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L’avvento della code economy

| Chiara Lupi |

Il 2019 si è aperto con un carico di interrogativi per la nostra industria. È ricominciato un ciclo negativo e bisogna capire cosa avverrà quando la perdita di slancio dell’economia cinese si ripercuoterà sulle imprese che hanno consolidato la loro presenza in quel mercato.

Ad analizzare la situazione è Giuseppe Berta, uno dei più autorevoli storici dell’industria, che ha tracciato uno scenario per la nostra rivista. Se il presente è incerto, meglio puntare sul futuro, un’opportunità per i coraggiosi, ci ricorda Victor Hugo.

Come fare? Flaviano Celaschi e Luana Franchini sottolineano come il futuro sia un fatto culturale, che non va solo pensato, ma progettato e costruito. Grande assente in queste riflessioni è la nostra politica.

La vita media delle imprese e dei prodotti si accorcia, mentre la vita umana si allunga, il piccolo non è più così bello: le dinamiche di innovazione di prodotto e processo si innescano all’interno di tessuti sociali, di ecosistemi virtuosi dove agisce un essere umano che ha modificato la sua interazione con l’ambiente.

L’azione umana, spiegano gli autori, è il fattore che principalmente influenza e modifica l’ambiente, inoltre sta cambiando la nostra antropologia, il nostro modo di essere nel mondo e di pensarlo.

Per questo avremmo bisogno di un Governo in grado di guardare a come sarà il Paese nei prossimi 30-50 anni, ribadisce anche Marco Bentivogli.

Il software, scrive Cosimo Accoto, è al comando e serve un pensiero filosofico-prospettico capace di accompagnare una nuova fase di sviluppo socio-economico. Stiamo entrando nella code economy’, spiega il ricercatore del MIT, e il vero cambio di paradigma filosofico non è dal materiale all’immateriale, ma dal materiale al programmabile, al codice software.

Sarà il dato la nuova fonte di esperienza: quello che ci interfaccia con il mondo è il dato che diventa, alimentando algoritmi di Intelligenza Artificiale, il modo in cui conosciamo e agiamo nella vita personale e professionale.

Per questo, scrive sempre Accoto, le fondamenta manageriali su cui abbiamo costruito le strategie competitive del passato ora stanno inesorabilmente vacillando.

La sfida è culturale e noi, con il nostro sistema di istruzione che Bentivogli definisce fordista, non ci stiamo attrezzando, alimentando un disallineamento tecnico tra domanda e offerta di lavoro.

Abbiamo il dovere di capire dove stiamo andando per progettare il modello economico, politico, sociale e industriale ‘sostenibile’, dove il sistema manifatturiero viene progettato in ottica ‘human centered’, spiegano gli autori dell’Università di Bergamo, dove le tecnologie digitali potenziano le capacità uniche e insostituibili dell’uomo.

Certo, è necessario lavorare ai modelli organizzativi, perché se l’innovazione tecnologica si manifesta rapidamente, i cambiamenti sono spesso frutto di contrattazioni complesse.

Oggi, spiega Marco Taisch in copertina, serve concentrarsi su più tecnologie per generare un effetto esponenziale dei benefici e servono luoghi fisici dove sperimentarle. Il Competence Center MADE nasce per fornire una chiave interpretativa e applicativa. E per contribuire allo sviluppo della nostra politica industriale.

L’articolo è l’editoriale del numero di Gennaio-Febbraio 2019 di Sistemi&Impresa.
Per informazioni sull’acquisto di copie e abbonamenti scrivi a daniela.bobbiese@este.it (tel. 02.91434400)