltre, il credito di imposta è variabile a seconda dello scaglione energetico: per esempio nella terza classe di efficienza energetica – quella che prospetta maggiori risultati di sostenibilità ambientale – arriva fino al 45% per investimenti fino a 2,5 milioni di euro.

Le imprese che effettuano investimenti in beni strumentali efficienti possono richiedere l’agevolazione per investire nell’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili e nella formazione del personale. È questo uno dei punti del piano 5.0 in cui si riconoscono maggiormente le linee guida della Commissione europea: “È ovviamente un peccato non aver colto le direttive in modo più ampio, perché si sarebbero potuti utilizzare i fondi per altre tematiche, a partire della formazione sulla persona, che è molto ristretta in questo piano”, aggiunge Dal Pozzo.

Al di là del maggiore orientamento del piano 5.0 verso la sostenibilità ambientale, c’è un aspetto positivo nell’iniziativa del Governo, come spiega l’Amministratore Delegato di Considi: l’accesso ai contributi prevede che il progetto sia certificato ex ante da un valutatore indipendente che confermi il rispetto dei criteri di ammissibilità relativi alla riduzione del consumo totale di energia e, successivamente, ex post per confermare l’effettiva realizzazione in conformità alle disposizioni precedenti. “Questa modalità mette al riparo le aziende rispetto alle eleggibilità del finanziamento, in modo tale che l’investimento non possa essere contestato successivamente”, conclude Dal Pozzo. Quello che si prospetta nel 2024 e il 2025 è quindi sì un ulteriore passo avanti verso l’Industria 5.0, ma non ancora una vera transizione 5.0 per come è stata teorizzata. Per mettere davvero al centro la persona bisogna ancora aspettare.