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Integrazione e pianificazione per il futuro della Supply chain

Le aziende sono da sempre chiamate ad affrontare le complessità, ma oggi le cose si sono complicate ancor di più che nel passato: per esempio ce ne siamo resi conto in maniera drammatica con il covid, poi con la guerra in Ucraina che ha avuto conseguenze significative sulla catena distributiva. Tra queste ci sono i ‘colli di bottiglia’ in termini di capacità produttiva, che hanno allungato i tempi di consegna in alcuni settori, come l’Automotive, e hanno obbligato le aziende a cambiare la logica di produzione: dal just in time si è passati al just in case, cioè prevedendo di rifornire o stoccare materia prima e prodotti finiti in anticipo, disponendo di scorte sufficienti da conservare nei magazzini dell’azienda, evitando possibili rotture di stock nel caso si producessero interruzioni nella Supply chain.

Questo cambiamento di strategia richiede alle imprese agilità e flessibilità, adattabilità, capacità di essere reattive e rispondere tempestivamente al mercato. Come fare? Secondo Walter Coletta, Professore di Supply Chain Design presso Liuc – Università Cattaneo, è necessario ragionare in termini di catena di fornitura estesa (end to end), avendo visibilità su tutta la filiera, partendo dalla funzione acquisiti, passando per le vendite e guardando a tutti gli attori coinvolti. “Le aziende dovrebbero collaborare tra loro con clienti e fornitori, affinché sia possibile tener sotto controllo l’intera filiera, raccogliere dati, esaminarli e avere soluzioni di tracking a supporto, rispondendo così alla necessità di sapere sempre cosa succede”.

Come si fa a essere agili? Per prima cosa, bisogna essere connessi sia internamente sia verso l’esterno, così da essere in grado di gestire la virtualità e di implementare logiche digitali. L’integrazione consente, infatti, di gestire più facilmente la variabilità. Inoltre, serve essere resilienti, cioè in grado di continuare a performare anche in caso di variazioni improvvise o di eventi inaspettati: qui entra in gioco il Supply chain risk management, che ha il compito di pianificare strategie di prevenzione e meetigation plan per assicurare la Business continuity. La figura del Supply chain manager diventa centrale, come dimostra il fatto che tutte le principali business school stanno attivando corsi specifici per formare questa figura professionale e approfondire questi temi, e c’è molta richiesta come conferma il docente.

Ma quali sono le competenze che dovrebbero caratterizzare un Supply chain manager? Secondo Coletta, dovrebbe avere spiccate capacità di ascolto e comunicazione, essere pronto al cambiamento, non avere necessariamente una preparazione tecnica da specialista, ma essere in grado di comprendere gli eventi ad ampio raggio, avere esperienze pregresse diversificate che possano integrarsi per andare a costruire una nuova professionalità.

Il ruolo strategico del Supply chain manager

Se fino al recente passato le aziende compravano gas a bassissimo prezzo e acquistavano materie prime in qualunque parte del mondo senza particolari problemi, la guerra ha decretato la fine del concetto di globalizzazione così come lo intendevamo e questo ha causato un cambio di scenario e la necessità di ripensare le catene di fornitura. “Abbiamo passato mesi a parlare di nuova normalità ma, nonostante questo, si tende ancora a pensare che le cose possano tornare come prima. Le imprese italiane devono affrontare il tema dell’antifragilità ed essere pronte a reagire a fattori che, se pur imprevisti, non devono essere imprevedibili. La Logistica ha reagito bene, questo ci insegna come non esistono più momenti di crescita lineare per le aziende. Gli eventi che sembrano straordinari sono ormai nell’ordinarietà. Per questo, a livello aziendale, bisogna prepararsi per tempo, prevedendo e anticipando. Implementare una strategia di Risk management significa preparare tutta la filiera ad affrontare eventi che potrebbero verificarsi”, commenta Alberto Cirelli, Direttore Commerciale e Marketing di Gep Informatica e Presidente di Confapi Emilia, associazione delle Piccole e medie imprese (PMI) del territorio. Ma come fare? Per esempio, facendo in modo di non avere un solo fornitore e una catena logistica lineare; la catena di fornitura, secondo il manager, dovrebbe essere ‘a stella’: si immagina che l’azienda è al centro, collegata a tanti raggi più corti, che rappresentano i fornitori, e può interagire con più ‘punte’ diverse e in più direzioni, in modo che nell’eventualità di crisi di una catena possano intervenire le altre. Diversificare i punti di approvvigionamento e accorciare le filiere è quindi la strategia da adottare. Le imprese italiane devono prepararsi, mettersi nelle condizioni di poter contare su più fornitori differenti, modificando le proprie regole di ingaggio.

