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Il CIO a guida della trasformazione digitale

| Elisabetta de Luca |

La trasformazione digitale in atto, soprattutto in ambito Manifatturiero, rappresenta un cambiamento importante al modello di business delle aziende e richiede di lavorare su tutti gli aspetti fondanti dell’organizzazione, dagli strumenti alla cultura aziendale.

Sergio Parisi

A ricordarlo è Sergio Parisi, Marketing Manager, Marketing & Sales Excellence di Canon Italia che, in questo scenario, definisce il nuovo ruolo del Chief Information Officer il quale “acquisisce una posizione chiave per il business delle imprese”: “Se lo sviluppo della strategia complessiva di Impresa 4.0 e il riassetto organizzativo connesso a essa sono temi che sicuramente risiedono nelle agende dei CIO che sono oggi chiamati a essere, non solo abilitatori dei processi interni attraverso l’utilizzo delle tecnologie, ma soprattutto ‘portatori’ di cultura digitale e di innovazione in azienda”.

I CIO, del resto, come ricorda Parisi, sono gli unici in azienda ad avere le competenze tecniche per trovare il giusto equilibrio tra le esigenze di trasformazione aziendale e vincoli delle attuali tecnologie, ma sono spesso tacciati di utilizzare un proprio linguaggio, difficile da comprendere delle altre figure aziendali: “Per guidare e supportare le agende digitali delle loro organizzazioni, i CIO devono dotarsi anche di soft skill, in modo da costruire team interfunzionali, mantenere le persone connesse e coinvolte, creare cultura di innovazione, tolleranza al rischio e miglioramento continuo. Infatti, nell’attuale scenario competitivo, in cui i bisogni dei consumatori sono facilmente accessibili a tutti i player del mercato, e i flussi informativi pervadono l’intera organizzazione, i confini del mondo dell’Information Technology vanno oltre quelli tradizionalmente intesi. Lo stesso dato o informazione contenuta in un documento o in un’immagine, deve essere accessibile nei processi produttivi come in quelli di supporto rapidamente e in sicurezza. Non solo, la tecnologia oggi a disposizione permette di rivedere l’intera value chain integrando i partner esterni, la Supply chain fino ai consumatori finali”.

Il CIO come facilitatore

È questo, dunque, il ruolo che deve svolgere il CIO di oggi: facilitare la formazione e lo sviluppo dei team interfunzionali all’interno dell’azienda. Azione che richiede un’evoluzione della sua figura in chiave più strategica e di business partendo proprio dai linguaggi e dai bisogni delle diverse funzioni aziendali.

Fino a qualche anno fa a essere da ostacolo alla digitalizzazione era il costo delle tecnologie, oggi decisamente diminuito: “Le tecnologie non sono più l’ostacolo da superare, neanche il loro costo. Infatti negli ultimi 10 anni l’investimento in tecnologie digitali è diminuito di più del 20%, arrivando fino al 50% considerando alcuni componenti e sensori Internet of Things in produzione”.

Allora cosa ostacola la digitalizzazione? Secondo Parisi è importante agire sulla cultura aziendale: “Gli ostacoli più grandi si materializzano nell’esistenza di retaggi culturali e modelli organizzativi tradizionali, a volte ingessati, che ostruiscono i processi di cambiamento e l’affermazione all’interno dei board dei CIO. In questo scenario, infatti, nelle organizzazioni più sensibili al richiamo della trasformazione digitale, la figura del CIO sta acquisendo un ruolo sempre più importante. Il presupposto per l’evoluzione di questo profilo passa soprattutto dall’acquisizione e sviluppo di quelle competenze soft quali leadership, gestione delle risorse, visione strategica e capacità di influenzare gli stakeholder”.

La sfida però non riguarda solo il CIO, ma l’intera azienda: “È proprio questo il nodo su cui si basa il passaggio da Industria 4.0 a Impresa 4.0 che amplia il beneficio degli Iperammortamenti alle spese relative ai costi del personale che hanno sostenuto corsi di formazione, con focus su almeno una tecnologia dell’Industria 4.0”, conclude Parisi.

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