La Marzocco, gli artigiani della fabbrica digitale

Nel cuore della Toscana, tra i classici colli che hanno reso famosa questa regione in tutto il mondo, sorge lo stabilimento de La Marzocco. Siamo a Scarperia, a una quarantina di chilometri da Firenze; a poca distanza c’è uno dei santuari del motociclismo: è il circuito del Mugello che durante il weekend in cui si corre il Gran Premio vede la zona circostante presa d’assalto dagli appassionati delle due ruote. Avvicinandosi alla nuova sede dell’azienda a Scarperia, a circa 30 minuti di distanza da Pian di San Bartolo a Fiesole che fino al 2009 ha ospitato la vecchia fabbrica de La Marzocco e che è ora destinata a diventare un museo per raccontare la storia del brand, si può già sentire nell’aria l’aroma di caffè che fuoriesce dallo stabilimento: è da 90 anni che La Marzocco progetta e produce macchine da caffè di alta qualità, concepite e disegnate con ingegno e realizzate con estrema attenzione per il dettaglio.

“Un buon caffè è il risultato di combinazioni di ingredienti, tra cui la macchina per realizzarlo che incide per il 50%”, è solito dire Piero Bambi, figlio di Giuseppe e nipote di Bruno che fondarono l’azienda nel 1927 e che nel 1939 brevettarono la prima macchina da caffè a caldaia orizzontale, oggi uno standard nel settore. Attualmente il discendente della famiglia è ancora nell’organizzazione e rappresenta un “punto di riferimento” per gli oltre 200 addetti in Italia che concorrono a realizzare i circa 62 milioni di fatturato. A capo dell’azienda, che nel frattempo è stata in parte ceduta agli americani (il proprietario Kent Bakke è uno degli azionisti, nonché attuale CEO de La Marzocco International che negli Anni 70 era un semplice ristoratore di Seattle arrivato in Italia per cercare fornitori per il suo locale) c’è Guido Bernardinelli, Amministratore Delegato, di base a Milano, dove ha sede l’ufficio commerciale, mentre il cuore della produzione è nel Mugello.

È grazie a Bambi che in La Marzocco si respira un’aria di tradizione: in uno scenario di iper-competizione e di digitalizzazione, a Scarperia si realizzano ancora ‘a mano’ i prodotti. Tanto che non è inusuale l’utilizzo dell’etichetta di ‘artigianato digitale’ per definire il processo di produzione dell’impresa, dove manca una linea di produzione automatizzata: al posto dei robot, ci sono persone che, con precisione (e passione), realizzano le diverse macchine da caffè che finiscono in giro per il mondo. “Fino agli Anni 80 ci siamo rivolti al mercato interno, poi ci siamo aperti all’estero e dal 2000 siamo stati protagonisti di una graduale crescita”, spiega Roberto Bianchi, Chief Operating Officer de La Marzocco, tra i pochissimi non toscani all’interno di un’organizzazione che impiega per la stragrande maggioranza persone del territorio.

L’azienda infatti distribuisce le sue macchine in oltre 120 Paesi del mondo e ha sedi a Auckland, Barcellona, Londra, Melbourne, Milano, Seattle, Seoul, Shanghai, Stoccarda e Sydney: “L’estero vale il 98% del fatturato”, specifica il manager. “Negli ultimi anni c’è stato un forte cambiamento nel nostro settore”, prosegue il Direttore di Stabilimento, “perché prima il caffè era torrefatto soprattutto in Italia e oggi stiamo assistendo a un’esplosione di torrefattori che acquistano le origini e poi le miscelano anche all’estero”. Inoltre, Bianchi spiega che nonostante la grande tradizione legata al caffè in Italia, “negli altri Paesi c’è una forte cultura sul tema, tanto che si può parlare di apprezzamento della qualità del caffè come avviene per il vino”. Ed è per soddisfare questa richiesta che La Marzocco produce le macchine a mano e su ordinazione di ciascun cliente: “Il personale altamente specializzato supervisiona ogni fase di produzione delle singole macchine”, continua il Plant Director prima di guidarci nella visita dello stabilimento.

L’articolo completo è stato pubblicato sul numero di Maggio 2017 di Sistemi&Impresa.
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