Disegnare le nuove forme della catena del valore e far sì che l’azienda non sia impreparata è tra i compiti del Supply chain manager: “Il suo ruolo è fondamentale, a maggior ragione per un’azienda produttiva. Fa parte della strategia dell’azienda, collabora all’interno del board, deve essere in grado di individuare i fornitori e creare alternative, ragionando non solo secondo logiche legate al prezzo ma con l’obiettivo di garantire sempre il prodotto finale, o pagare meno dazio”, commenta Cirelli.

L’omnincanalità e logiche distributive rivoluzionano la Logistica

Tutti gli eventi recenti hanno avuto una conseguenza ‘positiva’ secondo Filippo Indovina, GC Business Development Manager di Incas, azienda italiana del gruppo SSI Schaefer, specializzata in soluzioni software per la Logistica: “È stata ristabilita la centralità della Supply chain all’interno delle aziende. Il manager che ne è responsabile, siede adesso ‘alla destra’ del Direttore Generale ed è coinvolto in tutti i processi aziendali. La stessa guerra in Ucraina sta dimostrando che senza una ‘buona’ Logistica non è possibile ottenere risultati significativi”. Detto questo, le grandi preoccupazioni delle aziende riguardano la disponibilità dei componenti a fronte di tempi e costi incerti di approvvigionamento. “Per minimizzare l’impatto di tali situazioni abbiamo riscontrato l’intenzione dei nostri clienti di ampliare i magazzini per garantire i livelli di servizio e cautelarsi da rischi di stock out (la mancanza dei prodotti). A fianco di queste strategie logistiche verifichiamo la tendenza a riportare in Italia attività e lavorazioni attualmente delocalizzate, ma ritenute critiche per tempi di approvvigionamento e qualità”.

Per reagire alla situazione, le aziende puntano all’automazione dei processi logistici, considerati strategici per mantenere o ottenere vantaggi competitivi sulla concorrenza. “In questa ottica il trend è quello di ridurre il numero dei magazzini periferici a favore di hub centralizzati a elevata efficienza e a maggior grado di automazione”, spiega il manager.

Importante è anche la gestione dell’omnicanalità: la rete di Supply chain deve ormai saper supportare tutti i canali di vendita in modo completo ed efficiente. La crescita dell’ecommerce rappresenta, per quasi tutte le aziende, uno sbocco commerciale sempre più importante che non si può più delegare a fornitori esterni come ‘business residuale’. In questa direzione deve essere rivalutata la Supply chain verso la rete distributiva che si traduce in punti di consegna (locker, click and collect, home delivery) e deve gestire ordini di dimensioni e caratteristiche completamente nuove. “In questa ottica cominciano a diffondersi anche in Italia i cosiddetti Micro fullfillment center (MFC), cioè i magazzini compatti e di ridotte dimensioni, posizionati a ridosso dei centri abitativi, che permettono consegne all’ultimo miglio (last mile delivery) in tempi ridottissimi. Questi centri di distribuzione sono spesso caratterizzati da un elevato livello di automazione e in alcuni casi possono anche essere interfacciati con la clientela finale del punto vendita all’interno del qual sono spesso realizzati”, spiega Indovina.

La Supply chain del futuro sarà quindi caratterizzata da una importanza crescente dell’automazione e della robotica: le stesse consegne ai clienti finali saranno effettuate da droni o da bot; la guida autonoma di mezzi di trasporto merci sarà una realtà; i magazzini saranno altamente robotizzati e automatizzati; i tempi di approvvigionamento saranno sempre più brevi (same day delivery) e le reti di distribuzione capillari porranno particolare riguardo all’ultimo miglio; la Logistica interna ed esterna dovrà essere sostenibile e efficiente anche nella gestione dei resi (reverse logistic) o degli imballi riutilizzabili.

L’articolo integrale è pubblicato sul numero di Marzo 2023 di Sistemi&Impresa.
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